La guerra ed il ruolo dell'Onu. Il progetto Monusco
Chiara Castellani racconta una guerra di cui i media non parlano. Una guerra che ha fatto più di sei milioni di morti. Una guerra di cui si occupa tuttora l'ONU con la missione Monusco con l'intento di salvare vite umane, ma che di fatto non ha prodotto alcun risultato. Chiara, grazie alle sue parole, ci mostra i segni di questa guerra silenziosa, i volti delle donne che manifestano, il bianco dei fazzoletti che indossano: come le donne di Plaza de Mayo chiedono rispetto, giustizia e verità.
Qui sotto parte della trascrizione dell'intervento della dottoressa Castellani con successiva registrazione audio da ascoltare. Le parti in corsivo sono riflessioni o frutto di ricerca dell'autrice.
"Secondo le organizzazioni in difesa dei diritti umani si parla ormai di più di sei milioni di morti, e questa guerra in realtà non è mai finita. Ancora nel 2012 e 2013 con i ribelli del movimento M23 soprattutto nella città di Goma e nelle cittadine attorno a Goma ci sono state nuove stragi e le immagini, qualche immagine di queste stragi mi è arrivata attraverso i miei amici congolesi e soprattutto attraverso le agenzie missionarie. Per sentir parlare e avere informazioni sulla guerra in Congo l'unico mezzo di stampa è l'agenzia Misna che documenta la guerra attraverso i missionari italiani e non solo che la vivono sulla loro pelle soprattutto a est del paese. Questa guerra non raccontata, non mediatizzata viene invece documentata da chi la vive sulla propria pelle.
Sono rimasta colpita nel '97, e si era ancora agli inizi di questa guerra che è cominciata gradualmente con la rivolta di Kabila contro il dittatore Mobutu che però purtroppo è stata utilizzata anche per portare avanti il disegno del saccheggio delle risorse. E quando il 5 maggio del '97 ci fu uno scontro feroce fra la guardia presidenziale ed i ribelli, questo non fu diretto ma fu uno scontro che si svolse massacrando la popolazione. Sicuramente il ruolo svolto dalla guardia presidenziale fu molto più duro ma vi furono mercenari dall'uno e dall'altra parte. E la gente venne massacrata. Poi quando arrivai in Italia per parlane, ricordo, c'era un giornalista di Famiglia Cristiana un certo Scalettari, quindi un esperto della crisi dei grandi laghi che mi disse chiaramente “no, non è possibile”. Noi eravamo là a Kinshasa dove si parlava solo di accordi di pace – e parliamone anche oggi di Nelson Mandela che tra i tanti meriti ha avuto anche quello di sventare il massacro di Kinshasa. Ma quel massacro che doveva aver luogo a Kinshasa, aveva già avuto luogo a Kenge. La belva umana si era accanita contro i bambini, le donne, contro i malati – perché chiunque avesse avuto il tempo di farlo, la possibilità fisica di farlo era fuggito – molti miei amici erano fuggiti da quella che venne chiamata la guerra di Kenge che durò il 5 maggio dalle 4 del mattino alle 10 del mattino. Poi dopo non c'era più nessuno da ammazzare. E fu uno spettacolo di desolazione e intanto i ribelli avanzavano verso la Capitale e la guardia presidenziale si ritirava. Quello che mi sbalordì è come Luciano Scalettari che conosceva benissimo la situazione dei Grandi laghi e che sembrava aver seguito come si deve la situazione del Congo non era assolutamente al corrente della strage di Kenge e la mise talmente in dubbio che quando pubblicò l'intervista (http://www.stpauls.it/fc04/0424fc/0424fchp.htm) , della strage di Kenge non parlò. Eppure c'è ancora questa selva di croci del massacro del 5 maggio del '97."
-Anche nell'interrogazione parlamentare a risposta orale del deputato Bulgarelli - Seduta n. 355 del 15/9/2003 - in cui chiede conto al ministro dell'Interno del diniego della richiesta di asilo politico da parte della Commissione centrale per lo status di Rifugiato nei confronti del congolese Matiti Guylain, riferendosi a quella data “5 maggio 1997” giorno in cui l'allora quindicenne dovette fuggire, il parlamentare dichiara che in quella giornata “ i miliziani di Kabila hanno iniziato una controffensiva militare contro i militari di Mobutu che controllavano la città di Kenge”. (http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed355/bt13.htm) -
“della stessa maniera in cui sono state massacrate le popolazioni di Kenge, io riesco a saperlo attraverso le agenzie missionarie ma non nei dettagli. Quando avvengono queste azioni della guerriglia che viene finanziata dall' Uganda (ma dietro l'Uganda ci sono le multinazionali soprattutto per il saccheggio delle risorse, soprattutto per il coltan, il materiale che serve per i telefonini portatili): quando queste stragi avvengono non se ne parla, non vengono mediatizzate. Si riesce a sapere che c'è la guerra in Congo e che continua ancora oggi – in questo momento grazie ad una vittoria dell'esercito di cui però non si sa quale sia stata la spesa in termini di vite umane, Goma è ritornata nelle mani governative perché è stata scelta l'opzione militare. E quello che fa male è sapere che c'è uno dei negoziati in corso in Uganda che avrebbe dovuto portare a questi accordi di pace per porre fine a questa guerra, che va avanti dal '96 ad oggi … è stato rifiutato dal governo. il problema è che il governo grazie a questa vittoria militare che avrebbe – secondo loro- annientato l'M23, ha rifiutato di continuare con i colloqui di pace. E' stata scelta l'opzione militare. E questo non è un evento positivo. Questa vittoria serviva al governo per recuperare (dopo i periodo di sciopero degli infermieri) il consenso, ed il governo l'ha fatto con un'azione armata. Immediatamente il governo ha fatto sapere che non ci sarebbero stati più negoziati di pace perché non ce n'era più bisogno. Se esistono movimenti di ribelli a est del paese è perché le multinazionali stanno finanziando questa guerra per il saccheggio delle risorse, ma anche perché c'è un malcontento della popolazione: ci sono strascichi della problematica dei grandi Laghi, del genocidio e del contro-genocidio che continua. E in questo contesto dire “non abbiamo bisogno di accordi di pace, abbiamo vinto” secondo me è una grossa sconfitta che non promette niente di buono per quello che è il futuro della pace nel Congo.
- in questo contesto che ruolo hanno le Nazioni Unite? la missione Monusco è efficace? quali risultati ha prodotto? Ad agosto 50 milioni di dollari sono stati investiti dall'Onu per " per la fornitura e la gestione di un servizio aereo senza pilota costituito da cinque velivoli teleguidati Falco, una stazione di controllo a terra, un terminale di gestione dei dati, elementi per il supporto tecnico e logistico e capacità di analisi dei dati raccolti" (fonte sole 24 ore). I droni sono stati ordinati nell'agosto scorso dalle Nazioni Unite a Selex Es, società del gruppo Finmeccanica e dal 3 dicembre sono entrati in azione. -
Chiara: E' in corso un intervento delle Nazioni Unite La Monusco che è appunto la missione dell'ONU nel Congo: questo intervento è in corso da almeno 15 anni. E devo dire che in 15 anni hanno fatto ben poco nonostante la presenza sul territorio del Congo di un numero variabile, inizialmente di 11 mila e adesso si parla, ma sono cifre ufficiali di circa 17 mila uomini armati che avrebbero la funzione di proteggere i civili. Se devo basarmi sulle testimonianze che ricevo, sui messaggi degli amici missionari che vivono lì all'est, vedendo le immagini che passando per vie traverse mi arrivano dalle agenzie per i diritti umani o da qualche fotografo che riesce a documentare, sicuramente la capacità della Monusco di proteggere i civili è quasi nulla, perché altrimenti non ci sarebbero stati 6 milioni di morti.
Come è vissuta la missione ONU in Congo? Ricordo, quando nel novembre del 2012 Goma è caduta in mano ai ribelli, mi sono trovata a Kinshasa casualmente in una manifestazione di donne che avevano messo, come le donne di Piazza di Maggio, dei fazzoletti bianchi sulla testa per manifestare – dicevano: “per i nostri figli massacrati”. E quando mi sono avvicinata per capire non le motivazioni perché erano fin troppo evidenti, ma per sentire la loro voce e esserne testimone. La prima cosa che mi hanno detto è: “ma tu sei della Monusco? Perché non sei vestita come noi, perché non ci hai il fazzoletto in testa?”. Io ho risposto che non ero della Monusco, e che venivo dall'interno e loro hanno accettato che mi fossi mischiata insieme a loro. La missione Monusco veniva vista come una missione che spendeva inutilmente i soldi, per i costi enormi, senza poi svolgere il proprio mandato che era quello di salvare vite umane. E' stata vista anche una complicità delle Nazioni Unite nella caduta di Goma. (vedasi africanvoices articolo di Fulvio Beltrami – Kampala, Uganda). Adesso sembra che sulla vittoria del governo sull'M23 avrebbe giocato un intervento attivo la Monusco. Mi chiedo a che cosa serva poi in questo momento – perché se la loro funzione è quella di proteggere i civili, finora non sono riusciti a farlo.
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