Il «massacro» della Diaz
Quella parola vietata, che finora nessuno aveva osato pronunciare parlando della notte della Diaz a Genova, è ora sul verbale della requisitoria: il pestaggio dei no global, ha detto il pm Francesco Cardona Albini, è stato un «massacro»: «Ed è stato questo massacro e non certo il reato associativo contestato dalla polizia, ad accomunare le 93 vittime di questo processo, che prima neppure si conoscevano». Seguendo il filo della ricostruzione avviata due giorni fa dall'altro inquirente di questo lungo processo, Enrico Zucca, Cardona Albini ha raccontato per quasi otto ore di fila, dalle 9,30 alle 17 di ieri, con una piccola sospensione solo per la pausa pranzo, attimo per attimo l'assalto alla scuola Diaz. E cioè quando, poco prima della mezzanotte di sabato 21 luglio, dopo tre giorni di manifestazioni e la morte di Carlo Giuliani, circa 300 poliziotti divisi in due colonne arrivarono da entrambi i lati di via Cesare Battisti per assaltare il complesso delle scuole Diaz, la Pascoli, che ospitava il mediacenter del Social forum e parecchie redazioni «volanti» tra cui quella di Indymedia. E la Pertini, dormitorio gestito dallo stesso Genoa social forum.
Le immagini video, girate dai mediattivisti della Pascoli, mostrano con chiarezza gli uomini del Settimo nucleo antisommossa romano, guidato da Vincenzo Canterini, che sfondano il cancello della scuola e si precipitano verso il portone. Con un dettaglio importante, giunto solo ora che il processo è finito: «Da quel filmato - ha detto Cardona Albini - siamo riusciti ad identificare chi è il poliziotto che per primo entra nella scuola». Nella scuola vengono arrestati 93 manifestanti: 70 di loro usciranno dall'edificio feriti, tre in condizioni gravissime, di cui uno in coma. Quasi tutti gli arrestati (settantacinque) saranno portati alla caserma di Bolzaneto per essere torturati.
Al «massacro» prendono parte decine di poliziotti in divisa e in borghese, mai identificati. Cardona Albini si è soffermato a lungo sulle deposizioni delle vittime, elencando lesioni, fratture, contusioni. Ha parlato di Lena Z., la giovane tedesca percossa e trascinata per le scale della scuola che, come ha raccontato lei stessa, ha perso il 30% della capacità polmonare in seguito al pestaggio. «Un poliziotto è venuto lì e mi ha preso per i capelli e sono rimasta fuori con le mani alzate davanti ai poliziotti. Hanno iniziato a picchiarmi con i bastoni sulle spalle e sulla testa. Mentre mi picchiavano sentivo le costole rompersi. Poi la polizia mi ha tirato su e buttato contro il muro. Quando ero per terra hanno continuato a colpirmi». «Avevo la sensazione che si divertissero mentre mi stavano picchiando e che mi venivano fuori dei rumori mentre mi picchiavano sullo sterno. Avevo la sensazione che quando mi uscivano questi rumori dessero più gioia alla polizia, come se li incitasse». Un racconto raccapricciante, come quello del giornalista del Resto del Carlino Lorenzo Guadagnucci: «Ricordo che i primi che sono venuti vicino a me, in realtà hanno preso di mira i ragazzi che avevo alla mia destra, la ragazza in particolare che era quella più vicina, proprio affianco... che io avevo affianco, è stata presa con un calcio alla faccia, quindi è stata spinta indietro, è un po' barcollata, sì è piegata con la schiena all'indietro, il ragazzo che aveva affianco è stato raggiunto da delle manganellate, erano due gli agenti in questo momento che si sono rivolti contro questa coppia». «Mi sono avvicinato alla ragazza per aiutarla, per vedere cosa le fosse successo, se potevo sostenerla in qualche modo, mentre facevo questo però i due poliziotti si sono rivolti verso di me, ho cominciato a sentire il sangue che scorreva, perdevo sangue in particolare da uno squarcio che avevo qui nel braccio, un buco molto profondo».
E poi i racconti dei tedeschi, degli spagnoli. Tutti ricordano l'insulto comune, in un inglese universale: «Bastard». Più di un italiano invece ricorda la scioccante promessa degli agenti in mezzo alle botte: «Nessuno sa che siamo qua, vi ammazzeremo tutti». Cardona ha concesso un lungo tempo anche alla testimonianza di Michelangelo Fournier, il vicecomandante del settimo nucleo sperimentale antisommossa, la cui deposizione ha fatto il giro del mondo insieme a quella definizione «macelleria messicana» e alla sua esclamazione «basta basta» nel mezzo dei pestaggi. Per Cardona Albini è stato come «aprire una finestra» in un delirio senza speranza, anche se neppure quella testimonianza (l'unica degli imputati per lesioni, a parte quella di Canterini) è riuscita a concedere un briciolo di verità a questa storia da parte delle forze dell'ordine: «Per amor di patria Fournier ha difeso i suoi», è stato il lapidario commento. Ora che appare a tutti chiaro che con molta probabilità il processo Diaz arriverà a sentenza nonostante il decreto bloccaprocessi, ora che la corte sarà chiamata a decidere, Francesco Cardona Albini ha guardato i gi
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