Un "tamagogi" per adulti e piccini, una plastica pulsante ha colonizzato con suadenza strisciante la nostra vita, divenendo un fenomeno sociale difficilmente controllabile

Il telefonino "pazzo"

L'autolimitazione responsabile in foro interno, rimedio praticabile all'abbrutimento umano da bulimia telefonica
3 marzo 2005

Disegno di un telefono cellulare

Sicuramente l’alternativa all’uso e abuso di tecnologia può consistere nel limitare la tecnologia nella sua continua e incontrollata espansione. Un primo freno è di tipo personale e consiste nel non utilizzare tecnologie inutili. Un secondo limite è rappresentato dall’uso comunitario della tecnologia. Il computer, la lavatrice, l’automobile, i libri, possono essere condivisi tra un certo numero di famiglie, facendo prevalere l’uso in multiproprietà, anziché il possesso esclusivo.

E’ necessario ed urgente, scrive Neil Postman, “resistere con amore al tecnopolio, al gigantesco dinosauro che ci sta eliminando ed arrestando il processo dell’evoluzione umana verso il più essere che pareva il fine e il senso della storia”.

Senza un coraggioso sforzo di resistenza, affideremo il senso della storia, il senso e i ritmi della vita, anziché alla filosofia della nonviolenza, della semplicità e dell’arcolaio, tanto caro a Gandhi, alla violenza della tecnologia, il cui tipico esempio di eccesso idolatrico è rappresentato dal telefono cellulare.

Alla lunga catena di sciagure cagionate da mano d'uomo si è aggiunta un'altra maglia, un'epidemia perniciosa e subdola: il telefonino pazzo.
Quack, barbiere di Siviglia, toccata e fuga, flik-flok; invadenti ed inopportuni, in beffa al galateo, in ogni luogo, ora e circostanza, suonano polifonici i cappotti, duettano le borse, i pantaloni vibrano a tempo di reggae, quali fondi di magazzino di creatività ed originalità perduta.
Il telefonino, ultima divinità tecnologica, ha colonizzato con suadenza strisciante, e in tempi brevissimi, le esistenze di tutti noi, anche di chi non crede sia necessario possederne uno. In Italia, con i suoi 35 milioni di cellulari, questa colonizzazione avanza con ritmi superiori a qualsiasi nazione del mondo.

Un tempo ci si pensava a distanza e il pensarsi stuzzicava dolcemente la fantasia. Si rincorrevano congetture e supposizioni sognatrici, ricostruzioni immaginifiche e paure irrazionali sull'oggetto dei propri pensieri. Oggi, invece, ogni impulso cerebrale deve essere avvalorato, rinforzato, comunicato con onde elettromagnetiche; così le vite di milioni di italiani fluiscono nell'etere. Tradimenti psicologici, litigi, amorazzi nascono e svaniscono sulle onde dell'effimero e con essi si defila ogni residua capacità di immaginazione.
“Squillami che ti penso. Ogni mezz'ora uno squillo così tu saprai che sei nei miei pensieri”. Sono i micidiali squilli di cellulare, una mania ritualistica che, nella versione più sofisticata, prende il nome di messaggio. Cosicché, in una stanza con cinque persone armate di "plastiche pulsanti", deposte a presidio di tavoli e credenze, vi sarà in media uno squillo ogni cinque minuti. Ora arrivano messaggi idioti, ora si comunica via etere stando seduti allo stesso tavolo, un attimo dopo ci si abbandona a tic maniacali, a bisbigli cellulari che interrompono bruscamente una conversazione importante. Un siffatto "tamagogi" per adulti e piccini, un tale sistema di messa a terra delle nostre scariche nervose, genera una situazione di dipendenza, che deborda nella bulimia telefonica. E ciò si aggiunge ad una già conclamata tele-video-internet dipendenza. E' alle porte un allarmante scenario psico-neuro-bio patologico e multiproblematico. Ad aggravare una situazione divenuta allarmante, oggi si schiude il moderno vaso di Pandora degli UMTS: un'altra invenzione elettronica che mette il mondo di internet nel palmo di una mano. Ognuno è libero di chattare mentre cammina, strabuzzarsi gli occhi su un display luminoso, distruggersi i lineamenti addosso a un palo, o sfracellarsi in auto contro un paracarro.

Oggi, si fa un gran parlare d'inquinamento elettromagnetico da elettrodotti e da antenne per la trasmissione della radiotelefonia. I dati in nostro possesso sono preoccupanti. Leucemie, tumori cerebrali, alopecia, disturbi psicosomatici ed altro ancora: sono le più frequenti malattie generate, con ogni probabilità, dall'elettrosmog. Tra le incriminate spiccano le antenne per la telefonia cellulare. Il pericolo, però, non sta nell'antenna istallata su un condominio al centro di una città, ma nell'uso irrazionale e patologico che si fa del telefonino. Allora, l'autolimitazione libera e responsabile in foro interno del singolo utente è molto più efficace e risolutiva del problema che mille provvedimenti di legge in foro esterno che disciplinino, con parametri di rischio "politici" e non effettivi, un fenomeno sociale divenuto difficilmente controllabile.

Oltre ai gravi rischi per la salute non si trascuri il ben più pericoloso isolamento ed abbrutimento umano. L'uomo dipendente dal cellulare avrà un ulteriore oggetto - come se quelli che lo assediano non fossero già troppi - da frapporre tra sé e le persone con cui verrà in relazione. Il bisogno insoddisfatto di incontrare lo sguardo dell'altro, di intrattenere relazioni autentiche dovrà misurarsi con un nuovo antagonista, un moderno genio della lampada, pronto a materializzarsi al premere di un pulsante e regalarci "gocce di mistico niente". Come è vuota, avvilente e senza palpiti ideali una vita annegata nella cloaca televisiva, digitalizzata dai computer, asservita al display di un telefonino. Nonostante tutto, in dispregio d'ogni evidenza, nel futuro dell'homo tecnologicus non ci saranno cani robot per condurre gli allucinati padroni cibernetici, ma una profonda nostalgia per la rarefatta aria delle altezze.

Matteo Della Torre
sarvodaya@libero.it

www.uomoplanetario.org

Note: Note sull'autore: http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=sarvodaya
Note sulla Casa per la nonviolenza: http://db.peacelink.org/associaz/scheda.php?id=1155

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