Latina

Cosa c'è dietro la condanna di Cuba

Pewr l'ennesima volta la comissione dei Diritti Umani dell' ONU, riunita a Ginevra, ha condannato Cuba: questo è il punto di vista di un intellettuale cubano
18 aprile 2005
Aurelio Alonso Tejada (Sociologo cubano del Dipartimento di studi socio-religiosi del Centro de investigaciones psicologicas y sociologicas dell'Avana)
Fonte: Il Manifesto


Un dibattito squilibrato e anacronistico In realtà l'annuale condanna alla Commissione di Ginevra per i diritti umani nasconde un altro obiettivo, quello vero: vogliono toglierci la sovranità e altri diritti conquistati, nonostante i molti problemi che restano da risolvere, negli anni della rivoluzione. E il bersaglio non è solo l'isola di Fidel Castro
*
Un'altra volta, come ogni anno, si è discusso a Ginevra sui diritti umani. Sono i rappresentanti dei 53 paesi che si suppone debbano valutare e giudicare le cose che dobbiamo avere o che si vuole che abbiamo in materia di libertà e diritti. Per questo si suppone che ci si metta d'accordo e ci si ritrovi nel mondo, e non per giustificare il fatto che ci si voglia togliere quel poco che abbiamo ottenuto. Invece è questo controsenso quel che è successo e succede ogni anno con Cuba, e sicuramente in qualche misura con altri paesi, nella Commissione che si riunisce a Ginevra.

Quello che vogliono togliere a Cuba è lo stesso che non vogliono che abbiano altri, in America latina e nel resto dei paesi periferici del mondo.

Che non abbiano una sola persona che debba coricarsi la sera senza mangiare, anche se non è che si mangi bene tutti i giorni o che si possano gustare prelibatezze gastronomiche.

Che non abbiano un malato che sia privato dell'attenzione medica e dei mezzi di prevenzione, anche se l'equipaggiamento magari è insufficiente, se la mancanza di risorse pesi e la scarsità di medicamenti obblighi a dei razionamenti scomodi. Che non abbiano chi sia senza un tetto sotto cui ripararsi e un luogo per dormire, anche se è frequente che due o più famiglie debbano dividere gli spazi di una e che il deterioramento delle abitazioni sia notevole in quanto la capacità di costruzione non arriva a soddisfare una domanda crescente.

Che non abbiano neanche una famiglia che non possa mandare a scuola i suoi figli, dalle elementari fino all'università, senza trovarsi di fronte alla necessità di dovergli far interrompere gli studi per mandarli sul mercato del lavoro a contribuire, sia pure in modo precario, alla sussitenza familiare.

Che non abbiano un cittadino o cittadina in età lavorativa senza la possibilità di avere un impiego remunerato, anche se i salari riescono a garantire solo livelli di vita molto austeri.

Che non abbiano neanche una famiglia, per quanto umili siano le sue condizioni di vita, privata del diritto a un funerale decente per i suoi cari, senza che il business della morte la costringa a indebitarsi per anni. Che non ci sia nessuno costretto a vivere nelle convulsioni di finanze domestiche che non quadrano mai, senza sapere se potrà pagare le spese mediche, la scuola per i figli, l'affitto della casa, il pane di ogni giorno e il funerale della nonna.

Potrei continuare negli esempi ma non ce n'è bisogno. Voglio solo mostrare il peso di quello che ci si vuole togliere e di quello che ci si vuole dare, perché la risoluzione che anno dopo anno i rappresentanti del più superbo e abusivo dei poteri imperiali della storia umana fanno votare contro Cuba, pretende di dare ai cubani qualcosa che gli manca e nasconde invece le vere intenzioni. Quelle di togliergli quel che sono riusciti già a conquistarsi. Non solo senza il loro aiuto bensì nonostante gli ostacoli e le aggressioni a cui li hanno sottoposti per quasi mezzo secolo.

Dà molto dolore, e anche molta vergogna, vedere a Ginevra certi rappresentanti di paesi costretti a soffrire perfino il flagello della fame, piegarsi alle pressioni degli Stati uniti per condannare il sistema cubano. Paesi che anno dopo anno votano nell'Assemblea generale dell'Onu la fine del blocco nordamericano contro Cuba e tuttavia a Ginevra non sanno resistere alle umilianti pressioni cui sono sottoposti e finiscono per dare il loro voto all'infame scaramuccia egemonica messa in piedi dall'impero.

Come se non si vedesse benissimo quel che si vuole togliere a Cuba, e che non si vuole che gli altri abbiano. Perché al fondo quella condanna di anno dopo anno non è diretta solo contro Cuba. E direi neanche principalmente contro Cuba. Essa è diretta contro un insieme di paesi sttomessi a uno stato di dipendenza per i cui popoli l'impero ha decretato da tempo che non ci siano opportunità di giustizia, di sicurezza, di equità, di pace. Per questo è assai triste vedere che i rappresentanti di molti di quei paesi finiscano per allinearsi contro i loro stessi interessi, e non solo contro Cuba.

Non voglio neanche sostenere che a Cuba non ci siano delle manchevolezze, sia sul piano materiale sia sul piano istituzionale. Però quel che non si può neanche accettare è la discussione a partire dall'agenda di chi vuole privarti di tutto. Specie quando è proprio, in fondo, contro quell'agenda che si è votato a stragrande maggioranza ogni anno nell'Assemblea generale dell'Onu senza che l'impero ne tenga minimamente conto. A Cuba non possono denunciare l'esistenza di crimini politici, torture, desaparecidos, una gamma di violazioni in cui incorrono i nostri accusatori, senza poter neanche più nasconderle. E allora non hanno altro argomento che spostare l'attenzione sui casi, pur se molto controversi, delle restrizioni alla formazione di un'opposizione organizzata.

La sproporzione di questa agenda mette in evidenza che la prima cosa che ci vogliono togliere è la sovranità. E naturalmente si tratta anche di qualcosa di cui non si vuole che gli altri fruiscano. Di fatto, si tratta di qualcosa di cui non vorrebbero che nessuno fruisca più, neppure i loro principali alleati. La visione della sovranità che solo ammette un sovrano, come dimostra la strada che va dal Kossovo all'Iraq.

Questo è un dibattito che non si limita a Ginevra e al caso di Cuba. Ginevra deve cambiare. L'agenda del dibattito sui diritti umani deve cambiare, perché negli ultimi anni la mappa della resistenza sta allargandosi e quel che fa la Commissione di Ginevra è diventato anacronistico.

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