Brasile: società in crisi intervista a João Pedro Stedile
CartaCapital: Come si colloca il MST di fronte alla crisi, tanto in relazione al governo che la PT?
· João Pedro Stedile: La crisi è molto più grave di quello che dice la stampa. Le denunce di corruzione sono solo la punta di un iceberg che è la società brasiliana. La società è in crisi. Dal punto di vista economico, il neoliberismo non ha risolto i problemi strutturali dell’economia brasiliana. I tassi di crescita cantati in versi e prosa dal ministro Palocci, sono mediocri, siamo sempre stati al di sotto della media latino-americana e della media mondiale. E i livelli di investimento sono i più bassi di tutta la nostra storia. Si tratta anche di una crisi sociale perchè tutti gli indicatori sono peggiorati. Soprattutto quello della disoccupazione. Noi abbiamo chiuso il modello della industrializzazione dipendente con il 2%-3%, un milione e mezzo di lavoratori disoccupati, e ora siamo a 12 milioni di disoccupati che si sommano ai 15 milioni di lavoratori informali. E questo significa che 27 milioni di adulti della popolazione economicamente attiva sono fuori dalle forze produttive. Questo è gravissimo, noi abbiamo una Argentina che dorme. E siamo all’interno di una crisi ideologica. Perchè? Perchè le forze organizzate della società non stanno presentando progetti alternativi per la società. Non c’è dibattito nell’università, il neoliberismo ha trasformato i professori in una banda di cittadini pavidi, che pensano solo ai loro salari e alle loro carriere accademiche. Io non ho mai visto tanto individualismo quanto nelle università brasilane. I partiti non discutono progetti, la stampa brasiliana è una vergogna, non discute nessun progetto e nemmeno i movimenti sociali hanno l’obbligo di discutere progetti. E’ in questo contesto che abbiamo analizzato, molto perplessi, la situazione del governo. Lula ha perso una possibilità. Poichè era stato eletto con 52 milioni di voti. Infatti, pur essendo stato eletto senza un programma, senza un progetto di società, avrebbe potuto stimolare il dibattito, alla ricerca di una politica economica alternativa. Il governo ha imboccato il cammino semplificatorio di garantire la governabilità, alleandosi con partiti conservatori. E, dopo due anni e mezzo, tutti quei sintomi di crisi della società, manifestatisi durante 15 anni di neoliberismo, si sono aggravati. E, cosa per noi ancora più tragica, è che, nella nostra percezione, tutti i ministri non sono coscienti della gravità della crisi. Ritengono che non sia altro che un problema di pubblica amministrazione, di governabilità e questo rende quindi una via di uscita ancora più difficile. Per noi è secondario sapere come dobbiamo comportarci in relazione al presidente Lula, lui è un pezzo molto piccolo. E’ per questo che noi pensiamo che, se non ci sarà una specie di mutirão (lavoro volontario collettivo) o una scossa nella coscienza delle varie forze sociali, che le porti a comprendere la crisi e a cercare una via d’uscita, la soluzione non potrà certo venire fuori dalle scadenze elettorali. Ossia noi eleggeremo un altro presidente, può essere Lula o un altro qualsiasi, nel 2006, ma l’elezione non risolverà la crisi.
· CC: Forse la crisi peggiorerà……
· JPS: Peggiorerà. Se noi non agiremo ora, probabilmente il prossimo governo sarà più fragile e più insicuro.
· CC: Fino all’elezione di Lula, il PT rappresentava le aspirazioni di queste forze sociali. E ora?
· JPS: La recente traiettoria del PT è ambigua. Da un lato, Dirceu ha avanzato una proposta, onesta, credo, da parte sua, di proporre una alleanza con settori del capitale produttivo brasiliano, ma io penso che lui non si renda conto del fatto che in Brasile la borghesia è completamente subordinata al capitale internazionale e finanziario. Quindi non c’erano forze sociali capaci di consolidare, all’interno di questa alleanza, un nuovo progetto di sviluppo nazionale. Durante il governo Lula, la gestione della politica economica è stata affidata ai settori finanziari. L’altro aspetto dell’ambiguità del PT, comune a tutta la sinistra in America Latina, consiste in un gravissimo deterioramento della pratica politica. Bisogna che il partito faccia urgentemente una autocritica perchè ha commesso vari errori come sinistra e, lo ripeto, lo faccio anche in forma autocritica perchè non è stato solo il PT, è stata tutta la sinistra e anche la sinistra sociale, non solo quella di partito. Si è sostituito alla convinzione ideale il marketing politico, si è sostituito il lavoro volontario con il pagamento in denaro di qualsiasi incarico di partito, si è sostituita la generosità del militante con la disputa per gli incarichi, si è sostituito il dibattito sul progetto con il pragmatismo del comando come se non fosse necessario, arrivando al governo, discutere il cambiamento dell’apparato dello Stato. Si è sostituito il lavoro di base, i nuclei di base, con cupole centralizzate, molto ben preparate ideologicamente, ma che non hanno democratizzato il dibattito. Se non democratizzi il dibattito non ottieni adesioni, perchè stai sempre aspettando le decisioni di chi sta in alto. Quindi il problema del PT, in qualche modo simile a quello del governo Lula, è ancora più complesso.
· CC: Con la crisi del PT, si è creato un vuoto. Ma i movimenti sociali non hanno smesso di esistere perchè i problemi ai quali sono legati continuano ad esistere. La crisi del PT crea uno spazio. Da chi sarà occupato dal punto di vista della rappresentanza istituzionale e parlamentare?
· JPS: C’è una crisi politica di rappresentanza. Come ha rivelato l’Ibope e voi avete analizzato, la maggioranza dei brasiliani non si sente rappresentata da questo sistema. Bisogna fare una riforma politica di fondo e noi siamo d’accordo con le idee del professor Fábio Konder Comparato, a favore della creazione di strumenti di democrazia diretta, per garantire che la popolazione autoconvochi plebisciti. Ci sono vari cambiamenti che il prof. Comparato ci ha spiegato e che sarebbero necessari per mettere in pratica questo processo più democratico di rappresentanza. Ma la crisi politica non si risolverà molto rapidamente e la crisi del PT colpisce tutta la società. Non si tratta di tirare pietre contro dei capri espiatori. Non serve eliminare 18 persone. In fondo tutti gli “eliminatori” sono coinvolti nello stesso meccanismo che ha portato alla crisi. Nessuno ha la statura morale per eliminare nessun altro, c’è Severino per esempio. Ora, dal punto di vista del movimento di massa, noi riteniamo che la vera scossa politica che porti a rinnovare le istituzioni, a dare ossigeno ai partiti, a rinnovare lo stesso PT, non dipende più dalle riunioni e dagli accordi, pensiamo che dipenda da una nuova crescita dei movimenti di massa. Purtroppo il popolo brasiliano è in questo momento apatico. Le masse hanno sofferto una tragica sconfitta nel 1989. E’ stata una sconfitta tragica per i destini del Paese, perchè è stata la sconfitta di un progetto economico, che ha disarticolato il mondo del lavoro. Da allora il movimento di massa non riesce a reagire. E’ per questo che la destra e il capitale partono all’offensiva, anche non avendo un progetto. Secondo me non manca molto tempo al risveglio delle masse. Può essere che questo non accada entro la fine del governo Lula, ma durante il prossimo governo. E forse gli ideologhi tucani (del partito di Cardoso) lo sanno. Da qui la necessità della destra brasiliana di prepararsi ad avere un prossimo governo molto più affidabile ideologicamente, perchè loro sanno che il neoliberismo non ha risolto il problema delle masse, ma l’ha soltanto aggravato. Registriamo sempre più segnali di barbarie sociale e ad un certo punto le masse si esprimeranno. La destra ha bisogno di contare su un governo forte, con capacità di repressione.
· CC: La gente vede che il MST mantiene un atteggiamento di aspettativa in relazione all’epilogo della crisi, come se volesse aspettare per capire e definire il cammino giusto.
· JPS: Voi ponete questioni, che sono, in fondo, l’elenco delle nostre sfide. Le sfide come movimento sociale, le sfide come popolo brasiliano, le sfide di coloro che stanno in basso. E’ vero, il MST è preoccupato di capire bene il contesto storico e la crisi e siamo convinti che la crisi è grave, profonda e quindi il suo sbocco sarà lento. E se la nostra lettura della realtà brasiliana è corretta, quello che stiamo cercando di fare è discutere con gli altri movimenti, e all’interno del nostro movimento, misure i cui risultati, anch’essi non si vedranno rapidamente. Come abbiamo già detto: non è il momento di piantare insalata. Non si tratta di piantare per raccogliere in tre o quattro settimane, dopo l’insalata marcisce. E’ il momento di piantare alberi. Ci vuole tempo perchè diano frutti, ma, quando spunteranno, saranno duraturi. E questo “piantare alberi”, secondo noi, è stimolare, con le altre forze minimamente organizzate, alcune iniziative.
· CC: Per esempio?
· JPS: Per prima cosa bisogna stimolare un vero mutirão di dibattito su un nuovo progetto per il Paese, che superi il neoliberismo e di fatto segnali vie d’uscita per i problemi oggettivi del popolo. Tutte le necessità di base del popolo brasiliano non hanno trovato soluzione. Il problema del lavoro, per esempio, al quale ho già fatto riferimento. Nella storia del Brasile non ci sono mai stati 27 milioni di persone al di fuori dello processo produttivo. Non siamo ancora alla tragedia in questo paese perchè esiste il SUS. Chi salva questi 27 milioni è il SUS (sistema unico di salute), perchè stanno fuori dalla cittadinanza. L’unica cosa è che, se stanno male, non sono ridotti alla mendicità. Non abbiamo risolto il problema dell’educazione, tutti gli indicatori sono ridicoli, il 7% arriva all’università. Non abbiamo risolto il problema della casa. Non c’è niente che giustifichi che il popolo debba vivere in abitazioni cosi inadeguate, in un paese tropicale, con cemento, mattoni e tutte le risorse naturali. Non ci sono spiegazioni, no? Noi abbiamo ristrutturato un areoporto in alcuni mesi ma non siamo riusciti a costruire una casa 4x4. Noi non abbiamo risolto il problema della terra, la concentrazione della terra continua a produrre povertà e disuguaglianza sociale. E non abbiamo risolto il problema della cultura, ossia il basso livello culturale del nostro popolo é sbalorditivo. E è sempre bene ripetere: Buenos Aires ha più librerie che tutto il Brasile. Questo è lo scenario del nostro popolo. Immaginare un progetto non è idealismo, vuol dire che devi accumulare forze intorno a questo progetto. La seconda linea strategica è quella di piantare alberi e formare militanti. La sinistra sociale e i movimenti hanno abbandonato il processo di formazione di quadri. E questo è un compito permanente e di lunga durata, e chi non lo intraprende non va avanti, perchè non riesce a capire la storia e non riesce a interpretare il presente. E la terza direzione del nostro piantare alberi è stimolare lotte sociali. Perchè le lotte sociali generino coscienza nelle persone e, soprattutto, possano andare accumulando forza per un nuovo periodo storico nel quale il popolo riassuma forza sufficiente per cambiare la correlazione di forze. E il quarto percorso è quello dell’elevazione del livello di coscienza e di cultura del popolo. Qui faccio una parentesi, per dare anche una specie di allerta a Lula e al nucleo del Palazzo. Wagner e Dulci non si illudano con l’appoggio dell’opinione pubblica a Lula che esiste ed è reale. Chi ancora ci crede è uno strato di popolazione brasiliana di basso livello culturale. Sono gli stessi che credono in Xuxa, Faustão, Babbo Natale, alla Globo….E’ uno strato di popolazione disorganizzato, passibile di manipolazione da parte dei mezzi di comunicazione sociale .
· CC: L’elezione di Lula è stata, in un certo modo, una catarsi. Lula è stato eletto, quindi si rinnova la speranza. Da lì comincia questo processo di corruzione del PT. E’ molto più facile per la destra fare un discorso di demonizzazione dei movimenti sociali. La disarticolazione del PT e una certa demoralizzazione del governo non porteranno a una situazione in cui i movimenti sociali saranno senza spazio nè voce?
· JPS: Io non sono così pessimista. Per due ragioni: perchè per fortuna la maggioranza delle forze sociali dei movimenti popolari non si è lasciata cooptare dal governo Lula. Qui non abbiamo fatto come i messicani. Non abbiamo lasciato che il PRI si impadronisse di noi. E’ per questo che noi abbiamo la statura morale per criticare il governo e indicare sbocchi. E questo l’ho visto in vari movimenti. L’area della pastorale sociale delle chiese: la Chiesa è sempre stata un pilastro, anche della propaganda politica a favore di Lula e del PT. Ma la Chiesa si è mantenuta autonoma rispetto al governo e è molto critica. Questo è salutare. I movimenti non si sono lasciati cooptare, ma anche il governo Lula non ha fatto grandi sforzi in questo senso. E’ chiaro che c’è sempre chi si abbarbica di più al partito. Dico pubblicamente, perchè non faccio pettegolezzi, che questo errore chi lo ha commesso di più è il PCdoB. Il PCdoB che ha una tradizione nel trattare i fronti di massa come cinghia di trasmissione del partito. Quindi lì ci sono sì, problemi politici. Ma in relazione al PT, no. In relazione al PT, i movimenti hanno sempre avuto autonomia, autonomia reale, anche se la stampa di destra dice “ah è tutto la stessa cosa, il PT comanda”. Altra ragione di ottimismo: il popolo brasiliano non ha nessun attaccamento alle istituzioni. Sarà la nostra eredità iberica, che Sérgio Buarque de Hollanda ci ha aiutato a capire. Siamo un po’ anarchici. Quindi il popolo non assume un atteggiamento così duro: “ah, ora il governo è caduto”, “adesso il PT è finito”. Il terzo aspetto che mi incoraggia è che quando il movimento di massa acquista energie, é molto dinamico. C’è un dinamismo delle masse che oltrepassa questi schemi. Quindi io non sono d’accordo con le tesi, che di quando in quando leggo sui giornali, della stessa gente del PT che dice: “ora ci vogliono 20 anni perchè la sinistra si rinnovi”, “la caduta del governo Lula sarà una tragedia”. O questa sciocchezza che ha detto Bornhausen : “Se ne vanno per 30 anni”. E ribatto con la saggezza dii Verissimo: il neoliberismo in Brasile, quindi il dominio del capitale finanziario internazionale, ce la farebbe se non ci fosse il popolo
· CC: La vittoria di Lula non è stata la vittoria del popolo?
· JPS: Noi pensiamo che la mobilitazione sociale è finita nel 1989. E Lula è stato eletto ora perchè le masse erano deluse dal neoliberismo, quindi è stato un voto di protesta, non è stato il voto per un progetto. E lui ha vinto perchè ha assunto Duda e perchè parte della borghesia brasiliana si è spaventata con l’Argentina e ha deciso di spendere denaro per vincere le elezioni.
· CC: Non ha influito anche il declino della classe media che ha sofferto di un peggioramento della sua situazione economica? I giovani della classe media, anche loro. Questo settore, che in realtà era molto contrario a Lula e molto conservatore, ha votato contro Cardoso, non per Lula. Cardoso è stato il grande elettore del PT.
· JPS: Se lei avesse messo anche la Vergine Maria come candidata al posto di Serra, non avrebbe vinto le elezioni.
· CC: Neanche Serra avrebbe votato per il candidato di Fernando Henrique Cardoso.
· JPS: Il MST lavora con una base precisa. La nostra fortuna è che in questi anni abbiamo costruito un progetto ideologico. Non ci siamo accontentati solo della lotta corporativa del “voglio terra”. E questo permette di avere la coscienza sufficiente per capire che la stessa riforma agraria non è possible se non all’interno di un nuovo progetto, il quale impone l’alleanza con i movimenti sociali della città. Parte delle nostre energie è finalizzata a costruire questa unità con gli altri. Nella nostra valutazione, oggi, l’obiettivo principale sono i giovani delle grandi città. Non più gli operai dell’industria che sono indeboliti e distrutti politicamente e ideologicamente. E’ possible che da qui in avanti si costruiscano nuovi movimenti. Per esempio dei giovani disoccupati … Lo sapete anche voi, il 70% dei disoccupati di São Paulo ha meno di 24 anni e ha completato la scuola secondaria. Non è più un lumpen. Il lumpen é poco rilevante, non si calcola tra i disoccupati ma nel lavoro informale. E le manifestazioni che ci sono state a Florianópolis, Vitória, dei giovani della scuola secondaria che hanno protestato contro le tariffe degli autobus sono molto emblematiche. Non c’era un partito dietro, i ragazzi sono andati in strada. Un movimento che sta crescendo e diventando di massa è quello hip-hop. É un movimento che, rispetto alla base culturale, riunisce giovani poveri, negri e mulatti delle periferie, con idée in testa. Questi ragazzi non sono stupidi, non sono lumpen. E noi abbiamo relazioni con loro. Alla fine di ottobre realizzeremo a Brasilia quella che stiamo chiamando una assemblea popolare. Riuniremo 15.000 militanti di tutti i movimenti, chiese, hip hop, senza-terra, senza-tetto, senza-lavoro con l’obiettivo di creare una unità nella lettura della crisi e nella lettura delle vie d’uscita.
· CC: Qual è la dimensione attuale del MST?
· JPS: Il MST è una organizzazione piccola. Quel che ci differenzia dagli altri è che gli altri non stanno facendo niente e noi appariamo. La nostra ombra è più grande delle nostre dimensioni. E siamo uniti, perchè durante 20 anni abbiamo lavorato sulla base dell’esperienza del popolo brasiliano. Noi studiamo molto la realtà brasiliana, i pensatori brasiliani. Viviamo ripetendo ai nostri militanti come ci manca un Florestan Fernandes, per aiutarci in politica, un Raymundo Faoro, per aiutarci sui problemi istituzionali, e una Maria da Conceição, perchè il progetto deve basarsi su quelle vecchie idee del Cepal, di distribuire reddito, di risolvere il problema qui dentro. Chavez si è appropriato dell’idea, ha chiamato il loro progetto “Sviluppo Endogeno”, Il MST ha più o meno 15.000 militanti che stanno studiando e 140.000 famiglie accampate sul bordo delle strade, sotto i teli di plastica. E il nostro esercito può essere mobilitato in qualsiasi momento. Un milione di persone al bordo delle strade. E abbiamo circa 480.000 famiglie insediate durante 20 anni. Ma queste 480.000 famiglie subiscono influenze politiche di vari settori del sindacalismo, dei partiti, delle chiese e riteniamo quindi che siano circa 300.000 le famiglie legate realmente a noi. Questa è la nostra base. E ci sono più di 4 milioni di senza terra, ma è molto difficile organizzarli, perchè sono polverizzati nelle fazende, perchè sono molto poveri, perchè sono analfabeti, in gran parte concentrati nel Nordest e nel Sud. Questa è la base sociale che ci proponiamo di raggiungere e ritengo che esercitiamo una influenza anche sui poveri della città. Loro amano molto il MST. Siamo diventati un punto di riferimento ideologico per loro a causa della nostra coerenza. Quello che ci ha salvato è stato: studiare, studiare, studiare. Abbiamo una regola dentro il movimento: Si può definire militante del MST solo chi sta studiando. Quindi, quando uno dice “io sono militante del MST”, noi gli chiediamo: “in quale corso stai studiando?” E’ uno sforzo permanente, realizzato anche nell’ambito della nostra Scuola Nazionale di Guararema, che noi chiamiamo Università popolare. Abbiamo convenzioni con 42 università in Brasile
· CC: Stanno nascendo nuovi leader, giovani?
· JPS: Senza alcun dubbio. Il MST è un movimento di giovani, leader anonimi per ora, perchè il nostro paese ha dimensioni continentali, e ancora non riescono a proiettarsi sul piano nazionale. Qui si diventa leader nazionali solo se si compare in TV. Comunque c’è un rinnovamento, con dirigenti molto più preparati che negli anni 80, con una formazione culturale più alta, ma ancora a livello locale.
· CC: Due domande: come democratizzare i mezzi di comunicazione? E, nella sua qualità di economista, qual è la sua proposta in quest’epoca capitalista che stiamo vivendo?
· JPS: La democratizzazione dei mezzi di comunicazione è una delle questioni centrali più gravi della società, così come la concentrazione della ricchezza, la concentrazione del reddito, la concentrazione della terra, la concentrazione delle università. E la concentrazione dei mezzi di comunicazione. Questi sono cinque gravi problemi e, se la democratizzazione non ci sarà, non costruiremo una società più giusta e meno diseguale. I notabili della sinistra si illudono nello scrivere articoletti sui giornali della borghesia e ritenere che questo sia influenzare l’opinione pubblica. Loro ti danno un po’ di spazio, ti fanno scrivere un articolo e poi per un mese parlano male di te, smontandoti, delegittimandoti. Per far onore ai miei antenati, posso citare Gramsci che diceva che le organizzazioni dei lavoratori devono avere i propri mezzi di comunicazione. Qui c’è una delle critiche più dure che abbiamo fatto al governo Lula. Il governo si è illuso, ha pensato che inserendo la sua pubblicità nei grandi giornali si sarebbe salvato. Io utilizzo sempre questo come esempio. Il governo ha speso milioni per propagandare il Pronaf, per dire al piccolo agricoltore che ora le risorse sarebbero aumentate e di fatto sono aumentate. Ora, qual è il mezzo per arrivare al piccolo agricoltore e dirgli: “guarda, vai in banca che ora i soldi ci sono”? Sa dove il governo ha fatto propaganda? Sulla rivista Epoca. Ha pagato milioni per un mese e mezzo, ha comprato un’intera pagina: “ora c’è il Pronaf per te, piccolo agricoltore”. Io giro per tutto il Brasile e non ho mai visto un agricoltore, nè un fazendeiro con la rivista Epoca in mano. Questa è stata la strategia di marketing del governo. Bene, è stata proprio la rivista Epoca che ha scritto il primo articolo contro il governo: ben fatto perchè imparino.
· CC: La sua proposta per l’economia.
· JPS: Siamo in rapporto con un gruppo di economisti del Consiglio Federale dell’Economia, il gruppo di Rio, e con alcuni economisti della Unicamp. Loro hanno lanciato un manifesto con le dieci proposte di cambiamento e, sia all’interno del movimento che nei movimenti sociali, ci sono varie formulazioni, o, diciamo una concezione generale. Prima di tutto, dobbiamo pensare a un progetto che sia centrato sulle vecchie e buone idee che si deve guardare alla nostra economia come economia nazionale. E’ una bestialità pensare che, in nome della globalizzazione, saremo salvi attraverso il capitale internazionale. Queste sono le lezioni del primo anno del corso di economia. Di che tratta l’economia? Deve organizzare la produzione nazionale per risolvere i problemi del popolo nel suo territorio.
· CC: Un progetto nazionale da inserire nella economia mondiale, quell che fanno i cinesi in realtà
· JPS: Esattamente. Secondo pilastro di questa concezione: bisogna distribuire il reddito, dare potere di acquisto, perchè la popolazione si trasformi in cittadini. Guardate gli indicatori sulla disuguaglianza. Sono sconvolgenti.
· CC: A proposito, è importante un sistema di credito efficiente sotto il controllo pubblico? E questo coinvolgerebbe anche un controllo dell’ingresso del capitale finanziario straniero? E’ una delle caratteristiche più specifiche del capitalismo contemporaneo.
· JPS: Controllare il capitale finanziario, forse è questa l’espressione corretta. D’altronde, la nazione dovrebbe essere cosciente del fatto che il Brasile è esportatore di capitale. I giornali dicono che il capitale straniero viene per sviluppare il Paese. E’ una bugia. Il Brasile è diventato un nido per la procreazione del capitale finanziario. Viene qui, depone le sue uova e se ne va, con i suoi piccoli già allevati.
· CC: E’ sempre stato così. La periferia è sempre stata esportatrice di capitale e ora ancora di più
· JPS: Sì e un’altra cosa, le multinazionali vengono in Brasile e utilizzano i nostri risparmi, per aumentare i tassi di interesse. Ecco qui l’annuncio della Banca del Brasile: “il maggior partner dell’agrobusiness”, è chiaro. Utilizzano il risparmio nazionale che sta là depositato e finanziano chi? Tutte multinazionali. La Banca del Brasile ha prestato l’anno passato 4 miliardi di reais, più di quanto non è stato speso per il Pronaf, a 15 imprese multinazionali. Tutto questo settore della cellulosa, che è tanto osannato in versi e in prosa, si sta installando con i soldi del risparmio nazionale della BNDES.
· CC: Senza parlare della Monsanto...
· JPS: Ah, la Monsanto è qui anche lei, è una vergogna. La Monsanto all’epoca di Cardoso ha ottenuto la sua fabbrica di Camaçari, non ha nessun senso nella logica della produzione di agrotossici. La base dell’erbicida viene dal polo di Camaçari. Dal punto di vista della loro logistica sarebbe stato molto meglio costruire una fabbrica a Paulínia, perchè la fabbrica dell’erbicida sta qui. Perchè hanno costruito il polo di Camaçari? Perchè hanno usato denaro della Sudene con interessi sussidiati, grazie al loro padrino Marco Maciel e hanno installato una fabbrica là che crea anche un rischio ambientale perchè i camion devono portare sostanze tossiche, durante tutta la settimana, fino a Paulínia. E perchè l’hanno messa lá? Perchè hanno ricevuto US$ 328 milioni. La Sudene e la BNDES gli hanno dato 328 milioni di dollari, 20 anni di sussidi; anche io e voi potevamo aprire una fabbrica a queste condizioni. Non gli hanno chiesto nessuna garanzia. Bene, per far uscire il Nordest dalla povertà… 328 milioni di dollari, sono 900 milioni di reais. Oggi ci sono nella zona del semiarido in Brasile 1 milione di famiglie di contadini che soffrono la sete, non hanno acqua. Quanto costa farli uscire da questa situazione? Bisogna costruire una cisterna invece di fare quei grandi laghi che portano lo sviluppo solo ai costruttori degli stessi. Quanto costa una cisterna? 900 reais, Basta moltiplicare. Con lo stesso denaro si libererebbero un milione di famiglie dalla sete e dalle malattie.
· CC: Ultima domanda, solo per concludere. Se abbiamo capito bene, il prossimo governo vivrà giorni di agitazione sociale secondo le sue previsioni; è così?
· JPS: Si. Io posso arrischiare una previsione, perchè non ho nessuna base scientifica, mi baso sul mio fiuto di classe: questo paese vedrà entro due/tre anni un processo di grande mobilitazione di massa. E sarà questa la forza rinnovatrice.
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