Latina

Il giuramento di Bolívar a Montesacro


200 anni fa, il 15 agosto 1805, el Libertador giurò sul colle romano di liberare il Sudamerica.

Ma Chavez non c'è Era annunciata la sua presenza alla inaugurazione di un monumento, lunedì. Altri impegni l'hanno impedito. Ma, dice l'ambasciatore, è forte l'interesse del Venezuela per l'Italia
14 agosto 2005
Geraldina Colotti
Fonte: Il Manifesto

Lunedi prossimo al parco Montesacro a Roma, contrariamente a quanto annunciato, non sarà il presidente venezuelano Hugo Chávez a inaugurare il monumento a Simon Bolivar, el Libertador del Venezuela e dell'America latina che in gioventù passò per Roma. Maestri di cerimonia (a cui parteciperanno anche rappresentanti del IV Municipio, del Comune e del governo) saranno Delcy Rodriguez, la vice-ministro degli affari esteri per l'Europa, e l'ambasciatore Rodrigo Chaves, curatore di alcuni volumi di storia politica del suo paese, presentati a seguire nel corso della giornata insiema ad altri eventi culturali fra cui un concerto. Probabilmente pochi lo sanno ma a Montesacro, 200 anni fa, Bolivar - nato a Caracas e allora ventidueenne - giurò di liberare il suo paese dal dominio spagnolo, e maturò il progetto di una confederazione delle repubbliche liberate dell'America latina. Scelse la piccola collina al di fuori delle Mura aureliane perché lì, nei tempi antichi, ebbe inizio la rivolta della plebe romana (agricoltori, artigiani, commercianti), oppressa dai tributi di guerra e dagli arruolamenti forzati. Lo storico Tito Livio racconta che fu «per iniziativa di un certo Sicinio» che gli insorti diedero corso alla protesta, risolta poi per la mediazione di Menenio Agrippa, parlamentare del Senato.

«Il Venezuela - dice oggi l'ambasciatore Chaves, ex coordinatore dei circoli bolivariani - riprende il messaggio di Sicinio e quello di Bolivar. La nostra idea di costruire una comunità sudamericana ha più di 200 anni. Per sottolineare le molte implicazioni simboliche di quella data, il presidente Chavez avrebbe voluto essere a Roma il 15 agosto. Ma impegni improrogabili glielo hanno impedito». Quali impegni? Un viaggio non previsto in Uruguay, Argentina Brasile e Cuba per rafforzare «l'asse anti-liberista». Non sarà invece, come alcuni rilevano, un'altra bizza del presidente? «La figura del presidente è uno degli elementi - certo importantissimo - ma non il solo del nostro processo: un percorso complesso, ma che parte dal basso. Quella bolivariana è una democrazia rivoluzionaria che rispetta i poteri democratici. La nostra costituzione ha un percorso lungo 500 anni: anni di grandi lotte per l'auto-determinazione e per i diritti. La costruzione del futuro è una questione molto gramsciana. Se prima pensavamo che il problema fondamentale fosse di tipo ideologico, ora crediamo sia di tipo umano: che attenga, cioè, alla costruzione dell'uomo e della donna nuovi».

Ma c'è l'uomo nuovo anche sotto la divisa? In America latina, il potere politico è fortemente intrecciato a quello militare. Lo stesso presidente Chavez viene dall'esercito. Risponde l'ambasciatore: «Quella delle forze armate, da noi, è un'altra questione complicata, anche se con precedenti storici diversi da quelli del Continente. Abbiamo avviato una grande campagna di sensibilizzazione dell'esercito in vista di riconvertirne progressivamente il ruolo sociale. Mandiamo i soldati a lavorare nei campi, a distribuire medicine o ad alfabetizzare i contadini. In questo modo vedono da vicino i problemi sociali, riconoscono la classe a cui, in maggioranza, appartengono, e imparano a tutelarne gli interessi». Quanto al decisionismo del presidente, l'ambasciatore torna ai fatti del 2002: «Allora - dice - il potere giudiziario negò che quello compiuto in aprile fosse un colpo di stato. Se il presidente fosse un totalitario, avrebbe almeno imposto la verità. Invece la sentenza del tribunale dice che quella di Chavez fu un'assenza volontaria dal potere. Certamente andò a spasso per due giorni, si perdette e perciò la confindustria, caritatevole, dopo averlo cercato, nominò un altro presidente...».

Per le numerose associazioni che, «oltre ogni previsione» avevano aderito alle due giornate di incontro, anch'esse abolite, l'appuntamento è dunque rinviato a metà ottobre, quando, dopo aver partecipato al vertice ispano-americano a Salamanca, Hugo Chavez verrà in Italia in visita ufficiale: «Oggi - dice ancora l'ambasciatore - il Venezuela è un paese tra illusione e speranza. Ci stiamo prendendo il lusso di civettare con l'illusione della libertà. L'Italia, con la sua grande tradizione di lotta e di esperienze cooperativistiche, è al centro del nostro interesse».

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