Il mio diario dal Congo
Blandine è una giovane e piacente vedova con due figli a carico: aveva conosciuto suo marito durante la prima guerra di Kabila nel 1997 e tutti noi avevamo cercato di dissuaderla perché lui era un militare e i militari che venivano a Kimbau erano quasi tutti malati di malattie veneree. Dapprima anch’io avevo paura di loro e della loro violenza e nello stesso tempo mi arrabbiavo perché entravano in ospedale con le armi; volevano portarle anche nella sala di consultazione e non riuscivo a fargliele lasciar fuori: erano scontri continui dove uscivo sempre perdente. Ma accoglievo comunque quei marcantoni che giocavano una roulette russa con l’Aids come se il virus che sta uccidendo l’Africa per loro non esistesse, perché mi facevano tanta pena.
Anche Blandine e suo marito sono venuti da me in consultazione perché non riuscivano ad avere figli, e volevano averne subito, come se il tempo stringesse... Il resto è segreto professionale, ma il primo bambino di Blandine é una bimba e si chiama Chiara. Il secondo è venuto subito dopo, quando Chiara stava ancora prendendo il latte materno, come se il marito di Blandine sapesse che doveva fare in fretta, molto in fretta, perché non aveva più un lungo tempo da vivere davanti a lui. Infatti il marito si è ammalato durante la seconda guerra di Kabila mentre si trovava a Tembo, ai confini con l’Angola, e a Tembo è morto dopo una lunga malattia, in modo un po’ misterioso; a Kimbau dissero che erano gli ndoki, il malocchio che gli invidiosi mandano contro chi è troppo felice, perché ha un mestiere pagato, una bella moglie innamorata, due stupendi figli... Ma altri amici raccontano di lui che nei mesi che precedettero la morte era molto smagrito e che soffriva spesso di febbre, tosse stizzosa e diarrea.
Lei è rimasta sola con due figli e da allora si ammala spesso e con lei la prima figlia. L’anno scorso si sospettava che la bambina avesse la tubercolosi a causa di una brutta radiografia e di una tosse che non voleva guarire nonostante gli antibiotici. Dietro ogni tubercolosi, in Africa si nasconde il sospetto di Aids.
Poi per fortuna la febbre è cessata, gli esami dell’espettorato sono risultati negativi, la bambina è stata meglio e Blandine si è sentita più serena.
All’inizio dell’anno scolastico 2004-2005 si è anche iscritta alla scuola per infermiere, sorprendendoci tutti perché per noi era soprattutto la nostra malata la quale non faceva che entrare ed uscire dall’ospedale. Però proprio durante gli esami del primo semestre, in febbraio, ha avuto di nuovo la febbre e ha perduto gran parte della sessione. Il preside mi ha detto: «Ce la farà?».
Da qualche mese Leonard, il supervisore di «Lebbra e Tubercolosi», le fa la corte e per gli esami di giugno le aveva promesso che l’avrebbe aiutata a ricuperare il tempo perduto... Ma gli esami il Ministero li ha anticipati a maggio, perché tutti qui avevano paura di quello che sarebbe successo in giugno prima, durante e dopo le elezioni.
Così c’è stata l’interrogazione di microbiologia, la sola materia in cui io ho un insegnamento al primo anno, ma Leonard era a Kenge e Blandine ha dovuto cavarsela da sola. L’ho vista all’uscita dalla sala dove lei e gli altri allievi (la maggioranza ragazze) avevano svolto l’esame: aveva in testa un velo di pizzo nero, come quello che mettevano le nostre nonne per andare a messa, e mi veniva di chiamarla «la vedova nera» non per parlarne male, ma per sottolineare la sua bellezza nera che il nero del velo accentuava. Sorrideva, come per confermarmi che l’interrogazione è andata bene.
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