Una stella di nome Chiara
Ho sentito parlare di Chiara Castellani soltanto poche settimane fa da mio figlio Edoardo.
Questa donna, medico dalla vita avventurosa e dedicata ai più deboli, ha suscitato il mio interesse, perciò ho voluto partecipare alla conferenza che ella ha tenuto ai ragazzi delle seconde e terze medie il giorno 15 dicembre 2005 nella sala Crostarosa dell’Istituto M. Massimo.
Mi sembra così importante l’opera alla quale si dedica la dott.ssa Castellani che credevo di trovarmi di fronte ad una donna alta, corpulenta, insomma dall’aspetto imponente. Non è così. Chiara Castellani è una piccola donna, riservata, piuttosto schiva e dai modi semplici, solo quando la si ascolta raccontare la sua quotidianità, ci si rende conto che la sua grandezza è tutta interiore.
Dopo l’incontro con i ragazzi, l’avvicino per salutarla e per chiederle cosa concretamente si possa fare per aiutarla e sostenerla. Mentre parliamo sono colpita dal suo sorriso e dai suoi occhi chiari e limpidi nei quali si ritrovano i silenzi e i grandi spazi di quel continente che pulsa nel suo cuore e che sin da bambina aveva scelto come luogo nel quale vivere: l’Africa.
Chiara nasce a Parma nel 1956. Si laurea in medicina e chirurgia con il massimo dei voti, all’Università Cattolica di Roma, dove si specializza in ginecologia e ostetricia. Parte per l’America Latina nel 1983 per un programma di volontariato civile del MLAL, Movimento Laico per l’America Latina, un’ associazione non governativa della quale condivide ideali e politica. E’con lei il marito, anch’egli medico, con cui aveva diviso il sogno giovanile di sposarsi e di andare nei paesi in via di sviluppo. In Nicaragua comincia a lavorare con lui nell’ospedale di Matagalpa si dedica alla vaccinazione di schiere di bambini che aiuta anche a nascere. Dopo un anno di condivisioni il marito l’abbandona per un’altra donna e, qui Chiara, dopo un periodo di grosso malessere, continua quella che sente come la sua più grande priorità, essere vicino a chi è più solo e più debole. Nel 1991 alla dott.ssa Castellani viene offerto l’incarico di responsabile dell’ospedale di Kimbau che dista 500 km da Kinshasa. L’ospedale è fatiscente e Chiara e pochi altri volontari che in seguito l’affiancheranno sempre nella sua attività, cercano di ridare un aspetto dignitoso all’edificio. L’A.I.F.O. la sostiene dall’Italia con l’invio di medicinali e strumenti sanitari per riattivare i servizi essenziali ed ella lavora a quello che è il suo grande sogno, portare l’acqua a Kimbau. Nel 1992 un drammatico incidente la priva del braccio destro, ma lei non demorde, sostenendo che la testa e il cuore sono ancora integri e che la gente di Kimbau ha bisogno di lei; ricomincerà a fare con la mano sinistra quello che faceva con la destra. Chiara Castellani sostiene che nulla è per caso, ma tutto quanto appartiene ad un disegno divino che guida la sua vita verso un fine positivo. Nell’ antica lotta tra il bene e il male, Chiara ha sicuramente scelto il bene, che dona agli emarginati, a coloro che sono dimenticati, da chi troppo spesso è preso dal superfluo e dal futile, tanto da non poter rinunciare ad una manciata di minuti da dedicare al prossimo. Chiara Castellani è presente in Africa con la sua opera e la sua tenacia quando la guerra tra Mobuto e Kabila entra nella fase più cruenta. Assiste a massacri di donne e bambini innocenti, assiste ad una guerra che porta carestie e a carestie che portano guerra. Vede esplodere fra etnie, odi atavici, in un crescendo di crudeltà che coinvolge la gente dei villaggi, aggravando la fame, le epidemie gli stupri e che lascerà come risultato migliaia di orfani, migliaia di morti e migliaia di feriti che lei cercherà di aiutare come può con i pochi medicinali che ha a disposizione Le sue parole denunciano le grandi potenze del mondo che hanno interessi in un paese che è fra i più poveri della terra, ma è ricchissimo di cobalto, di zinco, di diamanti, di oro e di uranio. Non abbandona i suoi “figli”, ma combatte contro le ingiustizie a favore dell’uguaglianza, della legalità della moralità, combatte per ottenere quelli che sono diritti primari come il diritto alla salute, allo studio, combatte per la dignità delle donne, combatte contro la fame, la miseria, la perdita delle persone care.
Quando viene in Italia, una volta all’anno, percorre la penisola per far conoscere i problemi e le urgenze della gente africana, ci porta testimonianze attraverso pubblicazioni e foto per farci riflettere sulla necessità di partecipazione da parte di noi tutti. Desidera che le urgenze dell’Africa vengano rese note a tutti anche attraverso i nostri figli e a tal proposito ha ideato il “progetto lampadina”, affinché tutti accendano la loro, a favore di un essere umano che nel terzo millennio ancora non riesce ad avere cibo.
Tutto questo è Chiara Castellani, con la sua voglia di non parlare di lei ma dei suoi ammalati, pregandoci di calarci in una realtà che per noi è quella delle immagini televisive ma per lei è il suo quotidiano, il suo presente e il suo futuro.
Mi rendo conto pensando a Chiara Castellani che se io ho dato un senso alla mia vita con il matrimonio, la nascita di un figlio che amo sopra ogni altra cosa, il mio lavoro che svolgo con serietà, ella ha invece donato completamente la sua agli altri nel nome di Nzambi (Dio in kikongo).
Mi chiedo dunque, se il progetto di Chiara avrà l’esito sperato e, ascoltando mio figlio che decide di rinunciare ad un piatto della batteria al quale tiene moltissimo e che aveva chiesto come dono di Natale decidendo invece di destinarne il costo al “progetto lampadina”, alzo gli occhi al cielo, e alla stella che il mio sguardo incontra rispondo sì. Può funzionare, perché una sicuramente si è accesa.
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