Il Senato messicano elimina la tortura e la pena di morte dalla Costituzione
Alcune settimane fa il Senato messicano aveva cancellato dalla Costituzione pena di morte e tortura, addirittura con 79 voti a favore e 2 contrari. Se la pena di morte era in realtà già sparita di fatto da tempo dall'ordinamento messicano (l'ultima esecuzione risale al 1961), le pratiche di tortura invece continuano a persistere, nonostante la decisione del Senato sia stata pubblicizzata come un atto che indicava una grande evoluzione dello Stato in materia di diritti umani.
In realtà si tratta soltanto della sacrosanta cancellazione di pratiche profondamente lesive del rispetto dei diritti della persona, che purtroppo però continuano a persistere in certi stati del Messico, è il caso del Guerrero, insieme alla sparizione forzata.
"La Jornada" ha denunciato che negli ultimi 15 anni sono stati almeno venti i casi di persone tratte in arresto dalla Polizia Giudiziaria e Preventiva e scomparsi nel nulla, nonostante l'impegno dell'Associazione dei Familiari dei Detenuti Desaparecidos e delle Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico. A finire sotto accusa è stata la Fiscalìa Specializzata per i Movimenti Sociali e Politici del Passato, che secondo gli attivisti per i diritti umani non avrebbe risolto alcuno dei numerosi casi presentatisi durante gli ultimi tre anni.
"Tortura e sparizioni" – ha dichiarato il presidente del Centro dei Diritti Umani Abel Barrera Hernandez – "sono dovute a due ex direttori della Polizia Giudiziaria, Jaime Figueroa ed Edilberto Solìs Ramirez", ma le fazioni parlamentari si sono sempre rifiutate di occuparsi del problema, arrivando non solo a rifiutare la proposta di approvazione di una legge speciale sulla sparizione forzata, ma anche a classificare la desapariciòn come reato grave.
L'eliminazione della tortura dalla Costituzione si configura quindi come una decisione di facciata, ma è tutto il sistema giudiziari messicano a destare non poche perplessità. Basti pensare all'arresto arbitrario di cinque campesinos in occasione degli scontri avvenuti nel municipio di Tila (Chiapas) lo scorso 15 Febbraio. Con il pretesto di risolvere un conflitto post-elettorale a Tila la Polizia era intervenuta arrestando 49 indigeni, di cui 5 sono stati trattenuti per poco più di un mese nonostante non avessero commesso alcun reato. Appartenenti al Coordinamento Regionale Nord-Selva della Società Civile in Resistenza, i cinque contadini hanno trascorso il mese di detenzione in una "casa di sicurezza" ed ora hanno deciso di presentare una denuncia per "reati commessi da funzionari pubblici". "Credo che per il bene dello stato del Chiapas non possono continuare ad accadere fatti come questi: operazioni di polizia dove invece di arrestare uno, ne arrestano un altro che è innocente e lo danneggiano fisicamente e psicologicamente, oltre a fargli perdere un mese di lavoro. Per questo è giusto che ci sia una sanzione per quelli che hanno ordinato questo tipo di operazione e per quelli che l'hanno eseguita", ha denunciato il portavoce della Società Civile in Resistenza.
Il Senato messicano ha inteso cancellare definitivamente pratiche come la tortura dichiarate ufficialmente decadute, ma che in realtà continuano a mantenersi ben radicate soprattutto nei casi in cui vige di fatto l'impunità a livello giudiziario e le stesse autorità sono spesso coinvolte in episodi poco chiari, come dimostrano gli abusi di Tila e il ruolo ambiguo giocato dalla Fiscalìa Specializzata per i Movimenti Sociali e Politici del Passato in relazione alle sparizioni nel Guerrero.
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