Nicaragua:precipita velocemente la situazione dei lavoratori bananeros
Si interreranno vivi
10 marzo 2005
Giorgio Trucchi
I bananeros, come promesso fin dall'inizio della loro quarta marcia il 20 febbraio scorso, hanno iniziato ad alzare il tiro della loro protesta.
A 8 giorni dal loro arrivo a Managua non hanno ancora avuto un segnale d'interesse, anche minimo, da parte del governo, dei deputati e dei partiti.
A parte l'insignificante visita del Ministro dell'agricoltura, Augusto Navarro e la presentazione alla Prima Segreteria della Asamblea Nacional del progetto di legge per la pensione vitalizia, da parte del mondo politico la presenza dei bananeros e degli altri settori che si sono uniti alla lotta è passata pressoché inosservata, troppo presi probabilmente a risolvere problemi interni ed a confabulare per l'approvazione di varie leggi che, a detta loro, saranno per il beneficio delle classi più povere.
Queste "classi povere" e inoltre gravemente malate, sono invece davanti ai loro occhi ogni volta che i deputati escono dal Parlamento e ogni volta che il Presidente della Repubblica si reca alla Casa Presidenziale.
Tutti i giorni li vedono aggirarsi a migliaia tra le loro tende fatte di cartone e plastica nera, in cerca di cibo o di un po' di ombra che li ripari dal sole cocente di questa estate nicaraguense, ma sembra che ciò non basti.
Non una dichiarazione, una parola, un commento che faccia pensare che almeno hanno presente ciò che sta accadendo. Il nulla più assoluto.
I bananeros hanno quindi deciso di iniziare con il piano previsto che contempla quattro fasi, una più drammatica dell'altra.
Secondo Victorino Espinales, presidente della Asotraexdan, una delle organizzazioni degli ex lavoratori e lavoratrici ammalati per il Nemagòn "oggi, davanti all'insensibilità che sta dimostrando la nostra classe politica, abbiamo convocato i mezzi d'informazione e le organizzazioni che sempre ci sono state vicine per far conoscere le nostre prossime azioni. Azioni disperate, ma che dobbiamo iniziare per rispettare quanto abbiamo dichiarato. Questa è una marcia senza ritorno e se dovremo morire, lo faremo. Non abbiamo più nulla da perdere e le nostre morti ricadranno su questa classe politica che ci tratta come se non esistessimo.
Ci siamo riuniti ed avevamo due possibilità: iniziare con una protesta di disobbedienza civile che ci avrebbe però condotti a uno scontro con i corpi della Polizia o formulare un piano che facesse capire chiaramente che siamo disposti a tutto ed abbiamo scelto quest'ultimo.
Oggi abbiamo scavato queste fosse e stiamo dando una dimostrazione di cosa accadrà a partire da domani se non si apriranno degli spiragli di dialogo.
A gruppi di 30 persone c'interreremo vivi, lasciando fuori solo la testa, perché questo è il futuro che ci aspetta se non ci aiutano a risolvere i nostri problemi.
Altri gruppi di 30 inizieranno uno sciopero della fame ad oltranza.
Se i deputati e il governo se ne andranno in vacanza per le feste di Pasqua senza prima averci ricevuti, continueremo con le crocifissioni di altri compagni e compagne e per ultimo siamo pronti ad immolarci dandoci fuoco.
Hanno ancora una settimana di tempo e speriamo davvero che comincino a ragionare.
Il problema qui non è solo quello che noi abbiamo subìto con il Nemagòn e che i cañeros hanno subìto con altri pesticidi, ma anche una politica di governo che lascia libertà d'utilizzo a pesticidi che sono stati proibiti già in quasi tutto il mondo.
Gli Stati Uniti e le loro multinazionali ci impongono condizioni sanitarie rigidissime quando il Nicaragua vuole esportare prodotti freschi come carne, vegetali e formaggi, ma se questi prodotti sono inquinati è soprattutto colpa loro e dell'uso che hanno fatto e che continuano a fare sul nostro territorio.
Il Nemagòn ha un potere residuale di circa 160 anni, è estremamente leggero e con il vento si spargeva per decine e decine di chilometri. Si diluisce rapidamente nell'acqua e corre con essa. Come possiamo sapere il grado di inquinamento delle falde acquifere e della terra nei dipartimenti di Chinandega e Leòn e fino a dove si è spinto?
Siamo quindi disposti a tutto e domani (giovedì 10 marzo) ci ritroveremo con un folto gruppo di organizzazioni dei diritti umani e della società civile per stabilire un piano d'intervento e d'azione per i prossimi giorni. La lotta è qui e la porteremo avanti a costo delle nostre vite.
Sentiamo che la solidarietà sta aumentando e questo ci dà forza. Abbiamo lanciato un appello per gli alimenti che stanno finendo e per le medicine che scarseggiano. La gente comincia a soffrire di forti dolori e soprattutto di stomaco".
Nella giornata di oggi si è fatto anche presente il Centro Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh) e altre organizzazioni che parteciperanno alla riunione di domani 10 marzo.
Uno dei principali promotori del Cenidh, Dott. Izabà, ha confermato le affermazioni di Espinales dicendo che "ciò che sta accadendo è drammatico, come è drammatico il silenzio dei politici di fronte a queste cose. La richiesta deve essere ancora più amplia e si deve lottare per far sì che il governo nicaraguense impedisca l'entrata nel paese dei 12 pesticidi che fanno parte della Lista Maledetta. E' assurdo che il Ministro dell'agricoltura abbia permesso la loro entrata e il loro utilizzo chiedendo solo delle rigide misure per l'applicazione. Questi prodotti devono essere banditi come è stato fatto in quasi tutto il mondo".
Intanto l'Associazione Italia-Nicaragua ha effettuato l'acquisto e la consegna di plastica nera e medicine, prescritte dal dottore che sta operando nell'accampamento.
Continuiamo la mobilitazione, con l'invio dei messaggi di pressione alle istituzioni, con la raccolta di firme nei negozi del Commercio equo, con la raccolta di fondi, con iniziative che possono sorgere dall'inventiva e originalità di chiunque riceva questi messaggi e con la diffusione capillare delle informazioni.
Parole chiave:
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