A Genova seviziatori d'ufficio
C'è qualcosa nel codice penale che sfugge la comprensione di chi non passa tutti i giorni in un'aula giudiziaria. Quel qualcosa ha indotto ieri mattina la stessa procura che chiese pene superiori ai dieci anni per i manifestanti «violenti» del G8 genovese, a proporre per i torturatori della caserma di Bolzaneto pene che arrivano a cinque anni solo in un caso, e non si spingono quasi mai oltre i tre anni e mezzo.
Codice alla mano, spiegano magistrati e avvocati di parte civile, quelle richieste sono pesantissime anche perché si chiede di non concedere a nessuno le attenuanti generiche. Visto che in Italia non esiste il reato di tortura, pure se i responsabili della caserma che accoglieva i detenuti fermati durante i cortei sono accusati di aver ferito gravemente, malmenato, umiliato, insultato i detenuti, il reato più grave di cui possano essere accusati è l'abuso d'ufficio (art. 323 pena massima 3 anni), solo in alcuni casi lesione personale (art. 582, 3 anni) o falso (art. 479, 6 anni). Insomma, nell'Italia del 2008 è abuso d'ufficio costringere le persone a stare in piedi per ore, prenderle a calci se chiedono di andare in bagno e anche costringerle ad urlare a braccio teso «viva il duce» all'arrivo e all'uscita dalla caserma e non è colpa dei pm Patrizia Petruziello e Ranieri Miniati se la maggior parte di questi reati sarà prescritta entro il 2009, grazie alla ex Cirielli, ed è gia oggi cancellata dall'indulto (per i «primi» tre anni di reclusione).
Dopo un processo che ha visto sfilare centinaia di «ex detenuti» dai racconti devastanti e grazie ad un impianto accusatorio dettagliatissimo, fatto di 120 capi di imputazione, l'unico che rischia di perdere il beneficio della prescrizione è Massimo Pigozzi, l'agente di polizia che spezzò in due la mano di un manifestante appena arrivato nella caserma di Bolzaneto. Per lui, la procura ha chiesto 3 anni e 11 mesi di reclusione, oltre a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici ed è l'unico ad avere, tra le aggravanti, l'accusa di aver agito con crudeltà verso la vittima.
La condanna piu grave, 5 anni 8 mesi e 5 giorni, è stata chiesta per Antonio Biagio Gugliotta l'ispettore della polizia penitenziaria responsabile dell'intero «sito penitenziario». In aula, come durante le indagini, testimoni e vittime hanno raccontato con chiarezza che fu lui a decidere che la maggior parte dei detenuti dovessero attendere in piedi, faccia al muro con gambe divaricate e braccia alzate (la cosiddetta «posizione del cigno») per tutto il tempo della detenzione, fosse anche un giorno intero. Alfonso Sabella coordinatore di tutte le attività dell'amministrazione penitenziaria durante il G8 (archiviato alla fine delle indagini preliminari) raccontò ai pm: «Gugliotta mi fece capire che la polizia di stato teneva gli arrestati in quel modo e dunque poteva essere visto come una sorta di delegittimazione operare una scelta differente».
L'ex numero due della Digos genovese, Alessandro Perugini, vicequestore più alto dirigente presente a Bolzaneto, rischia una condanna a 3 anni e 6 mesi. L'uomo con la polo gialla immortalato mentre prendeva a calci un manifestante in via Tolemaide, gestì la caserma durante la serata di sabato 21, mentre nella struttura arrivavano i manifestanti fermati durante l'assalto alla scuola Diaz. Stessa richiesta per il commissario Anna Poggi, vice di Canterini all'interno della struttura.
E il medico che suturò senza anestesia la mano strappata del giovane Azzolina, che costringeva le ragazze a girarsi e rigirarsi nude davanti a lui, che assisteva ai pestaggi in infermeria, Giacomo Toccafondi rischia di essere condannato a 3 anni 6 mesi e 25 giorni, ma intanto continua ad essere responsabile del servizio sanitario nel carcere femminile di Genova e perché l'ordine dei medici apra un procedimento nei suoi confronti bisognerà attendere l'esito della cassazione.
Tutti gli altri, poliziotti, secondini e carabinieri che prendevano a calci, strappavano piercing dalle orecchie, insultavano, costringevano a salutare il duce, sono accusati di abuso di autorità contro i detenuti e per l'eventuale condanna a 9 mesi o un anno i pm hanno già chiesto la sospensione condizionale della pena.
Se il tribunale di Genova decidera per la condanna, le vittime potranno aspirare ad un cospicuo risarcimento civile. In una società più attenta a sorvegliare i propri servizi di sicurezza, agenti e medici pagherebbero con l'onta di condanne tanto infami una pena più dura di quella carceraria. «In quelle ore - ha detto in aula la pm Petruziello - si è verificata una grave compromissione dei diritti fondamentali della persona e i vertici della struttura hanno consentito che ciò accadesse. La tortura è stata molto vicina a Bolzaneto».
Sociale.network