In Africa e in Congo la carenza di dati rischia di mascherare l’epidemia silenziosa
Nei Paesi poveri come è attualmente il Congo, dove si vive alla giornata e di economia informale, la gente deve scegliere fra la necessità di restare a casa e morire di fame con i loro bambini o uscire a cercare lavoro giornaliero e cibo, mettendosi a rischio di contagiarsi di coronavirus. In questo contesto sono soprattutto le donne che sono troppo spesso in prima linea sia nella ricerca del solo pasto giornaliero per tutta la famiglia, sia come caregivers nell’assistenza ai malati e quindi ad alto rischio di cadere a loro volta malate e anche di trovarsi accusate di star diffondendo il virus. Le donne rischiano di venir etichettate di essere le nuove “untrici” del coronavirus.
In Congo il sistema sanitario era già stato messo a terra da decenni di conflitti e di negligenza, soprattutto nel settore della salute materno-infantile in cui la prevenzione è molto più importante della cura. La prevenzione concerne non solo le complicazioni della gravidanza e del parto come le emorragie e le infezioni puerperali, ma anche di infezioni sessualmente trasmesse AIDS incluso, complicazioni di aborti spontanei o provocati, gravidanze non desiderate e morti neonatali. La nuova pressione assistenziale provocata dalla pandemia ha aggiunto un carico ulteriore su un sistema sanitario già traballante e incapace di assicurare i servizi sanitari di base specialmente per bambini e donne.
Nel Congo si sta anche svolgendo un conflitto armato che sta utilizzando la violenza sessuale come arma di guerra.
Malnutrizione e infezione ad HIV costituiscono altrettanti fattori di mortalità legati al virus che rischiano di esplodere nei campi di rifugiati, dove la gente vive ammassata senza accesso ad acqua e servizi igienici; lasciando inoltre le donne scoperte nei bisogni della salute riproduttiva.
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Chiara Castellani730 Kb - Formato docxI dati del Covid-19 in Africa
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