Nicaragua: la firma degli accordi
Verso le 9 di mattina la Ciudadela del Nemagòn è già in fermento.
Dopo l'annuncio di ieri il clima è diventato di festa e la gente ha dormito poco.
Tra poche ore, migliaia di bananeros e cañeros potranno tornare a casa con un risultato importante.
Dopo un'estenuante trattativa durata più di settanta giorni, durante i quali sono morte persone, altre sono dovute ritornare a casa per il peggioramento della situazione fisica ed altre ancora sono in ospedale, la Commissione dei settori in lotta ha finalmente raggiunto un accordo con il Governo e si appresta a firmare questi Accordi Preliminari.
Per la gente è un'occasione per fare festa, per alleggerire le tensioni e per condividere questo momento con le organizzazioni della società civile che hanno accompagnato l'intero processo delle negoziazioni.
C'è confusione nella Ciudadela del Nemagòn, ma una confusione sana. La gente gira senza una meta precisa e sorride come non mai. Accanto al "Puesto de mando", il magazzino dove da due mesi e mezzo centinaia di persone responsabili dei vari gruppi (capitanes) fanno la fila per ricevere l'alimentazione da distribuire poi alla propria gente, la champa de la solidaridad y dignidad è in piena attività.
Musica, balli, canti, giochi e un fermentare di emozioni ed agitazione.
Mi si avvicina una donna e mi saluta, mi prende sottobraccio come aveva fatto ieri un'altra donna all'uscita dalle negoziazioni per portarmi fino a dove si sarebbe svolta l'assemblea alle 11 di sera, e mi scongiura di farle una foto per poter ricordare questi momenti.
Poco più in là incontro Victor, sempre presente in qualsiasi mobilitazione dei bananeros.
Lui resterà con i 300 bananeros che non se ne andranno e che resteranno per mantenere la pressione sul governo, affinché rispetti ciò che oggi firmerà e soprattutto per portare avanti la lotta nei confronti dell'insensibilità della Asamblea Nacional.
Mi chiede di venire domani per la partenza perché vuole darmi un'intervista in cui rimarcare quanto è stato importante la nostra presenza in tutti questi anni.
C'è affetto nelle sue parole e una specie di legame indefinito. Un contatto che va aldilà della lingua, della cultura e delle radici e che si fonda sul sentirsi parte di una stessa lotta.
Non so se veramente debbano essere loro a ringraziarci. Dovremmo essere noi a ringraziare tutta questa gente, perché danno una dimostrazione al mondo intero di come si può e si deve rischiare sulla propria pelle per far valere i propri diritti negati. Ci hanno insegnato e continuano a farlo, giorno dopo giorno, con il loro esempio.
Hanno messo in gioco tutto, anche la propria vita e ci stanno insegnando che cosa voglia veramente dire "andare fino in fondo", lottare per qualcosa che ritengono giusto, organizzarsi in modo incredibilmente perfetto, ordinato e disciplinato per raggiungere insieme uno scopo, che è lo scopo della propria vita. Il resto non conta e anche le difficoltà si vivono senza agitazione.
Proprio ieri, durante una pausa delle negoziazioni, Juan mi raccontava ridendo a più non posso le peripezie della gente ogni mattina per poter andare in bagno o farsi la doccia.
Si alzano verso le tre e mezzo o quattro del mattino per poter essere pronti alle 6.
File lunghissime, centinaia di metri, davanti alle letrine e poi un'altra fila per farsi la doccia (essenziale e vitale per poter sopportare il sole di questa fine d'estate).
Ore di coda, diceva, mentre nel buio si sente il primo odore di caffè. Café del amor lo chiama la donna che tutte le mattine alle 3 e mezza si apposta in un angolo della ciudadela e comincia a gridare a squarciagola che il caffè è pronto.
In mezzo alla gente che cammina e che finge di avere qualcosa da fare, mentre l'unica cosa che conta oggi è l'aver portato il governo qui, in mezzo alle tende di plastica nera, ai vestiti sdruciti ed ai visi stanchi di troppi giorni passati sotto le stelle, cominciano a intravvedersi le facce dei ministri e delegati del governo.
Vestiti puliti, camice bianche, qualche cravatta, cellulari che si sprecano. Tutti criollos, bianchi, classe dominante. Non si fa fatica ad individuarli mentre formano capannelli tra di loro.
Anche per loro è un giorno importante. Stanno realizzando quanto ha ordinato il loro capo, il Presidente.
"Firmate, fate in modo che questo sia un momento importante per il governo, cercate che dichiarino la loro soddisfazione per il mio operato e fateli andare via, perché le prossime settimane saranno molto calde" deve essere stato il messaggio del Presidente Bolaños.
L'accelerazione delle negoziazioni delle ultime settimane e la condiscendenza della Commissione governativa che ha praticamente accettato la maggior parte dei punti proposti dai settori in lotta desta più di un sospetto, ma l'importante è che oggi questi accordi vengano firmati, vengano seguiti e controlati punto per punto e che vengano rispettati.
"Se poi questo porta acqua al mulino del governo non c'interessa, l'importante è che stiamo risolvendo in modo trionfante la prima parte di questa lotta" devono invece aver pensato i leader dei bananeros.
Il governo, che aveva progettato una cerimonia pomposa all'interno della Casa Presidencial, ha dovuto sporcarsi le mani e non solo quelle e scendere un po' all'inferno.
Per loro la Ciudadela del Nemagòn è qualcosa che nemmeno possono spiegarsi, nemmeno possono arrivare ad immaginarsi, non ci sono mai passati e non ci passeranno e sicuramente non lo faranno nemmeno i loro figli. E' però una realtà che esiste ed è la realtà di oltre il 70 per cento dei nicaraguensi che devono vivere con meno di due dollari al giorno.
Oggi sono comunque stati costretti a venire qui e si sono installati sul palco (un camion scoperto), assiepati e sudati, come le migliaia di persone che guardavano da sotto, con gli occhi lucenti e i visi bruciati dal sole e quelle mani che vivono della terra, attraversate da linee profonde, come i solchi che tracciano nei campi prima di gettare quel seme che darà la vita al mais di cui i loro avi pensavano fosse fatto l'essere umano.
La cerimonia si svolge sotto un sole battente, a tratti oscurato dalle nuvole di questo inizio di inverno che però tarda ad arrivare.
L'inno nazionale, una bandiera che sventola alle spalle delle persone sul palco, migliaia di occhi che fissano in silenzio, la lettura dei 21 punti che compongono gli Accordi Preliminari.
Applausi quando si parla della sanità gratuita, del programma "Libbra per libbra" che gli darà sementi migliorate (la società civile ha già deciso che controllerà queste sementi per evitare la diffusione di semi transgenici), dei passaporti per i loro compagni e compagne che andranno negli Stati Uniti per dichiarare al processo contro le multinazionali, delle analisi delle falde acquifere e delle acque in superficie, delle pensioni che stanno già ricevendo i cañeros malati d'insufficienza renale cronica e le vedove di chi non c'è più.
Mentre viene distribuito ai mezzi d'informazione il comunicato che descrive l'operato della solidarietà internazionale in questi quasi tre mesi di sostegno alla lotta dei bananeros e cañeros e il messaggio, sottoscritto da numerosi senatori italiani, di pressione ai deputati nicaraguensi affinché ascoltino le grida di dolore di queste migliaia di persone, prende la parola la Ministra della Sanità, Margarita Gurdiàn che presiede la Commissione Interistituzionale.
Un discorso che ha l'obiettivo di esaltare la figura del Presidente Bolaños (viene letta anche una lettera che ha inviato da Washington dove sta trattando con Bush e gli altri presidenti centroamericani l'approvazione del Cafta) e quella del governo. Uno spot pubblicitario che è passato velocemente, così come era iniziato.
È' comunque giusto riconoscere che la Ministra Gurdiàn ha gestito la Commissione in un modo molto efficiente, facendo trasparire un interesse anche personale nel cercare di risolvere la situazione dei bananeros.
I discorsi che sono seguiti e la consegna pubblica dei primi 36 passaporti e dei carnet che permetteranno l'identificazione delle persone che avranno accesso gratuito alla sanità, non hanno apportato niente di particolarmente rilevante, mentre si notava sempre di più la fretta delle persone del governo che non hanno fatto firmare tutte le persone elencate negli accordi (rincorrendole più tardi una volta finita la cerimonia) e che hanno in pratica impedito al dirigente bananero Manuel Hernandez di leggere il comunicato della solidarietà internazionale.
Per ultimo ha preso la parola il presidente della Sssociazione degli ex lavoratori del banano (Asotraexdan), Victorino Espinales, che ha sferrato un duro attacco al Parlamento nicaraguense e all'insensibilità dei deputati che, dopo più di settanta giorni, non hanno trovato ancora il tempo o come è più probabile, la voglia e l'interesse, di parlare con loro.
Il resto del discorso è rimasto sulla falsariga di quelli precedenti, con grandi elogi per il comportamento del governo, la fiducia che rispetteranno quanto firmato e un accenno al fatto che se il governo non rispetterà la parola, i bananeros sono già pronti a tornare a Managua in massa.
Molto più forti le dichiarazioni de los afectados, molti dei quali non hanno fiducia nel governo e nel presidente Bolaños che già l'anno scorso li ha ingannati firmando accordi mai rispettati.
Comunque vadano le cose, la presenza dei bananeros a Managua non finisce qui.
Resteranno in 300 a presidiare l'accampamento e continuerà il dialogo con il governo sui punti che mancano e su quelli ancora in via di definizione.
Dovranno inoltre rompere il muro di silenzio della Asamblea Nacional con cui dovrà necessariamente trattare per poter ottenere alcuni dei punti fondamentali delle loro richieste come la Pensione vitalizia per i bananeros, la riforma della Legge 456 per far sì che l'insufficienza renale cronica venga riconosciuta come malattia professionale, la Riforma al Bilancio della Repubblica per avere i fondi necessari per la copertura sanitaria totale e l'inclusione di un nuovo paragrafo alla risoluzione dello scorso anno in cui si direbbe che "la Legge 364 (Legge speciale per la difesa dei diritti delle persone ammalate a causa del nemagòn) non verrà abrogata né riformata fino a che le persone ammalate non abbiano ricevuto i loro indennizzi".
Lo scoglio più duro è quindi ancora lontano e la lotta continua.
Me ne vado mentre le Toyotone (nome usato qui per chiamare le enormi jeep in possesso delle classi ricche nicaraguensi) dei membri del governo si allontanano.
La gente continua a camminare e a prepararsi per la partenza di domani 14 maggio.
Le tende resteranno immagazzinate qui, nel caso in cui fosse necessario un ritorno immediato.
Con la loro partenza diminuirà la pressione nei confronti delle istituzioni e quindi sarà ancora più necessario che la società civile e le organizzazioni a livello internazionale intensifichino la loro azione e pressione.
Sarebbe comunque stato impensabile far rimanere gente estremamente malata sotto le piogge dei prossimi mesi.
Un primo importante passo è stato fatto, ora arriva il percorso più difficile.
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