Latina

Nicaragua: i bananeros rompono le trattative con il governo

Durante il pomeriggio di martedì 12 aprile si sono rotte le trattative tra governo e settori in lotta
13 aprile 2005
Giorgio Trucchi

La terza riunione della Commissione Interistituzionale era prevista all'interno dell'edificio del Ministero della Sanità (MINSA), a parecchi chilometri di distanza dall'accampamento dove, da ormai 43 giorni, sono accampati bananeros e cañeros.
Alla riunione sono intervenuti anche i settori degli afectados por el Nemagòn ancora legati allo studio legale di Walter Gutierrez.
Al contrario della volta scorsa quando avevano partecipato solo tre persone, si sono presentati questa volta in un folto numero, tra cui persone che nulla avevano a che fare con il Nemagòn o che non erano firmanti degli Accordi del Raizòn (ricordo che l'accordo raggiunto la volta scorsa era che all'incontro di oggi e in quelli futuri avrebbero partecipato solo i firmanti dell'accordo del 2004).
La strategia dietro a tutto questo era l'evidente tentativo di rallentare i lavori e lentamente inserire sempre più gente, per avere il sopravvento all'interno delle trattative sui settori che stanno lottando a Managua.
Dopo una breve consultazione tra bananeros, cañeros e società civile, si è deciso di riproporre alla Ministra della sanità e presidente della Commissione Interistituzionale, Margarita Gurdiàn, di accettare la presenza solo dei firmanti del Raizòn.
Tale proposta ha fatto scaturire una violenta reazione da parte dei gruppi di Gutierrez che hanno chiaramente detto che non sono disposti a subire ricatti e diktat da parte di Victorino Espinales e che loro avevano un piano di richieste personali che volevano discutere con il governo. foto di Giorgio Trucchi


Benjamìn Chàvez, giornalista e portavoce di Gutierrez, ha anche aggiunto che a loro non importava la presenza di giornalisti chele o della solidarietà internazionale (ogni riferimento è casuale...).
Presa tra due fuochi, la ministra Gurdiàn ha quindi deciso ufficialmente che all'interno della negoziazione sarebbero solo rimaste le persone firmanti degli Accordi del Raizòn e quindi ha invitato tutti gli altri ad uscire dalla sala.
Per i gruppi in lotta davanti alla Asamblea Nacional sarebbe stato un successo, anche se alcuni di loro sarebbero dovuti uscire (misura comunque già pianificata e accordata), ma la cosa si è nuovamente bloccata quando la ministra ha voluto accettare solo la presenza del Centro Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh) come società civile invitando il Cisas, Centro Huboldt e il "signore italiano" a uscire dalla sala.
A questo punto i rappresentanti dei settori in lotta si sono opposti fermamente, in quanto la presenza dei gruppi della società civile è uno dei 19 punti delle richieste e che questa presenza nulla aveva a che fare con le trattative, ma era solo uno strumento di verifica e testimonianza di quanto avveniva durante le negoziazioni.
Di fronte all'intransigenza della ministra, che a tratti ha anche fatto trasparire una certa insofferenza verso le nostre organizzazioni, i bananeros e i cañeros si sono alzati ed hanno rotto le trattative.
La cosa più grave è avvenuta dopo quando, i rappresentanti dei settori in lotta, sono stati lasciati a piedi senza fornirgli il mezzo di trasporto che li aveva accompagnati fin lì.
Si sono quindi incamminati con la prospettiva di percorrere almeno 10 chilometri per tornare all'accampamento e la cosa si è risolta grazie a una colletta che ha permesso il pagamento di un taxi e alla mia macchina in cui siamo saliti in sette.
Un atteggiamento vergognoso che verrà denunciato durante la giornata di mercoledì 13 aprile in conferenza stampa.

Tornati nella Ciudadela del Nemagòn, i delegati si sono riuniti con gli altri responsabili per aggiornare sulla situazione e per preparare un'assemblea generale con le migliaia di persone presenti nella Ciudadela.

Migliaia di mani alzate che confermano l'impegno a continuare la lotta

Durante l'assemblea, che come sempre quando si devono prendere delle decisioni importanti è partecipatissima e si vota per alzata di mano, ha preso la parola Victorino Espinales, presidente della Asotraexdan.
"Si sono rotte le negoziazioni, ma era una cosa che ci aspettavamo. Durante questi ultimi giorni avevamo avuto informazioni che il governo e deputati si stavano mettendo d'accordo per non darci risposte concrete, lasciarci qui nell'accampamento in attesa dell'arrivo delle piogge che, secondo loro, ci obbligherà a tornarcene a casa. Dovete quindi prepararvi a quest'eventualità ed oggi dovremo decidere che cosa fare. Chi resterà con noi e chi vorrà andarsene.
Con quelli che resteranno lotteremo per i nostri diritti, perché ce li siamo guadagnati e non li vogliamo perdere.
Noi come dirigenti resteremo qui, anche se alla fine resteremo con cento persone. Solo voi potete decidere che cosa fare.
Voglio fare un paragone storico. C'era un uomo chiamato Augusto Sandino. Durante la guerra contro l'invasione nordamericana la situazione stava diventando molto dura. Molti dei suoi uomini erano ormai stanchi, sfiniti. Durante una riunione in un posto che si chiamava El Jicaro, vicino a Jalapa nella Segovia, Sandino disse ai suoi uomini che chi non se la sentiva più di continuare poteva andarsene, ma che lui sarebbe rimasto a morire in guerra con quelli che restavano. Rimasero solo in 29, ma dopo otto giorni circa 8 mila uomini erano già tornati e a questi se ne erano aggiunti altri 8 mila. Si erano resi conto che a casa stavano perdendo il loro tempo e spero che a nessuno di voi succeda la stessa cosa.
La rottura delle negoziazioni non cambia nessuno dei nostri obiettivi. Sapevamo già le intenzioni di questo governo.
Oltre a questo ci siamo resi conto di un'altra manovra che è stata messa in moto dal "gruppo dei sette" (legati a Walter Gutierrez). Si sono presentati oggi con più gente, molta della quale non c'entrava nulla con la riunione e quindi abbiamo imposto la condizione storica che nelle negoziazioni accettiamo solo la gente che ha firmato gli Accordi del Raizòn.
Abbiamo convinto la ministra ad accettare questa posizione, ma lei ha cercato di darci un colpo mortale buttando fuori i nostri alleati che è la società civile che ci sta appoggiando dall'inizio.
Se avessimo permesso questo sarebbe stato un colpo durissimo perché i nostri alleati sono i garanti a livello nazionale ed internazionale di quello che firmeremo alla fine di queste negoziazioni. Per questo motivo ci siamo alzati e siamo usciti.
Nei prossimi giorni la ministra ci chiamerà sicuramente perché per il governo il problema siamo noi e non il gruppo dei sette. Siamo qui a Managua e siamo la forza determinante in questo momento.
Ci sono già una serie di attività previste e cominceremo ad attuarle a partire da domani.
Varie organizzazioni porteranno il loro appoggio a questa lotta, come la UNAN di Leòn e Managua, i compagni e le compagne di Matagalpa che verranno a manifestare contro il CAFTA e che si uniranno alla nostra lotta e sabato si terrà un concerto con vari gruppi che ci porteranno la loro solidarietà.
Voglio concludere dicendo che ora sta alla coscienza di ognuno di voi decidere che cosa fare, se restare a lottare o abbandonare questa trincea.
Non ci prenderemo responsabilità su questo. Pratichiamo la democrazia ed accetteremo la decisione che prenderete in questa grande assemblea, perché è la cosa più bella che possiamo fare.
Mettiamo quindi a votazione per vedere su chi possiamo contare nel proseguimento di questa lotta.
Valutate che questa lotta, con la situazione che si è verificata oggi, andrà molto più in là di quello che pensavamo.
Immaginate che il nostro obiettivo lo tenevamo a 4 chilometri e che ora si è allontanato a 6 chilometri. Chi di voi è disposto a camminare questi chilometri in più? Fatevi questa domanda e rispondete in base alla vostra coscienza.
Passiamo alla votazione. Alzi la mano chi vuole rimanere qui a lottare (si alzano migliaia di mani).
Continuiamo quindi fino alla fine. Grazie a tutti".

Dopo la fine dell'assemblea che ha ribadito il fermo proposito di arrivare fino in fondo a questa lotta, la gente è ritornata nelle proprie tende.
Da domani si inizieranno una serie di attività di pressione per costringere il governo a tornare al tavolo delle trattative alle condizioni che i settori in lotta hanno proposto.

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