Il Messico inserito tra i paesi più pericolosi per i giornalisti
Il Messico è uno tra i paesi dove esercitare il mestiere di giornalista comporta gravi rischi, addirittura la morte, secondo una ricerca resa pubblica dal Centro per la Giustizia e il Diritto Internazionale delle Nazioni Unite.
Tra i paesi più pericolosi per i giornalisti, oltre al paese centroamericano, figurano Brasile, Perù e Filippine, ma in particolare è in Messico che i reporter rischiano la vita, soprattutto coloro che si occupano di inchieste attinenti a casi di corruzione. Il periodo peggiore per i giornalisti è stato quello vissuto sotto la presidenza di Salinas de Gortari, nel quale ben quarantasei hanno perso la vita nell'esercizio del loro lavoro. "Quando si vìola la libertà di espressione" – ha dichiarato il presidente della Commissione per i Diritti Umani di Città del Messico Emilio Alvarez Icaza – " si violano contemporaneamente un insieme di diritti tra cui quello alla vita, alla giustizia, alla libertà e alla sicurezza personale".
Che l'America Latina resti comunque un luogo dove fare informazione sia particolarmente difficile non è una novità, specialmente nei casi in cui si cerchi di creare una rete di notizie indipendenti e non "embedded".
Nonostante la denuncia delle Nazioni Unite però, proprio in questi giorni, due corrispondenti della radio indipendente guatemalteca "Nuevo mundo" hanno subìto pesanti intimidazioni. Jorge Alfredo Cerros Galvez ha ricevuto minacce di morte telefoniche da sconosciuti, mentre il suo collega Arnoldo Castellanos ha ricevuto addirittura due chiamate sul proprio cellulare in cui veniva invitato a riferire a Cerros di non indagare su un omicidio poiché già ignoti lo tengono sotto stretto controllo. In pratica, una sorta di invito da riferire a Cerros affinchè desista dalle sue indagini poiché i suoi intimidatori conoscono già alla perfezione tutti i suoi movimenti. Cerros adesso teme per la vita sua e della famiglia, tanto da chiedere alla Polizia di garantirgli l'incolumità.
La grave situazione in cui versano gli operatori dell'informazione guatemaltechi è stata sottolineata da Ileana Alamilla, presidente della Apg (Associazione dei Giornalisti Guatemaltechi), che ha evidenziato le continue minacce di morte, le aggressioni fisiche e le difficoltà di farsi portatori di un giornalismo indipendente in occasione di un incontro svoltosi presso il "Centro Knight para el Periodismo de las Américas de la Universidad de Austin Texas". In particolare si è ragionato su come promuovere l'informazione indipendente e dal basso e sulle opportunità di promuovere uno scambio di idee e collaborazioni tra i media del Guatemala.
Alcune settimane fa, a testimonianza della difficile situazione in cui operano i giornalisti, è stato ricordato Héctor Ramirez, ucciso due anni fa il 24 luglio, durante gli scontri del cosiddetto "giovedì nero", in seguito alle violente manifestazioni di cui si resero responsabili i militanti del Fronte Repubblicano Guatemalteco (Frg), scesi in piazza per protestare contro la sentenza che impediva all'ex dittatore Rìos Montt di partecipare alle presidenziali poi vinte dall'attuale presidente Oscar Berger.
In quell'occasione, tutti i reporter che coprivano l'avvenimento e denunciavano le intimidazioni e le aggressioni dei militanti dell'Frg furono costretti a subire un vero e proprio linciaggio, oltre che essere inseguiti da una folla armata di machete e armi da fuoco.
Se la Corte Costituzionale riuscisse a superare tutti gli ostacoli posti dai deputati del Fronte Repubblicano Guatemalteco, la famiglia di Héctor Ramirez potrebbe avere giustizia. E' significativo infine, che siano tra i processati alcune tra le più alte cariche dello Stato, tra cui lo stesso Montt, accusato di aver preordinato gli scontri del "giovedì nero", l'ex ministro della difesa Moràn, l'ex Presidente Alfonso Portillo, e numerosi deputati dell'Frg.
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