Il neroazzurro che batte la mosca tse-tse. Vi racconto la mia storia africana
e interisti tutti in linea.
Anche a me piacerebbe se riprendessimo il filo del discorso, ora che l'Inter vanta non solo una "superiorità" morale ma anche una ferrea superiorità sul campo... e persino io ho cominciato a tifare Inter, da quando ho saputo che Giacinto Facchetti era anche il responsabile FIFA contro il razzismo negli stadi e che l'Inter finanzia un progetto di Club calcistici giovanili (Intercampo) in Camerun, con il COE, e vuole cominciare a farlo anche a Kinshasa (correggetemi le inesattezze!).
E allora reinvio un articolo di qualche mese fa, rivisto e aggiornato.
La trappola nero-azzurra per la mosca tsé-tsé attirò la mia attenzione di giocatrice ed appassionata di calcio fin dal mio primo arrivo in Africa, a Kinshasa in quello che ancora si chiamava Zaire nell'estate del 1991.
Quando ero adolescente me la cavavo benino nel gioco del pallone, e mi piaceva imbucarmi nelle squadre dei maschi e mettermi le magliette a strisce, senza grosse preferenze fra un club e l'altro.
Papà è sempre stato interista, quindi da brava adolescente non potevo certo condividere la passione di mio Padre, ma all'epoca il Parma era in serie D e benché io sia parmense giudicavo fosse poco gratificante tifare per il Parma. Allora tifavo per la Nazionale degli exploit di Messico 70, quella della storica partita Italia-Germania, quando era capitano Giacinto Facchetti, e Boninsegna anche lui dell'Inter inaugurò la goleada contro il Messico. Anche il solo gol al
Brasile lo segnò Boninsegna, e gridammo il nostro entusiasmo dalle finestre di casa. Dal 1970 alternavo i libri allo sport, che era il mio sfogo serale.
Attaccai le scarpette al chiodo solo dopo la laurea nel 1981, prima di partire per il Nicaragua e in seguito per l'Africa. Ma qualche partita amatoriale continuai a giocarla, anche da "Missionaria", e per questo la mia fantasia non poteva non restare colpita dalla trappola nero-azzurra. Avevo studiato la malattia del sonno sui libri di medicina e al corso di medicina tropicale del Prof. Vulterini, ma quella bandiera dell'Inter sospesa a mezz'aria, semi-coperta da una retina bianca che sembrava una di quelle retine che quando eravamo bambini utilizzavamo per acchiappare le farfalle, proprio non mi ricordavo di averla studiata.
"Kima yai kele inki? (cos'è quella roba là?)" chiesi all'Abbé Ngiengo, il parroco di Pont-Kwango, quando vidi la trappola sospesa davanti alla canonica di argilla. Pensavo a un adorno tradizionale per una qualche festa religiosa, o al simbolo di una tribù, o magari ai colori di un capo villaggio che aveva festeggiato la sua intronizzazione... "E' una trappola per la mosca tsé-tsé" mi spiegò l'Abbé Ngiengo "la mosca tsé-tsé è attirata elettivamente dai colori scuri, specialmente il nero e il blu elettrico. Si avvicina a quei teli disposti in croce, e rimane imprigionata sotto la reticella, cerca la luce e si infila
nel cono del sistema di cattura, dove muore disidratata di fame e di sete".
Al momento mi sembrò una storia abbastanza incredibile. Ma quando due mesi dopo a Kinshasa esplosero i disordini e i saccheggi che nel settembre 1991 misero per terra il paese, e i parà francesi ci costrinsero all'evacuazione aldilà del fiume Congo, da Brazzaville partii direttamente per Anversa. Nell'impossibilità di rientrare in Zaire perché l'Ambasciata aveva bloccato i visti, avevo deciso di profittare di quell'anno sabbatico per studiare Medicina Tropicale. Infatti nonostante la specialità in Ostetricia e i sette anni di lavoro ai tropici, mi era stato proibito di lavorare in Zaire se non prendevo il diploma di medicina tropicale.
Ad Anversa, nello storico Istituto "Principe Leopoldo" l'anziano professor Eikmann, già medico della ex-colonia Congo Belga e professore titolare del corso di patologia infettiva, me lo confermò: "La mosca tsé-tsé come tutti gli insetti ha una visione dei colori molto limitata, ma predilige i colori scuri. Il nero e il blu elettrico esercitano un effetto di attrazione su di lei. Se si dota il tutto di una retina, chiamata sistema di cattura, che imprigiona la mosca prima che possa allontanarsi, la mosca rimane imprigionata nel sistema di
cattura e, incapace di liberarsi, muore. Ad ucciderla, dove fa caldo, è il sole cocente che la disidrata, lei che ama l'umidità delle foreste a galleria dei fiumi della savana, e depone le uova nella terra umida prossima all'acqua".
Scoprii che la mosca tsé-tsé depone una sola larva per ciclo riproduttivo, e la nutre in una specie di marsupio, fino a maturazione. Vive solo qualche mese, si sposta per brevi tragitti perché è una pessima volatrice. Se infettata dal Tripanosoma Gambiense, lo rimane tutta la vita, e nasconde il parassita nelle ghiandole salivari, da dove lo trasmette per puntura all'essere umano sano. Paradossalmente il principale impatto economico per paesi poveri come il Congo ex-Zaire non è dovuto alla malattia del sonno umana ma a quella delle vacche, che vengono decimate dal tripanosoma Brucei.
Se ci sono vacche, la mosca tsé-tsé lascia in pace gli esseri umani. Ma a Kenge e a Kimbau ci sono solo capre, la gente è troppo povera per allevare i bovini, non si trovano farmaci né vaccini per i cristiani, figurarsi per le vacche. E allora? "Provate a trattare la trappola con urina di vacca, la mosca tsé-tsé scambierà la trappola per una vacca, e la trappola sarà ancora più efficace", ci disse il Prof. Eikmann.
Dubitavo: e in realtà, anche se i primi studi risalgono all'epoca coloniale, l'efficacia delle trappole e dei colori dell'Inter è stata avallata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) solo negli anni successivi al 1995.
Ma già nel 1992 ero tornata a Kimbau, dove, non avendo ancora ottenuto dal governo l'autorizzazione ad operare, trasferii una malata chirurgica a Moanza. Fu a Moanza che conobbi Prime, il medico "chef de Zone" di Moanza che partì nel '92 a Kenge per far posto al Dr Richard. Davanti alla sua casa e anche davanti all'Ospedale Evangelico di Moanza aveva appeso quella bandiera dell'Inter. "Ce l'ha regalata la cooperazione tedesca. Fanno venire la tela dalla Germania perché qui si trova difficilmente perché la gente ama gli abiti colorati. E poi la tela di qui sotto la pioggia si stinge rapidamente. Vedi queste grosse mosche nere dentro questa boccetta di plastica? Sono dei tabanidi (=tafani) perché la mosca tsé-tsé in verità è un tafano. Le abbiamo catturate grazie alle trappole confezionata a Kinshasa con teli neri e azzurri tedeschi. Non aver paura di toccarle, sono già morte". In realtà quelle grosse mosche nere morte nel flacone vuoto di Penicillina mi destavano un certo ribrezzo, ma la curiosità era più forte. Andai a Kinshasa, all'ufficio del programma nazionale di lotta contro la
Malattia del sonno. Con macchine da cucire a manovella un gruppo di giovani
guidati da ya Philo, un anziano tecnico di laboratorio responsabile della cosiddetta LAV ecologica (lotta anti-vettoriale ecologica) stava confezionando le trappole interiste con la tela venuta dalla Germania. "Costano 9 dollari l'una, già confezionate. Ma se ci trovi la tela nera e azzurra, te le confezioniamo a molto meno".
Compro 11 trappole con 100 dollari che mi hanno regalato per questo scopo gli amici della Cittadella di Assisi nel Natale 1996, quando la prima guerra del dittatore Kabila divampava in Zaire: e la rivista Rocca è il primo giornale che parla della bandiera dell'Inter che cattura la mosca tsé-tsé, poteva già essere uno scoop, ma a leggere Rocca sono solo i cattolici seguaci del Concilio Vaticano Secondo, gente impegnata ma che non si occupa di calcio, e all'epoca nessuno ci fa caso...
Con le mie 11 trappole me ne torno a Kimbau e le distribuisco ai capi-villaggio del Pelende Nord, verso Kenge, dove la malattia del sonno è endemica. Dopo tre giorni arriva da me entusiasta il capo villaggio di Mulopo Tsunda: in quarantottore la sua trappola ha catturato 46 mosche tsé-tsé.
Era il gennaio 1997, la guerra di Kabila padre divampava nell'est, ma a noi del Bandundu sembrava tremendamente lontana, come l'avanzata dei tartari di Buzzati. Si viveva come se la guerra fosse un racconto per ragazzi, e con il dottor Richard, il mio amico e collega che un'anno dopo, nel 1998, sarebbe stato ammazzato dai militari di Laurent Kabila, ci invitarono a partecipare a un seminario nella cittadina di Masi Manimba, dove la malattia del sonno è talmente endemica che il nome Manimba significa proprio malattia del sonno, in Kikongo. E in Kiyaka, nimba significa dormire.
Tema centrale del seminario: come addestrare i responsabili delle comunità rurali a mettere le trappole nei punti cruciali e a svuotarle periodicamente. Siamo tornati a casa con un piano d'azione scritto insieme al Dottor Richard, per la Zona Sanitaria di Moanza.
Poi quel terrible 5 maggio del 1997 la guerra da favola lontana è esplosa tremendamente vicina a noi, mietendo vittime in tutte le case. A Kenge i militari della guardia Presidenziale hanno massacrato chiunque aveva osato restare, anche i malati dell'Ospedale incapaci di fuggire nella foresta, anche i cristiani della Chiesa Kimbangwista che si erano riuniti in preghiera nella loro cappella. Dopo il massacro, mentre il dittatore Kabila avanzava trionfante su Kinshasa lungo la strada che collega Kenge alla capitale su cui aveva fatto saltare tutti i ponti, la cooperazione tedesca con l'Ospedale e la Zona Sanitaria di Kenge è stata sospesa, i tedeschi della cooperazione sono fuggiti. Anche il Dr Prime ha ceduto, ed è partito: "Non mi piace la guerra, non posso star qui ad esporre mia moglie e i miei figli". Il Dr Prime adesso studia in Europa, e nella nostra zona rimanemmo solo due medici, il dottor Richard e la sottoscritta. Il dottor Richard che amava la gente di Kimbau e di Moanza e nonostante anche lui odiasse la guerra non ci avrebbe mai abbandonato, ma purtroppo solo un anno dopo, nel 1998, sarebbe stato imprigionato ed ammazzato dai militari assetati di assurde vendette del nuovo dittatore Laurent Kabila.
Le trappole nero-azzurre che ancora sventolano in quei venti di guerra sono ancora quelle della cooperazione tedesca, diventate teli ormai stinti. Per anni, gli anni della seconda guerra di Kabila che scoppiata nell'agosto 1998 è tuttora in corso, non ho visto più quelle bandiere dell'Inter coperte dalla retina per acchiappare le farfalle sventolare nei punti d'acqua e davanti alle scuole, alle cappelle, ai centri di salute. Anche l'Abbé Ngiengo è venuto via da Pont-Kwango, dove i militari compivano abusi continui contro la gente e contro le loro magre risorse, saccheggiando allevamenti e raccolti. Ha lasciato Pont-Kwango, ed è andato a Kinshasa a studiare agro-veterinaria dai gesuiti di Kimwenza.
Per un decennio i centri sanitari e ospedali della nostra Diocesi sono rimasti abbandonati a loro stess, il programma nazionale di lotta alla Tripanosomiasi non ha più avuto fondi per le trappole. Ma in giugno 2005 l'Abbé Ngiengo ha finito il corso di laurea e dall'ottobre 2006 è di nuovo lui il parroco di Pont-Kwango. E infatti l'ultima volta che sono passata a Pont-Kwango ho visto che la trappola nero-azzurra è di nuovo là, davanti alla canonica. La fotografo con la nuova macchina che mi ha regalato il giornalista di Panorama Giovanni Porzio quando è venuto a Kimbau: è così sgargiante con quel telo blu elettrico. La inserisco nella serie di diapositive che presento nelle scuole e nelle università. Presentare la trappola "Interista" è un modo per risollevare le classi dal clima di indignazione e anche di scoraggiamento che si crea quando parlo dell'eflornitina, il farmaco efficace e non tossico che dal 1996 ci viene negato anche se già scoperto, e poi riciclato come crema depilante.
La trappola nero-azzurra ricrea un clima d'ilarità. Chiedo ai ragazzi "c'è qualche tifoso dell'Inter?" e molte mani si alzano "bravi, perché lo sapete? Da qualche anno la vostra Inter è così forte che è più forte persino della mosca tsé-tsé". Sono in realtà ben 14 anni che racconto ai ragazzi questa storia, una volta sono persino andata a girare mezza Italia con una trappola in miniatura, per meglio . Ma tutto restava fra le quattro mura di una scuola.
Finchè sono capitata all'Istituto tecnico Righi di Taranto dove è professore di lettere Alessandro Marescotti il fondatore di Peacelink. Coautore dei libri "Telematica per la Pace" e "Bandiere di pace".
La storia di come Alessandro ha saputo seminare su una... bandiera per la seconda volta nella sua vita (visto che Peacelink ha dato una spinta enorme
al lancio delle bandiere della Pace con i colori dell'arcobaleno: e non scandalizzatevi per l'accostamento!) la stanno vivendo tutti. Io stessa non riesco a star dietro a questo fenomeno che ha finito per coinvolgere anche i dirigenti di Inter e Atalanta.
Ero a Ferrara quando mi hanno telefonato.
Le trappole Nero-azzurre divengono un motivo forte e allegro per coinvolgere nei problemi dell'Africa dei nuovi amici, i tifosi e giocatori di calcio che molti accusano di superficialità, anche perchè purtroppo spesso oggi il calcio è anche corrotto perchè vi girano troppi soldi, ma che finalmente rimane lo sport più bello e povero del mondo, quando giocato sul prato della scuola con una palla di stracci e i piedi nudi. Come tifosa ho cambiato squadra almeno dieci volte. Ma mi è sempre piaciuto giocare a calcio e lo considero uno sport stupendo, perchè educa i ragazzi a LAVORARE D'EQUIPE.
Sono convinta che anche nel mondo del calcio ci sia da seminare. Finirà che divengo anche io tifosa dell'inter, o almeno dell'Atalanta.
- il sito di Kimbau http://www.kimbau.org
- Alessandro Marescotti (cell. 3471463719)
Sociale.network