Latina

La comunità di pace ha sempre chiesto una soluzione pacifica del conflitto colombiano

Colombia: alti ufficiali dell'esercito indagati per le violenze contro la comunità di pace di San José de Apartadò

La società civile italiana si mobilita contro le gravissime violazioni che il popolo colombiano subisce.

25 maggio 2005
David Lifodi

Poco più di tre mesi fa Luis Eduardo Guerra, leader della comunità di pace di San José de Apartadò, veniva ucciso dai militari del 33° battaglione di controguerriglia dell'esercito. Si tratta dell'ennesimo omicidio perpetrato in Colombia ai danni di un membro della Comunità di pace di San José de Apartadò, la cui unica colpa è stata quella di dichiararsi neutrale nel conflitto interno tra paramilitari e guerriglieri. Nata nel 1997 per iniziativa di un migliaio di persone che hanno chiesto fin dall'inizio una soluzione pacifica del conflitto che contrappone i paras delle Autodefensas Unidas alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, la Comunità di pace ha dovuto subire una vera e propria serie di attacchi ed esecuzioni mirate da parte delle due parti in causa senza che l'esercito sia mai intervenuto per proteggere gli abitanti di San José de Apartadò. Dal 1997 ad oggi sono stati contati ben 165 omicidi contro gli abitanti della comunità, attribuibili ad esercito, paramilitari e guerriglieri.
In un paese in cui il presidente Uribe accoglie in Parlamento i paramilitari e considera i rappresentanti delle Ong come "terroristi", ha fatto scalpore l'incriminazione di alti ufficiali dell'esercito che hanno rifiutato di adottare misure cautelari per la difesa degli abitanti della comunità. Carlos Enrique Vargas e Pablo Alberto Rodriguez, ex comandanti del 17° reparto dell'esercito, pur essendo a conoscenza delle continue violenze subite dalla comunità di pace e del flusso di desplazados provocato dalle frequenti uccisioni dei dirigenti di San José de Apartadò, avrebbero sempre chiuso gli occhi di fronte agli attacchi contro i civili, sebbene la Corte Interamericana dei diritti umani (Cidh) fin dal 1997 avesse esortato lo Stato a garantire l'incolumità dei suoi abitanti. L'omicidio di Luis Eduardo Guerra, insieme ad altre otto persone, è stato probabilmente il motivo scatenante dell'inchiesta aperta contro gli alti ufficiali, che hanno sempre mal visto il rifiuto della comunità a collaborare non solo con guerriglieri e paramilitari, ma anche con lo stesso esercito colombiano. Del resto non è strano che la comunità di San José de Apartadò abbia finito per essere costretta al ruolo di vittima sacrificale, visto che gli stessi generali dell'esercito hanno sempre considerato i civili della comunità alla stregua dei ribelli, e lo stesso presidente Uribe ha sdegnosamente respinto gli inviti della Cidh a tutelare gli abitati della comunità, spingendosi addirittura ad esortare esercito e polizia ad arrestare loro e i volontari delle Brigate di pace che li proteggevano, come aveva denunciato lo stesso Luis Eduardo Guerra nel suo discorso al Forum Sociale delle Americhe tenutosi a Quito nel luglio del 2004.
In particolare, secondo le indagini raccolte, il generale Vargas "omise di vagliare una strategia opportuna nonostante le condizioni di vulnerabilità della comunità" e queste pesanti accuse si coniugano con le sconcertanti dichiarazioni del ministro della difesa colombiano, secondo il quale la neutralità di San José de Apartadò si traduce in realtà in una forma di complicità con la guerriglia e che verrà al più presto risolta l'anomalia della comunità di pace.
In questo difficile contesto l'incriminazione degli alti ufficiali appare quindi come una piccola vittoria, mentre anche in Italia la società civile si sta mobilitando per impedire ulteriori stragi di civili indifesi, sindacalisti, attivisti di diritti umani.
Sul sito www.selvas.org è stato pubblicato un appello, denominato "Iniziativa -Obiettivo Colombia", che afferma: "La società civile non chiude occhi, non vuole avere né padri fondatori né padrini, ma vuole essere un tentativo italiano di Informazione dal Basso che si auto-organizza per esistere e vivrà se avrà la forza morale, etica di consapevolezza della denuncia delle gravissime violazioni che il popolo colombiano subisce".

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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