Kimbau

Non fermarsi davanti ai fallimenti e ostacoli, ma ripartire. Il messaggio di Chiara

La sua testimonianza registrata e trascritta, durante la presentazione del libro su Rita Levi Montalcini alla libreria Gilgamesh (Taranto)
22 dicembre 2013
Antonietta Podda

Chiara Castellani ricorda nel suo intervento alla libreria Gilgamesh (Taranto) dell'incidente stradale che nel 1992 le cambiò per sempre la vita: il 6 dicembre 1992 diverrà un passero con un'ala sola. In quel terribile giorno la sua vita si "spezzerà in due". Infatti durante il viaggio che l'avrebbe riportata nella sua casa, a Kimbau, per rifornire di medicinali l'ospedaletto, in un incidente perse il braccio destro. Quel braccio indispensabile per poter operare e amputare gambe e braccia, la abbandonò.

Scriverà poi nel suo libro “Una lampadina per Kimbau”: "da colei che amputava sono diventata amputata". Una sorte che cambiò la sua vita, ma che la rese più forte. Non si arrese Chiara. Si rialzò più determinata e per aiutare gli "ultimi" così come aveva sempre fatto:

Non ci si può fermare di fronte ai fallimenti. I fallimenti li incontriamo tutti nella nostra vita. I fallimenti e anche gli ostacoli. Per me l'ostacolo, sicuramente almeno in apparenza, più grosso è stato quando nel '92 a seguito di un incidente di transito, mi sono trovata improvvisamente dall'altro lato del bisturi. E mi sono trovata poi che io medico chirurgo che per tanti motivi ero stata mio malgrado chirurgo di guerra non ero comunque più in grado di operare. E invece viceversa il fatto di non fermarmi di fronte a questo ostacolo, e anche, la conoscenza in seguito con Rita, mi fece comprendere quello che è un messaggio molto importante: che noi viviamo in funzione del rapporto con gli altri. E diciamo, quasi per fortuna io ero troppo autosufficiente, e non delegavo abbastanza quella che era la mia azione come chirurgo; invece in questo momento, a partire dal mio incidente mi sono trovata obbligata a delegare. A delegare non solo i piccoli gesti della vita quotidiana ma anche e soprattutto i grandi gesti del mio mestiere. E ho dovuto formare gli infermieri chirurghi che tuttora mi aiutano a operare e che tuttora sono il mio braccio destro. E devo dire che sono contenta di avere dovuto, di essere stata obbligata a formare questi giovani per operare, perché in questo modo io non sono più indispensabile e l'obiettivo di tutti i progetti di cooperazione è rendersi “non indispensabili”. E di questa scommessa sulla formazione ne ho capito fino in fondo l'importanza quando per me formare era l'unica alternativa a dover rinunciare per sempre al sogno africano.”

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