Chiapas: gli sgomberi delle comunità avvenuti negli ultimi portano la firma dei paramilitari
Terminato il periodo di allerta rossa in Chiapas, lo stesso non si può dire degli attacchi e delle provocazioni organizzate dai paramilitari con il consenso del governo messicano nei confronti degli indigeni chiapanechi.
Alcuni giorni fa, 17 famiglie della comunità Andrés Quintana Roo (municipio di Sabanilla) hanno denunciato le continue minacce di morte dei membri di Paz y Justicia, gruppo paramilitare apertamente dedito a compiere attività antizapatiste. Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè de las Casas ha raccolto le testimonianze della comunità ed ha sottolineato che le famiglie sono state costrette a lasciare Sabanilla poiché i paramilitari impedivano loro di uscire dalle proprie abitazioni e svolgere le loro attività quotidiane. Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè ha chiesto di adottare misure urgenti per evitare nuovi sgomberi, ma a finire sotto accusa è stato soprattutto il governo statale, reo di non aver protetto i desplazados nonostante già da alcune settimane fossero in corso le aggressioni di Paz y Justicia. Inoltre, a rendere più preoccupante la situazione, contribuisce la riorganizzazione e la corsa al riarmo di Paz y Justicia, responsabile tra il 1995 e il 2000 dello sfollamento di 3000 persone, 85 omicidi e 37 sparizioni forzate, a cui sembra aver contribuito l'Esercito messicano, che da sempre utilizza questo gruppo come appoggio alle sue operazioni militari. Oltre alle numerose testimonianze raccolte in questo senso lo Stato messicano è stato addirittura accusato dal Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè come responsabile di delitti di lesa umanità di fronte alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani.
Nonostante si moltiplichino le richieste di disarmare Paz Y Justicia, sono molti i gruppi paramilitari che continuano a condurre un proselitismo antizapatista in Chiapas. La denuncia proviene da uno dei maggiori conoscitori dello zapatismo, Hermann Bellinghausen (inviato de "La Jornada"), secondo il quale le principali organizzazioni paramilitari si starebbero espandendo da Taniperla e Monte Libano fino ad Ocosingo. Si tratta principalmente di gruppi a base priista che conducono una strategia di guerra a bassa intensità consistente nell'obbligare gli indigeni ad accettare i programmi del Governo messicano, nell'inventare sempre nuovi pretesti per spaventare la popolazione e nel diffondere la voce che elimineranno tutti quelli che rifiuteranno di appoggiarli. Chi si oppone va incontro, nel migliore dei casi, ad una sicura espulsione dal suo villaggio e ad uno sgombero forzato.
In particolare, quella che paradossalmente si definisce "Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini" (Opddic), ha dichiarato di voler proteggere le comunità dai caracoles zapatisti, impone la sua presenza anche alle comunità non priiste, alle diocesi cattoliche e alle parrocchie con l'intento nemmeno troppo nascosto di voler creare divisioni all'interno dei villaggi indigeni e minarne la loro convivenza: in alcune regioni,sostiene Bellinghausen, essere zapatista è diventato un crimine e un pericolo al tempo stesso.
Le continue espulsioni violente delle famiglie che rifiutano le imposizioni di Paz y Justicia sono state liquidate come una lotta tra priisti e perredisti per il controllo e il comando delle comunità, cosa in parte vera perché gli sgomberi degli ultimi mesi sono stati rivolti contro simpatizzanti del Prd, ma è stato volutamente ignorato il fatto che i gruppi paramilitari sono in via di completa riorganizzazione ed è stata del tutto tralasciata la loro pericolosità.
Solo il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomè continua ad occuparsi quotidianamente delle famiglie sfollate e da esigere un serio interessamento da parte delle autorità competenti, sintomo chiaro che manca la volontà di investigare chiaramente sulle espulsioni forzate da parte del Governo.
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