Latina

Colombia: lettera aperta a Uribe Vélez, responsabile per probabile esecuzione di minacce e consenso ai crimini di lesa umanità

Una dura lettera aperta al presidente della Colombia, Àlvaro Uribe Vélez, è stata oggi resa nota. La lettera è stata firmata da più di trenta accademici, giuristi, artisti e personalità dell’Europa, dell’America Latina e degli Stati Uniti, fra i quali il Premio Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel, vari vescovi, teologi, sacerdoti e scrittori, la maggior parte di loro spagnoli.
5 aprile 2005
Tenda della Pace - Udine

In questa lettera si responsabilizza Uribe Vélez di ciò che sta accadendo, o potrà succedere, da adesso in poi, dopo le minacce di morte ricevute dai difensori dei diritti umani, che sono stati direttamente e personalmente segnalati da Uribe Vélez. Secondo i firmatari, il presidente colombiano sta consolidando l’impunità di crimini come quelli recentemente commessi nella regione di Urabá, dove sono stati massacrati bambini, donne e leader contadini indifesi.

Questa lettera costituisce una testimonianza morale e giuridica, in momenti in cui il Presidente del Governo spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero a Bogotà ha espresso ancora una volta il suo assoluto e totale appoggio a Uribe Vélez e alla sua “politica di sicurezza”, nel nome della quale si sta compiendo un itinerario di repressione e annichilimento delle organizzazioni sociali. Ogni giorno in Colombia si registrano desapariciones forzate, torture, assassinii, minacce di morte e massacri, eseguiti dalle forze militari e/o dai loro associati paramilitari.

L’appoggio ampio, esplicito, categorico e incondizionato di Rodríguez Zapatero alla politica di Uribe Vélez, è contrario alle raccomandazioni e agli obblighi internazionali dei diritti umani, che in Colombia non si adempiono, come hanno denunciato le Nazioni Unite.

Oltre alle firme individuali, la lettera aperta inizia da oggi ad essere firmata da organizzazioni di tutto il mondo solidali con le comunità e con le persone che difendono i diritti umani, minacciate di morte e di sterminio.
Per le adesioni alla lettera, trasmettere il messaggio alla direzione provvisoria:
cartabiertaUribe@latinmail.com

************************************************************************
Signor Álvaro Uribe Vélez Presidente della Colombia
Palacio de Nariño, Bogotà

Signor Presidente Uribe,

Noi che firmiamo questa lettera aperta, siamo accademici, ricercatori,
giuristi o interlocutori in fori di riflessione e azione sulla realtà del
mondo. Da anni ci giungono le voci delle innumerevoli e indimenticate
vittime della violenza sociale e politica che la Colombia vive. Le abbiamo
ascoltate e sappiamo della loro sofferenza. Molte le abbiamo accompagnate.
La loro testimonianza e le oggettive circostanze di ingiustizia che abbiamo
accertato, hanno permesso di approfondire la nostra conoscenza sulle cause
e sulle conseguenze di uno dei conflitti più laceranti nel pianeta.

Lo scorso 21 febbraio, si è compiuto uno spaventoso massacro a San José de
Apartadó, nell'Urabá, contro contadini, bambini e donne indifesi. Queste
persone umili sono state assassinate con la maggior sevizia: i loro corpi
sono stati squartati. È uno di quei crimini di lesa umanità incancellabili,
uno dei centinaia che militari e paramilitari commettono impunemente da
molti anni.

Lì è stato assassinato Luis Eduardo Guerra, fondatore di una Comunità di
Pace che conosciamo. Sabato 5 marzo è stata sequestrata, torturata e
assassinata Irma Areiza, della Comunità di Dabeiba. Allo stesso modo, il 29
gennaio è stato assassinato il leader della Comunità di Jiguamiandó, Pedro
Murillo. Le tre persone, oltre ad essere state promotrici di resistenze
civili in queste meritorie Comunità, erano testimoni diretti dei crimini
della strategia paramilitare nella stessa regione. Allo stesso tempo,
persone come Javier Giraldo, sacerdote gesuita che conosciamo da anni,
altri membri della Commissione Interecclesiale di Giustizia e Pace e ancora
altri difensori di queste Comunità, con i quali siamo in contatto per il
loro lavoro a favore dei diritti umani, sono stati minacciati o accusati da
organismi statali repressivi di appoggiare o di essere membri della
guerriglia.

Il Suo Governo, invece di chiedere perdono pubblicamente e rettificare, ha
reiteratamente minacciato e ordinato la fine di queste Comunità,
annunciando che le truppe, che hanno sistematicamente aggredito e
assassinato, occuperanno militarmente le terre di queste popolazioni,
annullando il loro principio di neutralità nel conflitto e assicurando in
questo modo la spoliazione di questi territori e titoli di proprietà
collettivi, che già da tempo vengono violentemente usurpati da selvaggi
progetti economici. Abbiamo già ben chiaro, Signor Presidente Uribe, con
tutti gli elementi di giudizio, precedenti e posteriori al massacro, che è
stata presa la decisione di annichilire questa valorosa e degna esperienza
di costruzione sociale dei valori dell' umanità, che il Suo Governo non è
disposto a condividere, come Lei stesso ha chiaramente espresso nei suoi
discorsi di attacco alla Comunità, uno di questi il 27 maggio del 2004, e
alcuni giorni fa, il 20 marzo del 2005, in un consiglio di sicurezza, nella
stessa zona dove è stata commessa tale scellerata strage. In quest'ultima
occasione, Lei ha riferito che "leader, patrocinatori e difensori" delle
Comunità servono alla sovversione o al terrorismo. Intanto, convergono
terrificanti minacce, nel Cacarica e a Jiguamiandó quest'ultima settimana,
come lo scorso martedì 29 marzo a Bogotà, con annunci anonimi di assassinio
dei membri di Giustizia e Pace.

La tragedia colombiana ci commuove e interpella eticamente. Il silenzio e
l'omissione ci appaiono terribilmente complici. Non condividiamo
l'obiettivo di tergiversare la realtà, come si pretende quando si vuole
mantenere l'assurda tesi di negare l'esistenza del conflitto, calpestando
la memoria delle vittime e attaccando coloro che cercano di seminare la
speranza nel mezzo di una guerra cruenta. Questo meccanismo e altri di
falsificazione, operano a favore dell'impunità che il Suo Governo sta
consolidando. Desideriamo vedere la Colombia in Pace e in Giustizia. Che
non ci sia né un morto né un desaparecido in più. Che nessuna persona sia
detenuta o minacciata per la sua lotta per la verità, la giustizia e la
riparazione.

Rendiamo direttamente responsabile il governo che Lei presiede, Signor
Uribe Vélez, se questo continua a succedere, o se qualcosa di più grave
dovesse accadere, alle persone di Javier Giraldo, dei membri della
Commissione Interecclesiale di Giustizia e Pace o degli altri difensori dei
diritti umani o dei membri delle Comunità di pace e resistenza che loro e
altre organizzazioni accompagnano, come la Comunidad de Paz di San José de
Apartadó, la Comunidad de Vida y Trabajo La Balsita di Dabeiba, le zone
umanitarie delle Comunità di Autodeterminazione, Vida y Dignidad del
Cacarica, del Jiguamiandó, e di Familias de Curvaradó.

Esistono sufficienti prove che ci confermano che loro sono in reale
pericolo per l'efficacia morale del loro esempio. Facciamo questo
rispettoso appello, condiviso da centinaia di persone in tutto il mondo,
affinché Lei rifletta e tale strategia si fermi.

Attentamente,

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