Nicaragua: seminario sul TLC
Durante le giornate del 19 e 20 maggio, a Managua si è svolto un importante Seminario dal significativo titolo "Investimenti stranieri, Trattati di libero commercio e il loro impatto sul Diritto al lavoro".
Promotrici dell'evento sono state alcune importanti organizzazioni per la difesa dei diritti umani e del lavoro come la Federación Internacional de Derechos Humanos (Fidh), il Centro Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh), la Plataforma Interamericana de Derechos Humanos, Democracia y Desarrollo (Pidhdd) e la Organización Regional Interamericana de Trabajadores y la Confederación Internacional de Organizaciones Sindicales Libres (Ciosl-Orit).
Il Seminario ha tracciato, attraverso due giorni di interventi, relazioni, esperienze dirette e lavori in gruppi, un'analisi sulla drammatica situazione dei diritti umani nel mondo e soprattutto in America Latina e una riflessione su come i nuovi modelli economici e gli strumenti che usano, come i Trattati di libero commercio, influiscano su di essi.
E' stato posto l'accento, come ha chiaramente esposto durante il suo intervento il Presidente della Fidh, Sidiki Kaba, su come "si pensa che i diritti umani abbiano valore solo se li consideriamo come universali e indivisibili. Senza diritti sociali, la libertà resta a un livello formale e senza libertà, i diritti sociali solo apportano dipendenza e condizionamento. Questo è il senso centrale del concetto di cittadinanza sociale, che permette all'individuo di partecipare pienamente alla vita politica della comunità, affinché i propri diritti civili, politici, economici e sociali siano pienamente vigenti. In questa prospettiva bisogna intendere la relazione tra la lotta contro la povertà e la lotta per i diritti umani. La promozione della dignità umana suppone che si garantisca l'effettività di tutti questi diritti e in modo specifico dei diritti economici e sociali. Lottare contro la povertà implica promuovere e proteggere i diritti alla previdenza sociale, alla protezione contro la disoccupazione, a una remunerazione dignitosa nel lavoro, a un livello di vita sufficiente per assicurare la sanità e il benessere della famiglia in concetto di alimentazione e casa, il diritto all'educazione, ai diritti sociali minimi. Riteniamo che nel contesto odierno di globalizzazione, i diritti economici, sociali e culturali vengono continuamente violati, in quanto questo modello economico è un'opportunità di ricchezza per i paesi del Nord e un fattore di esclusione, discriminazione, ingiustizia e povertà per la maggior parte delle popolazioni del Sud. Le privatizzazioni hanno creato esclusione ed hanno un effetto diretto sui diritti umani, perché hanno creato la mancanza di accesso alla salute, educazione, casa e servizi basici come acqua ed elettricità. Questi servizi, in mano a compagnie private, vengono gestiti con la solita ottica del beneficio dell'impresario. La democrazia e lo sviluppo non sono concetti inconciliabili. La prima deve garantire la libertà d'espressione e ideologia delle persone, ma deve anche assicurare una serie di diritti e uno sviluppo giusto che produca una ripartizione equa degli ingressi e benefici. Sviluppo e democrazia hanno quindi bisogno l'uno dell'altro. Un errore da non compiere è quello di legare la democrazia al sottosviluppo. Non è la democrazia che lo genera, ma sono i governi di turno che non si sforzano per diminuire l'iniquità Rispetto quindi ai Trattati di libero commercio, crediamo che quando avvengono tra paesi il cui sviluppo economico è molto diseguale generano effetti negativi per i più deboli, come nel caso dei trattati tra paesi o regioni dell'America latina e Stati Uniti. Per questi ultimi, l'unico obiettivo del proprio interesse è commerciale".
Durante la mattinata del 20 maggio, una delegazione delle organizzazioni presenti al Seminario, si è recata nell'accampamento dei bananeros ammalati per il Nemagòn per portare la propria solidarietà alla loro lotta.
La Fidh si è impegnata a portare il loro caso presso la Commissione Interamericana dei Diritti Umani e a diffonderlo presso i più di cento paesi a livello mondiale dove questo organismo è presente.
Alla fine del Seminario, le varie organizzazioni hanno emesso un comunicato congiunto come frutto del lavoro svolto e come strumento di pressione da presentare ai vari governi della regione.
La Dichiarazione finale del Seminario
Le organizzazioni sindacali, sociali e di difesa dei Diritti Umani, riunite dal 19 al 21 Maggio 2005 a Managua, Nicaragua in occasione della celebrazione del Seminario Internazionale "Investimenti Stranieri, Trattati di Libero Commercio ed Impatto sul Diritto al Lavoro", considerano necessario dirigersi alle società, paesi ed autorità pubbliche e private, per esprimere le seguenti conclusioni che rimangono raccolte in quella che da ora in poi si denominerà la "Dichiarazione di Managua"
Dall'esperienza di 15 paesi latinoamericani, abbiamo analizzato l'impatto negativo che queste politiche di promozione dell'investimento straniero e i Trattati di Libero Commercio hanno avuto sui diritti umani e sul diritto al lavoro. Nonostante le loro promesse, queste politiche non hanno generato occupazione che garantisca condizioni di vita dignitosa per le lavoratrici, lavoratori e le loro famiglie e hanno dimostrato incapacità di generare condizioni di superamento della povertà.
I paesi dell'America Latina continuano a caratterizzarsi per gli alti indici di povertà estrema e per i profondi livelli di esclusione e disuguaglianza sociale. Secondo la CEPAL[1], nelle sue stime per il 2005, i poveri e le povere in America Latina ammonterebbero a 222 milioni, di cui 96 milioni si troverebbero in condizioni di povertà estrema o indigenza, egualmente, la relazione aggiunge che "L'acuta concentrazione delle entrate si è convertita in uno dei tratti più distintivi della regione, quello che le è valsa il titolo di più arretrata del pianeta in materia distributiva."
"La povertà estrema è una violazione dei diritti più elementari della persona umana" ha affermato il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali, "la povertà costituisce una negazione dei diritti umani" [2].
Le politiche che hanno adottato i governi dei nostri paesi, ispirate al Consenso di Washington, con la loro sequela di programmi di aggiustamento strutturale, di privatizzazioni, di deregolamentazione lavorativa e del mercato, di crescita del debito estero, hanno contribuito ad approfondire la breccia tra ricchi e poveri ed aumentare il deficit sociale delle democrazie nel continente.
L'attuale modello economico promosso ed implementato nelle Americhe, esclude la maggioranza di latinoamericani e latinoamericane dal beneficio e godimento dei diritti umani e contribuisce all'estensione dell'estrema povertà. Lo stesso modello, ha dato priorità a un modello di integrazione dagli interessi delle grandi multinazionali e non delle persone lavoratrici. L'espressione più evidente di questo modello sono i Trattati di Libero Commercio e le politiche di promozione di investimenti, che si sono imposti nella maggioranza dei nostri paesi senza la necessaria consultazione e partecipazione delle persone coinvolte, rispetto alla loro convenienza o meno per risolvere i problemi di disoccupazione e povertà che si vivono nella regione. Lontani da un processo democratico e partecipativo, questi progetti vengono accompagnati da una dimensione militare che si manifesta per esempio mediante il Plan Colombia.
In questo senso è imprescindibile considerare l'impatto sui diritti umani delle politiche di libero commercio. Le esperienze dopo 11 anni del NAFTA, di 1 anno del Tlc Cile-Stati Uniti, i Trattati di Promozione e Protezione di investimenti in vari paesi, i Trattati dell'Unione Europea con Messico e Cile, più le attuali proposte del CAFTA, Tlc Andino e l'Alca permettono di evidenziare che:
- Ignorano il principio di primato dei diritti umani sugli interessi commerciali, in particolare i diritti lavorativi, i quali rimangono subordinati all'interesse del "commercio internazionale."
- Consolidano meccanismi legali internazionali di privilegi e garanzie per le multinazionali in detrimento delle imprese nazionali e promuovono la concorrenza sleale di economie con grado di sviluppo disuguale. Ciò attenta contro lo sviluppo dei principali settori produttivi della regione, avendo come conseguenza la perdita di migliaia di posti di lavoro nell'agricoltura, la piccola e media impresa, i servizi pubblici.
- Limitano la capacità degli Stati di definire politiche nazionali che permettano di orientare gli investimenti ed il commercio verso lo sviluppo regionale e verso la possibilità di creazione di occupazione stabile e dignitosa.
- Al contrario, delegano e subordinano la politica lavorativa alle necessità del capitale mobile transnazionale la cui logica di ribassare costi, impedisce la garanzia di lavori stabili e ben remunerati nella campagna e nella città.
- La scommessa di creazione di occupazione già sperimentata con le zone franche, maquilas, miniere, proprietà agricole ed altri tipi di investimento di enclave, conduce alla concorrenza tra paesi per offrire migliori "opportunità" alle imprese, la qual cosa si è concretizzata in pratiche di flessibilità e precarizzazione delle condizioni di lavoro che si traduce in violazioni ricorrenti dei diritti lavorativi tali come: libertà di organizzazione sindacale, limitazione della giornata di lavoro, previdenza sociale, ferie, salari, contratto lavorativo, negoziazione e contrattazione collettiva, pagamento di straordinari e condizioni di igiene e salute occupazionale. Situazioni che colpiscono in maniera speciale le donne.
- Promuovono le riforme legali e costituzionali che ignorano il carattere protettivo del Diritto del Lavoro, piegandosi alla logica commerciale che parte da un'ipotesi di concorrenza ad uguali condizioni, ignorando le relazioni asimmetriche e di potere intrinseco nelle relazioni lavorative. tale situazione colpirà la parte più debole che sono le lavoratrici e i lavoratori.
- In materia di protezione e riconoscimento dei diritti, il massimo che si è ottenuto è l'inclusione di clausole lavorative e/o sociali che sono un adendum ai Trattati e che risultano insufficienti per evitare il deterioramento dei diritti umani lavorativi che hanno potenziato.
- Si impongono tribunali decisionali sovranazionali che ledono la sovranità ed attentano al diritto internazionale pubblico e mantengono una logica di protezione degli interessi delle multinazionali e non dei paesi, dei consumatori, dei lavoratori e lavoratrici e nemmeno delle organizzazioni sociali.
- Viola sistematicamente i diritti umani nel momento in cui trasformano in merci accessibili solo per chi può pagarle, la sanità, l'educazione, la previdenza sociale, l'alimentazione, la cultura, la proprietà, le risorse naturali come l'acqua e la terra e colpendo soprattutto i gruppi vulnerabili come bambini, donne, popolazioni indigene e di discendenza africana.
- Provoca l'espulsione di uomini e donne verso altri paesi in cerca di migliori opportunità di lavoro e di vita. I lavoratori e le lavoratrici migranti e le loro famiglie svolgono, anche nei paesi dove emigrano, lavori precari, con condizioni di sfruttamento molte volte vicine ai lavori forzati. Sono inoltre vittime di xenofobia, discriminazione e persecuzione, essendo criminalizzati per la loro condizione di illegalità.
- Tutta questa situazione colloca le persone lavoratrici della nostra regione nella logica inumana di dover scelta tra difendere il Diritto ad un lavoro o difendere i Diritti lavorativi nel lavoro. Davanti a questa alternativa, le persone lavoratrici vengono spesso obbligate a rinunciare ai propri diritti di difesa del Diritto al Lavoro, che equivale a un grave attentato contro il principio di indivisibilità ed irrinunciabilità dei diritti umani.
Ricordando:
- Che gli Stati Americani, che fanno parte della Organizzazione degli Stati Americani, della Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell'Uomo e della Convenzione Americana sui Diritti Umani, hanno riaffermato il loro impegno di rispettare, proteggere e garantire tutti i diritti umani, intendendo che questi trovano il loro fondamento nella dignità umana e sono necessari per realizzare l'ideale dell'essere umano esente dalla paura e la miseria.
- Che il Diritto Internazionale dei diritti umani consacra chiaramente il primato dei diritti umani, riconosciuti dagli Stati, su qualunque altro trattato internazionale e sulle norme nazionali. Questa prelazione è stata riconosciuta dagli Stati nella Costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite del 1948 e nella Dichiarazione di Vienna del 1993.
- Che gli Stati si sono impegnati a compiere i loro obblighi internazionali di rispetto, protezione e realizzazione dei diritti lavorativi e derivati dalla condizione di lavoratori e lavoratrici; riconosciuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Patto Internazionale di Diritti Economici Sociali e Culturali, la Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell'Uomo, il Protocollo di San Salvador, gli Accordi dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Dichiarazione relativa ai Principi e Diritti Fondamentali nel Lavoro.
- Che i paesi firmanti degli Strumenti Internazionali di protezione dei diritti umani, hanno l'obbligo di garantire il diritto di ogni persona ad un livello di vita adeguato, il diritto fondamentale di ogni persona ad essere protetta contro la fame ed il diritto ad avere un lavoro in condizioni giuste e soddisfacenti.
Riaffermando che lo Stato è il garante di rendere effettivo il primato di tutti i diritti umani, e che non può evadere il suo obbligo a far valere la sua prevalenza di fronte a qualunque altro interesse e condividendo l'affermazione che "le politiche di lotta contro la povertà hanno più possibilità di essere efficaci, giuste e con senso per chi vive nella povertà se si basano sui diritti umani universali", facciamo un appello generale ai Governi delle Americhe affinché si astengano dal continuare a programmare Trattati di Libero Commercio e di Promozione e Protezione degli Investimenti, per essere contrari al Diritto al Lavoro, ai Diritti lavorativi, ai diritti umani integrali e allo sviluppo sostenibile, e rivedano e denuncino quelli già esistenti.
In contrapposizione, li sollecitiamo a:
- Ratificare tutti gli Accordi Internazionali che consacrano i diritti e le garanzie dei lavoratori e la loro effettiva applicazione, ricorrendo all'adeguamento della normativa interna necessaria per ottenerlo. In modo particolare, si chiede ai governi di ratificare gli Accordi 87 e 98 dell'Organizzazione Internazionale del lavoro (OIT) ed il Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione Americana in materia di Diritti Economici, Sociali e Culturali, Protocollo di San Salvador.
Ugualmente, esortiamo i governi degli Stati Uniti e Canada, a ratificare il più presto possibile la Convenzione Americana sui Diritti Umani, il loro Protocollo aggiuntivo ed il Patto Internazionale di Diritti Economici, Sociali e Culturali (PIDESC).
- Ratificare continentalmente gli Accordi 97 e 143 della OIT sui Lavoratori Migranti e la Convenzione Internazionale sulla Protezione di tutti i Diritti dei Lavoratori Migranti.
- Rafforzare il Sistema Interamericano di Protezione, specialmente la Commissione e Corte Interamericane dei Diritti Umani, garantendo il loro funzionamento permanente ed il compimento effettivo delle loro decisioni. Questo implica per gli Stati, l'assegnazione delle risorse sufficienti a questi organi che permettano loro di compiere le loro funzioni di promozione e protezione effettiva dei diritti umani nel continente americano.
- Adottare misure legislative, amministrative e giudiziali, con l'obiettivo di permettere di godere di un lavoro in condizioni giuste e soddisfacenti, nelle campagne e nella città, rinforzando la Carta tutelare del Diritto del Lavoro ed abbandonando la tendenza alla flessibilizzazione e deregolamentazione delle relazioni lavorative che hanno precarizzato le condizioni di lavoro nella regione. Su questi temi, si sollecitano i Governi ad implementare politiche normative comuni orientate a riconoscere in modo universale ed ugualitario, i diritti di tutte le persone che si trovino nei territori dei propri paesi, indipendentemente dalla loro origine nazionale, razziale, etnica e culturale.
- Implementare sanzioni efficaci e dissuasive affinché gli impresari si compromettano al rispetto dei diritti e garanzie dei lavoratori, in modo particolare gli obblighi economici ed amministrativi affinché i lavoratori possano godere di una previdenza sociale e dei fondi pensione in conformità alla legge.
- Promuovere accordi intergovernativi tendenti ad ostacolare la migrazione delle imprese senza che previamente sia stato certificato che hanno compiuto con i loro obblighi lavorativi e che hanno restituito gli aiuti o sussidi concessi dai governi quando si sono stabilite nel paese.
- Imporre alle imprese di esportazione l'obbligo di presentare alle dogane nazionali i certificati che testimoniano di avere compiuto gli obblighi con gli istituti di previdenza sociale e delle pensioni, come già si fa in alcuni degli stati, al momento di realizzare le loro esportazioni.
- Assumere politiche comuni che incentivino la creazione di industrie che offrano un lavoro dignitoso ai lavoratori e che ostacolino la dumping sociale tra i paesi delle Americhe.
- Si deve stabilire in questo senso, un meccanismo consultivo permanente che faciliti il pieno accesso all'informazione e la partecipazione della società civile nelle decisioni rispetto alle politiche di integrazione e scambio commerciale.
- Stabilire come regola continentale che il pagamento del debito estero non deve colpire la lotta contro la povertà, né lo sviluppo sostenibile dei paesi. Si deve cancellare il debito dei paesi meno sviluppati con i paesi altamente sviluppati ed il debito illegittimo contratto dalle dittature o per atti di corruzione.
Managua, 20 maggio di 2005
[2] Ver resolución de la Asamblea general de Naciones unidas 47/134 de 18 de diciembre de 1992 y resolución 2004/23 de la Comisión de derechos Humanos
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