Centinaia di telefonate attorno alla Diaz Così la polizia voleva sistemare il processo
Le intercettazioni dell'inchiesta dalla falsa testimonianza ai complimenti dei vertici. Fino alla rabbia per la nuova inchiesta: «Manganelli stamattina mi ha detto che dobbiamo dargli una bella botta a 'sto magistrato»
I pm della procura di Genova hanno usato solo una decina di intercettazioni, per inchiodare l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro all'accusa di «istigazione aggravata alla falsa testimonianza» e l'ex questore ed oggi prefetto Francesco Colucci all'imputazione di aver cambiato i propri ricordi della notte della Diaz. In tre mesi di intercettazioni, tra l'aprile e il giugno 2007, ne hanno raccolte circa trecento. La maggior parte, però, resterà sullo sfondo: racconta del continuo contatto tra gli imputati del processo Diaz - e attuali vertici della Polizia di stato - e i testimoni. Dell'agitarsi, dell'insultare pm e parti civili, del cercare, archiviare, della presenza di un funzionario dello Sco in aula per registrare tutto il processo e giudicare i testimoni buoni e quelli cattivi. Un clima pesante, che getta una luce funesta sui dirigenti delle nostre forze dell'ordine, ma che non è sufficiente a formare altre prove.
Il nucleo della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di De Gennaro è, dunque, riassunto in cinquanta pagine. L'hanno firmata tutti i pm dei processi Diaz e Bolzaneto e depositata all'ufficio gip giovedì mattina: ci sono le firme di Enrico Zucca, Patrizia Petruziello, Vittorio Ranieri Miniati, Francesco Cardona Albini e dell'aggiunto Mario Morisani. Manca, perché «non necessaria», quella del procuratore capo di Genova Francesco Lalla, che su questa indagine non ha mai mancato di esprimere tutte le proprie perplessità. Per De Gennaro il fatto è «aggravato per aver determinato a commettere il reato persona a lui sottoposta e con abuso della funzione esercitata quale direttore generale del dipartimento di pubblica sicurezza».
Nel documento si parla delle telefonate precedenti e immediatamente successive alla deposizione del 3 maggio in cui Colucci sostenne di aver avvertito il capo dell'ufficio stampa del Viminale Roberto Sgalla di quel che accadeva alla Diaz senza mai parlare con il capo De Gennaro e, già che c'era, cercando di sostenere che a dirigere l'assalto fosse stato l'allora vicequestore vicario di Bologna Lorenzo Murgolo, l'unico dei dirigenti presenti ad essere stato archiviato dopo le indagini preliminari. Secondo i pm, Colucci con quella deposizione avrebbe cercato di togliere ogni sospetto di connivenza dall'immagine dell'ex capo della polizia De Gennaro. Un disegno chiaro, scrivono i pm, sin dalla prima intercettazione. Quella della sera del 26 aprile 2007, quando Colucci chiama Mortola e gli annuncia: «Sono stato dal capo oggi. Io devo rivedere un po' il discorso di quello che ho dichiarato di Sgalla. Questo serve per aiutare i colleghi...Siamo stati un'oretta, un'oretta insieme stasera». Una richiesta che mette in agitazione i colleghi, tanto che due giorni dopo Mortola si lamenta con il collega Di Sarro perché l'ex questore «parla al telefono... una follia». Colucci chiede consigli a Mortola e Di Sarro e poi, subito il 3 magggio, si affretta a vantarsi proprio con Mortola: «Ieri sera ho chiamato Manganelli. Dico guarda Anto... Sei stato bravo, è andato tutto molto bene, ce l'hanno detto gli avvocati. Poi dice: guarda, se il capo vuole maggiori ragguagli, gli ho detto, se vuole sapere qualcosa io sono qua, che devo fare, vengo a Roma? Ma penso che non ci sia bisogno perché il capo ha dei referenti». E ancora: «Poi stamattina m'ha chiamato il capo. Dice li hai, li hai, li hai, li hai maltrattati una cosa del genere. Li hai.. li hai... gli hai fatto la..., come ha detto, li hai... e no sbranati, li hai... va be insomma, una frase ha detto.n senso positivo, chiaramente. Che era contento eccetera. Ho saputo da Ferri che anche Caldarozzi (Gilberto, imputato alla Diaz, capo dello Sco ndr) e Gratteri (Francesco, anche lui imputato, divenuto capo del Dipartimento nazionale anticrimine ndr) sono stati contenti, diciamo, di questa... Luperi (Giovanni, dirigente del Dipartimento analisi dell'Aisi ndr) è rimasto contento. E basta. D'altra parte è uno scenario nuovo si è aperto per colpa mia diciamo».
Una ricostruzione che la Pg di Genova aveva fatto già nello scorso novembre, quando il manifesto pubblicò le intercettazioni nate da questa inchiesta. Cinque capitoli che vanno dall'avvio quasi casuale dell'indagine, nata dalle intercettazioni cui era sottoposto Spartaco Mortola, quando la procura si accorse che le false bottiglie molotov, al centro del processo per i fatti della Diaz e fondamentali per accusare i vertici della polizia di calunnia nei confronti del manifestanti, erano state «accidentalmente distrutte». E dà spazio alla memoria difensiva di De Gennaro, presentata nel giugno scorso, fino alla lettera con cui De Gennaro invita Colucci a rivedere le proprie dichiarazioni. Un invito, mai raccolto, visto che dopo i primi contatti né Colucci né De Gennaro hanno più accettato di deporre su quei fatti.
Resta da capire, ma fuori dal processo che nascerà da queste accuse, che senso avesse la maggior parte delle centinaia telefonate raccolte durante questa indagine. Una ridda di telefonate costanti, per cui il 7 maggio 2007 Gratteri dice a Colucci che «il pm avrebbe dovuto limitarsi a cercare la vera verità» e aggiunge: «il pm ha preso uno "schiaffone" da Manganelli ed un paio da Colucci». O la reazione dell'attuale capo della polizia, Antonio Manganelli, alla notizia che Colucci fosse stato messo sotto inchiesta per falsa testimonianza, quando, è lo stesso Colucci a raccontarlo il 24 maggio: «Mangenelli stamattina mi ha detto che dobbiamo dargli una bella botta a sto magistrato». O l'invito di Gianni De Gennaro a Francesco Colucci il 23 a notizia appena giunta: «Mortola dice - recita il brogliaccio di pg, che non riporta la trascrizione integrale - di aver parlatto con Manganelli e che il capo, tramite questi, dice che sarebbe meglio se si presentasse da De Gennaro».
A leggerle tutte insieme viene il dubbio che «aggiustare» le dichiarazioni nel processo Diaz fosse una delle principali preoccupazioni degli attuali vertici della Polizia di stato. Se così fosse, il caso Colucci De Gennaro sarebbe solo la punta dell'iceberg.
Sociale.network