Genova 2001: no alla real politik
Non possiamo dire di essere rimasti molto sorpresi dalle opinioni espresse da Alessandro Mantovani nel suo pezzo (manifesto, 12 giugno): Nessuna Commissione di indagine su Genova (e su Napoli, aggiungiamo noi).
Chi scrive ha sostituito la propria toga con una pettorina ed è sceso per strada dopo i fatti di Napoli e di Genova 2001 perché convinto che per un avvocato la difesa dei diritti fondamentali delle persone non passi solamente per le aule dei tribunali. Ora si vorrebbe convincere noi, e tutti quelli che in questi anni hanno lottato, che la migliore «altra giustizia possibile» per quei fatti dovrebbe scaturire dai sottoscala delle Procure e dalle botteghe di partito? Si vuole venire a raccontare a tutti, e anche a noi, che del G8 genovese «si sa quasi tutto»?
Del G8 genovese (e di Napoli) ben poco si conosce davvero e in verità c'è ben poco che la magistratura di Genova (discorso diverso per la magistratura partenopea) abbia potuto o voluto dire sugli aspetti organizzativi e decisionali che hanno condotto a una gestione dell'ordine pubblico totalmente sprezzante dei principi costituzionali e di ogni diritto. Questo, ovviamente, sempre che non vogliamo considerare verità assoluta il principio secondo il quale alle «forze dell'ordine» è consentito sparare per ammazzare i manifestanti anche a prescindere dalla ricorrenza della legittima difesa putativa, che pure in tanti decenni di storia patria in casi simili di omicidi di compagni non si è mai negata a nessuno.
Abbiamo percorso l'Italia e l'Europa tenendo dibattiti, organizzando convegni, raccogliendo materiale, testimonianze, fondi, solidarietà, firme perché Genova (e Napoli) non fosse dimenticata, e vi fosse finalmente un esame parlamentare di quanto avvenuto, non solo e non tanto perché venissero colmate le interessate lacune delle indagini, ma perché da lì partisse un
forte impulso per cambiare in senso democratico e civile il braccio armato del potere.
Con noi hanno condotto questa lunga battaglia non solo Supporto Legale, ma le centinaia e centinaia di migliaia di persone che, scendendo in piazza, hanno impedito che Genova fosse elevata a sistema, i coraggiosi denuncianti, coloro che hanno offerto la loro testimonianza, le loro foto, i loro filmati, il Comitato Piazza Carlo Giuliani, il Comitato Verità e Giustizia per Genova, le tante associazioni italiane e straniere, e tutti quelli che si sono fatti parte diligente per proporre come dovuto, con la necessaria e preannunciata urgenza, la Commissione di inchiesta. Una Commissione che deve e può portare non solo a conoscere a fondo e valutare i fatti e le responsabilità per Genova, ma anche a proporre rimedi perché tali fatti non si ripetano, come invece continua ad accadere (o pensiamo che la caccia all'uomo nell'Ospedale San Paolo di Milano o l'uccisione di Federico Aldovrandi siano solo cronaca locale aliena a Napoli-Genova 2001 ?).
Ora il manifesto ci viene a dire che no, cari compagni, abbiamo scherzato, non è il Parlamento il luogo per trattare queste quisquilie, la Commissione non serve a nulla, nuocerebbe a tutti, ecc.ecc. Ma quale idea di democrazia e di civiltà giuridica è questa, che porta a predicare che deve essere barattata ogni speranza e idea di giustizia e verità, con una sorta di «semi-impunità condizionata» , oltretutto improponibile e irreale? Come è possibile proporre ad un intero movimento di massa di darsi in ostaggio di una magistratura che potrebbe solo assolvere sé stessa, come ha fatto per le sue responsabilità per i fatti di Genova, in attesa di una amnistia generale che non verrà mai?
Vogliamo la Commissione parlamentare d'inchiesta istituita per legge e la vogliamo subito, senza aspettare un attimo di più. Subito, prima che venga affossata dal mercanteggiamento con la realpolitik della maggioranza e prima che il nostro ruolo di avvocati, quali garanti del
rispetto dei diritti delle persone di fronte allo Stato, finisca per non avere più senso, con la proclamata morte dello Stato di diritto. Perché è la salvaguardia di quest'ultimo che sta dietro la richiesta di costituzione della commissione, e che a quanto pare né il manifesto (o almeno Mantovani) né gran parte delle forze politiche vogliono.
Legal Team Italia(Avvocati del Genoa Legal Forum), Milano
Una censura bipartisan
Da cinque anni il Comitato Verità e Giustizia per Genova organizza e partecipa a convegni, per tenere alta l'attenzione, per sostenere e dar voce alle vittime della repressione, per informare sulle indagini e sui procedimenti penali in corso. Il nostro Comitato raccoglie fondi a sostegno delle spese legali per tutti i processi in corso a Genova e, la segreteria legale, può svolgere la propria attività grazie ai locali messi a disposizione dal nostro Comitato.
Tutto questo tra il più assordante silenzio di quasi tutti i media e della società civile: su Genova è in corso una censura bi-partisan. Per richiamare l'attenzione sui processi in corso abbiamo istituito un Osservatorio Internazionale col compito di vigilare sui processi e svolgere
così un ruolo di «verifica». La prescrizione incombe e non sappiamo se arriveremo in tempo alla conclusione del primo grado di giudizio, intanto i principali responsabili della mattanza alla Diaz e delle torture di Bolzaneto sono stati ripetutamente promossi. Da cinque anni chiediamo una commissione d'inchiesta sui fatti di Genova ed insieme a Piazza Carlo Giuliani e Arci, abbiamo raccolto e presentato in Parlamento (a giugno del 2005) le firme di diecimila cittadini italiani a sostegno di questa richiesta. Il nuovo parlamento può e deve fare la sua parte, come previsto dal programma dell'Unione, istituendo una commissione d'inchiesta. Abbiamo perso cinque anni e non possiamo aspettare oltre.
La Commissione parlamentare d'inchiesta, è una necessità democratica: la gravissima lesione costituzionale del 2001 può essere sanata solo attraverso una operazione di trasparenza che restituisca credibilità alle istituzioni. Non possiamo prevedere come la Commissione opererà ed a quali risultati approderà ma, possiamo e dobbiamo richiedere che venga istituita, al più
presto.
Enrica Bartesaghi,
presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova
Carissimi amici e compagni e avvocati, ci conosciamo da tanti anni, abbiamo fatto insieme questa e altre battaglie, mi dispiace molto per i toni aggressivi. Il mio scopo era aprire un dibattito sulla proposta di commissione parlamentare d'inchiesta anziché agitare semplicemente una parola d'ordine, come si fa troppo spesso. Enrica Bartesaghi del Comitato verità e giustizia, che la pensa come voi e non come me, sembra averlo capito e infatti esprime pacatamente la sua opinione.
La mia non cambia: credo che l'inchiesta a questo punto avrebbe senso solo alla condizione - politicamente difficile - di limitarla alle forze dell'ordine e agli apparati, anzi possibilmente a fatti specifici come l'omicidio di Carlo Giuliani e pochi altri. In caso contrario, con un mandato senza limiti, potrebbe «rivelarsi un boomerang», perdersi in mille rivoli: immagino già le ultime file di An che proporranno infinite audizioni dei loro amici «spioni» per alzare polveroni su infiltrazioni, inquinamenti del movimento o altro, cose in parte vere e in parte no che potranno solo portare voi e i vostri assistiti in qualche altra sede processuale «particolare» come Cosenza. Voi temete mercanteggiamenti con la realpolitik ma quella è precisamente la mia preoccupazione: non mi fido della maggioranza eletta il 10 aprile, dominata da forze che hanno sempre difeso i vertici della polizia e hanno scelto di ignorare le loro responsabilità, più che accertate, da Gianni De Gennaro in giù. Un'inchiesta seria dovrebbe chiarire che il centrosinistra e il centrodestra hanno sbagliato tutto, fin dal 17 marzo 2001 a Napoli, e non è certo a loro che si può chiedere; del G8 non sappiamo ormai moltissime cose anche se non tutto, lo confermo, e semmai dobbiamo fare di più per farlo sapere a tutti, ma un'inchiesta parlamentare non mi pare lo strumento adatto.
Trovo infine poco generoso, forse anche a causa del gioco delle parti processuali, il vostro giudizio sui magistrati della procura di Genova, che da soli hanno sfidato gli apparati sostituendosi alla politica, alle controinchieste del movimento e alla stampa nazionale allevata a «pane e Viminale». Senza quei pm, che pure talvolta abbiamo criticato, avremmo saputo ben poco. Ultimo punto: i lettori ne capiscono poco ma voi protestate anche per l'invito del manifesto a finanziare Supportolegale, il gruppo di attivisti che da cinque anni affianca quotidianamente la segreteria del Genoa legal forum. Intendo solo riconoscerne il ruolo insostituibile, non certo negare la legittimità di altri comitati e associazioni. Sono utilissimi, per esempio, gli osservatori di «Verità e giustizia», ma Supportolegale ha bisogno di aiuto per continuare ad esserci tutti i giorni, più di noi e più di voi.
Alessandro Mantovani
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