Dal Nicaragua al Congo cercando la giustizia di Dio
- 25 luglio 2006
L' ultima volta si parlava della risorsa in più che i credenti possiedono anche nel lottare per ottenere una giustizia terrena. Sicuramente non sta a me fornire qui una prova dell’esistenza di Dio, e non solo perché in genere non mi ritrovo a mio agio nelle disquisizioni teologiche. Ma se credo non è solo perché percepisco la sua presenza e la sua forza accanto a me: ma credo anche e soprattutto perché considero sconvolgente e in un certo senso sovversivo il messaggio evangelico con tutta la radicalità che ne sgorga, quando venga applicato alla lettera contro le strutture di potere ingiuste e violente. E forse per questo sono finita in Nicaragua, e dal Nicaragua in Congo. Per questo mio ostinato voler credere a tutti i costi che possa esistere una giustizia divina già su questa terra, che esiste un Dio capace di rovesciare dai loro troni i potenti della terra. Quei potenti che nelle loro intransigenti certezze hanno totalmente dimenticato che il regno di Dio appartiene non al potere terreno ma alla povera gente. Quei potenti della terra che sono talmente stupidi da pensare non solo di conoscere il futuro ma anche di possederlo, e di poterlo controllare e persino di avere il diritto di ipotecarlo incasellandolo in strutture direttive inamovibili e rigide, illudendosi così di riuscire a soffocare quegli spiragli di speranza e di utopia che da sempre i poveri riescono ad aprirsi, nonostante tutto, perché se crediamo che il futuro appartiene a Dio non possiamo dimenticare che Dio appartiene ai poveri. Credere in Dio non mi dà purtroppo certezze precostituite ma solo disperate speranze, eppure di fronte alla povertà provocata dall’ingiustizia distributiva, di fronte all’ingiustizia e alla violenza di cui è intessuto il potere mondiale costruito sul neoliberismo e sulle guerre d’interesse, sono convinta che il Dio della giustizia agirà già su questa terra, anche se i suoi strumenti non sono umani.
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