Latina

Brasile: Le perversioni dell’agrobusiness per la società brasiliana

21 febbraio 2006
Segreteria Nazionale del MST


Cari amici e amiche del MST.

In questa edizione speciale discuteremo di agrobusiness. Ci siamo un po’ dilungati nella discussione, ma solo perchè crediamo sia necessario spiegare la nostra posizione e le ragioni che ci portano ad essere radicalmente contrari a queste pratiche nelle campagne brasiliane.

- Cos’è l’ agrobusiness?

la parola ha un significato generico riferendosi a tutte le attivitò commerciali relative a prodotti agricoli. Quando un piccolo agricoltore vende un prodotto al mercato sta praticando l’agrobusiness. Quando uno che ha un banco al mercato vende frutta e verdura sta praticando l’ agrobusiness. Questa è l’essenza del significato della parola, usata a livello internazionale.

Tuttavia qui in Brasile quest’espressione è stata utilizzata dai fazendeiros, dagli intellettuali delle università e soprattutto dalla stampa, per designare una caratteristica della produzione in ambiente rurale. Hanno definito agrobusiness quelle fazendas moderne che utilizzano grandi estensioni di terra e si dedicano alla monocultura. Ossia che si specializzano in un solo prodotto, utilizzano alta tecnologia, meccanizzazione – a volte irrigazione - poca manodopera e per questo parlano con orgoglio del fatto che ottengono un’alta produttività del lavoro. Tutto basato sui bassi salari, l’uso intensivo di agrotossici e di semi transgenici. Nella maggior parte dei casi, la produzione è per l’esportazione. In special modo, canna da zucchero, caffè, cotone, soia, arancia, cacao, oltre all’allevamento intensivo. Questo tipo di fazenda è chiamato agrobusiness.
Ma cosa c’è di nuovo? Niente. Se studiamo con attenzione, è lo stesso tipo di modo di produzione che è stato utilizzato nel periodo della Colonia, ai tempi del modello agroesportatore. Si è passati soltanto dal lavoratore schiavizzato a quello salariato e le tecniche sono diventate moderne. E i nostri salari in questo settore, secondo alcuni studi, sono minori rispetto alle remunerazioni dell’industria, del commercio e delle fazendas dei paesi sviluppati o concorrenti, Molti studiosi brasiliani affermano che non sono il nostro clima e la nostra sapienza agricola i vantaggi comparativi che hanno i fazendeiros brasiliani, ma la mancanza di rispetto dei loro dipendenti e di controllo da parte del governo in relazione all’aggressione che esercitano nei confronti dell’ambiente, senza nessuna responsabilità rispetto alle generazioni future. Ci sono per esempio moltissime denunce di agronomi e scienziati sui danni che l’introduzione della soia sta facendo sui biomi del cerrado e della regione pre-amazzonica.

II. La falsa propaganda dell’agrobusiness e la sua alleanza di classe:
Negli ultimi anni, i mezzi di comunicazione brasiliani, in particolare i grandi giornali e le televisioni hanno fatto una propaganda sistematica in favore del modello dell’agrobusiness, come se fosse la salvezza del Brasile. Lo presentano come il protagonista della crescita della nostra economia, della creazione di posti di lavoro, di un’agricoltura moderna e della produzione di alimenti.

Tutti questi argomenti utilizzati nella propaganda non possono essere sostenuti con un’analisi più rigorosa:

- L’agrobusiness è responsabile della crescita economica del PIB: le attività agricole propriamente dette, coltivazione e allevamento, corrispondono appena al 12% di tutta la produzione nazionale. Quindi, anche se l’agricoltura raddoppia il valore o il volume della produzione, la sua influenza nell’economia totale è molto piccola. I propagandisti dell’agrobusines sono soliti mischiare agricoltura e agroindustria per dire che il peso nell’economia aumenta al 37%. Anche così, il peso e la crescita dell’agroindustria non dipendono dall’area coltivata, ma dal mercato consumatore. Se il popolo della città avrà soldi per comprare più alimenti aumenterà l’agroindustria in Brasile. Quindi, il suo successo dipende dal valore del salario minimo e dalla distribuzione del reddito nei centri urbani. .

- L’ agrobusiness è responsabile del successo dell’industria: niente di più fantasioso. Alla fine degli anni 70 e all’inizio degli anni 80, all’apice dell’agricoltura subordinata all’industria e con facile credito per espandere l’industrializzazione delle colture, venivano venduti circa 65.000 trattori all’anno, di tutti i tipi. Sono passati 30 anni, si è impiantato l’agrobusiness del neoliberismo e la vendita di macchine nel 2004, all’apice del successo strombazzato, è stata di appena 37.000 unità. Le industrie hanno dovuto vendere altre 35.000 unità all’estero per non fallire. Attraverso gli ultimi dati dell’IBGE (Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica), veniamo a sapere che le fazendas con più di 2000 ettari possiedono solo 35.000 trattori. Le piccole proprietà inferiori a 200 ettari, invece, possiedono più di 500.000 trattori.

- L’agrobusiness domina l’agicoltura brasiliana: se l’agrobusiness fosse così buono, perchè non cresce l’area coltivata in Brasile? Dagli anni 80, l’area totale coltivata con coltivazioni temporanee non supera i 45 milioni di ettari

- L’agrobusiness è l’attività che genera lavoro nelle campagne: secondo i dati dell’ IBGE, nelle fazendas al di sopra dei 2.000 ettari ci sono soltanto 350.000 lavoratari salariati. Ben meno dei 900.000 salariati che impiega la piccola proprietà. Ossia, il modo di produrre della fazenda dell’agrobusiness, che si modernizza permanentemente, espelle manodopera dalle campagne, invece di generare lavoro.

- L’agrobusiness distribuisce reddito nelle campagne: la schiavitù nelle campagne continua e i profitti vengono incassati dai proprietari delle fazendas.

- L’agrobusiness significa sviluppo dei comuni e delle economie locali: in tutte le regioni nelle quali predominano le aziende dell’agrobusiness, il reddito dei latifondi è portato verso i grandi centri. Sia perchè la maggior parte dei suoi costi di produzione (macchine, veleni, semi) viene da altri centri e quindi, nel pagare questi costi, il denaro torna verso di essi, sia perchè il proprietario raramente vive nella città in cui è situata la fazenda. In genere abita in una grande città e quindi quando ottiene il suo profitto con le esportazioni lo utilizza per consumi di lusso, appartamenti ecc. Perfino il cibo per i suoi dipendenti non proviene da acquisti fatti nel luogo della fazenda poichè gli acquisti vengono in genere fatti in centri lontani dove i prezzi sono più bassi. Per questo le città dominate dall’agrobusiness, invece di svilupparsi, soffrono della malattia provocata dall’esodo rurale, mentre la povertà delle loro periferie cresce. Lo scenario è completamente diverso da quello dei luoghi in cui predominano diversi tipi di coltivazioni, produzione di alimenti e piccola agricoltura, che fa restare e girare tutta la ricchezza nello stesso comune in cui opera.
Se queste informazioni sono ufficiali e, di fatto, le fazendas dell’agrobusiness non rappresentano una soluzione per i problemi agricoli e sociali brasiliani, perchè allora si fa tanta propaganda? Per una questione ideologica. E’ in corso nella società brasiliana una disputa di modello economico e di produzione agricola. Le fazendas dell’agrobusiness rappresentano la parte della borghesia nazionale che possiede beni in agricoltura e che si è alleata, o meglio, che si è subordinata al capitale straniero, rappresentato dagli interessi delle grandi imprese transnazionali. Queste imprese, non solo partecipano del profitto ottenuto dal commercio agricolo internazionale e dalle agroindustrie, ma mantengono anche forti lacci economici e ideologici con le imprese di comunicazione di massa. Esiste una triplice alleanza tra i fazendeiros dell’agrobusiness, le imprese transnazionali che controllano l’agricoltura e le imprese di comunicazione.

Solo 10 transnazionali hanno il controllo monopolistico delle principali attività agricole del paese. Sono: Bunge, Cargill, Monsanto, Nestlé, Danone, Basf, ADM, Bayer, Sygenta e Norvartis. Basta guardare le loro pubblicità alla televisione e vedere il loro grado di coinvolgimento con i media.

III. Le influenze dell’agrobusiness nel governo Lula
Il governo Lula è stato eletto nell’ottobre del 2002 con la pubblicizazzione di una serie di impegni, chiaramente contrari al mantenimento della politica economica neoliberista, opposti alla priorità data dal governo Cardoso all’agrobusiness. Tutti quelli che hanno votato per Lula volevano cambiamenti. In caso contrario avrebbero votato per José Serra.

Tuttavia, superate le elezioni, il governo Lula si è rivelato un governo ambiguo, che nonostante avesse promesso cambiamenti, si è basato su alleanze di partiti e di classe che sostengono ancora il neoliberismo, divenendo ostaggio del capitale finanziario internazionale. Nella politica economica, amministrata dal Ministero dell’Economia e dalla Banca Centrale, ha mantenuto la linea precedente, con responsabili chiaramente identificati con il partito che è stato sconfitto. Al Ministero dell’Industria e Commercio, che si occupa delle esportazioni (ma potrebbe occuparsi del mercato interno) e al Ministero dell’Agricoltura, sono stati nominati ministri che si identificano con il modello dell’agrobusiness. Il ministro Luiz Fernando Furlan è socio della “Sadia” e il ministro Roberto Rodrigues possiede aziende a Ribeirão Preto e nel sud del Maranhão, che si dedicano all’agrobusiness della soia, della canna e delle arance.
Nella politica relativa al settore dell’agricoltura pubblica, il governo non è riuscito ancora a cambiare l’atteggiamento di rinuncia dello Stato. Nel credito rurale, c’è stato uno sforzo del governo per creare l’assicurazione agricola, che interessa soprattutto i piccoli agricoltori. C’è stato uno sforzo anche per aumentare le risorse del credito destinate all’agricoltura familiare, attraverso il Pronaf (sono passate da 2 miliardi a 5 miliardi di reais). Ma questo non significa cambiamenti nella struttura fondiaria. Le risorse pubbliche che sono destinate dalla Banca del Brasile e dalla BNDES alle aziende che si dedicano all’esportazione non sono state ridotte. La stessa Banca del Brasile ha fatto propaganda su giornali e riviste, mostrando che ha concesso un volume di credito di più di 5 miliardi di reais a quelle dieci imprese transnazionali che controllano l’agricoltura e ad alcune poche imprese transnazionali di cellulosa. Ossia, meno di 15 imprese hanno ricevuto lo stesso volume di risorse destinate a 4 milioni di agricoltori familiari.

In questo modo, nonostante il governo si sia impegnato per la Riforma Agraria e per il rafforzamento dell’agricoltura contadina, in pratica i Ministeri più forti agiscono chiaramente mettendo al primo posto l’agricoltura dell’agrobusiness, la monocultura e l’esportazione di cereali.

IV. Il peso dell’agrobusiness nella nostra società.
Tecnici e studiosi del Ministero dello Sviluppo Agrario, dell’Incra, dell’Ipea (Istito di ricerca economica applicata), degli organismi del governo e legati a diverse università hanno preparato nel 2003 il Piano Nazionale di Riforma Agraria. Sono stati utilizzati gli ultimi dati statistici ufficiali raccolti dall’IBGE, nel censimento agrozootecnico del 1996 e nel catasto dell’Incra del 2003. A partire da loro, il professor Ariovaldo Umbelino Oliveira, della USP (Universidade de São Paulo), ha organizzato la seguente tabella di camparazione:

Produzione animale

indicatori Piccola/familiare Media proprietà Grande/agrobusiness
Animali grandi 46% 37% 17%
Animali medi 86% 13% 1%
Animali piccoli/uccelli 85% 14% 1%


2.Produzione agricola totale – prodotti per l’esportazione

indicatori Piccola/familiare Media proprietà Grande/agrobusiness
cotone 55% 30% 15%
cacao 75% 24% 1%
Canna da zucch. 20% 47% 33%
arance 51% 38% 11%
soia 34% 44% 22%
caffè 70% 28% 2%



3. Prodotti del mercato interno e alimentari

indicatori Piccola/familiare Media proprietà Grande/agrobusiness
Cotone arboreo 76% 20% 4%
riso 39% 43% 18%
banane 85% 14% 18%
Patate inglesi 74% 21% 5%
fagioli 78% 17% 5%
tabacco 99% 1% 0
mamao 60% 35% 5%
mandioca 92% 8% 0
mais 55% 35% 10%
pomodori 76%% 19% 5%
grano 61% 35% 4%
uva 97% 3% 0


V. Sulla rinegoziazione dei debiti dei latifondisti nel Nordest.
I privilegiati di sempre, fanno di tutto per mantenere le cose come stanno. In questa settimana vogliono che i loro debiti siano perchè il tesoro nazionale paghi. I latifondisti del nordest chiedono 7 miliardi di reais alla casse pubbliche. Con questo denaro, soltanto 30.000 medi e grandi fazendeiros saranno beneficiati. I 4 milioni di contadini e contadine nordestine non saranno beneficiati.
In tutto il paese, i debiti anteriori al 1995 dei produttori rurali legati all’agrobusiness arrivano a 26 miliardi di reais. Sono già stati rinegoziati nel 1995, quando tutti i debitori medi e grandi con debiti di 200.000 reais hanno avuto tempi di pagamento allungati e tassi minori. Quelli che avevano debiti sopra i 200.000 reais sono entrati nel Programma Speciale di Risanamento dell’Attivo (PESA), creato dalla legge 9.318.
Nel 1998, quando è scaduto il tempo per l’inizio del pagamento dei debiti dei ruralisti che hanno optato per la securitizzazione, il governo federale ha autorizzato altri due anni di dilazione e nuovi tassi di interesse, al di là del beneficiare i fazendeiros con il PESA. Si è permesso il pagamento di almeno il 32,5% della quota iniziale entro il 31 ottobre del 2001 e il resto è stato imcorporato nel saldo da pagare in quote annuali entro il 2025. L’inadempienza arriva al 90%. Tra i piccoli produttori e gli insediati i ritardi nei pagamenti sono inferiori al 2%.
Con questo denaro sarebbe possibile risolvere i problemi dei poveri delle campagne. Tuttavia, con il popolo brasiliano che paga i debiti dei fazendeiros e senza produrre per la nazione, l’agrobusiness esce ancora una volta guadagnando. La camera e il senato hanno già approvato la rinegoziaziane per i latifondisti nordestini, ma speriamo che il presidente Lula vieti il proseguimento di questa manovra.

VI. Il dibattito negli ambienti accademici e nei giornali:
Il potere di influenza dell’agrobusiness è talmente grande che colpisce anche gli intellettuali e i giornalisti, che riproducono la lotta ideologica negli ambienti universitari e nella stampa. E’ frequente vedere articoli e servizi giornalistici che cantano in prosa e in versi le bellezze dell’agrobusiness. Alcuni intellettuali, anche originariamente di sinistra, sostengono che la via d’uscita per la piccola agricoltura sarebbe entrare nell’agrobusiness. Alcuni sindacalisti hanno copiato male questa idea e sono arrivati a parlare di “piccolo agrobusiness”. Non capiscono che, in realtà, c’è uno scontro tra i due modi di organizzare la produzione agricola nella nostra società. Il modo dell’agrobusiness, che abbiamo già descritto, e dall’altro lato l’agricoltura contadina, basata su imprese agricole familiari, più piccole, che si dedicano alla produzione di vari prodotti, di alimenti, danno lavoro a migliaia di persone, della famiglia e esterne ad essa, che producono e sviluppano il mercato locale e interno.

Alcuni arrivano a sostenere che è possibile la convivenza di due modelli. Si tratta solo di una forma implicita di sostegno all’agrobusiness. E’ chiaro che ci saranno sempre unità di produzione maggiori e che si dedicano all’esportazione. E’ necessario identificare che tipo di priorità e di politica agricola il governo e la società sostengono.

La nostra società userà la terra e l’agricoltura per produrre alimenti, distribuire il reddito e legare l’uomo al territorio o affiderà le terre alle grandi aziende, che espelleranno la popolazione, guadagneranno molti soldi e daranno priorità alle esportazioni?

Questa è la vera disputa. Sono due progetti di agricoltura per il Brasile. Per questa ragione, i rappresentanti dell’agrobusiness attaccano tanto la riforma agraria. Apparentemente non c’è relazione. Se l’agrobusiness possiede aziende produttive, sono al sicuro dall’esproprio. Quindi perchè l’agrobusiness attacca la Riforma Agraria anche attraverso i ministri dell’Agricoltura e dell’Economia ?
Per due ragioni: primo perchè loro sanno che la Riforma Agraria rafforza il modello contrario di occupazione della terra e di produzione agricola. In secondo luogo, perchè loro sono proprietari anche di latifondi improduttivi, che invece di essere condivisi per sostenere una funzione sociale, creare lavoro, distribuire reddito e migliorare le condizioni di vita del nostro popolo, vengono conservati come una specie di riserva di valore, per la speculazione o per la futura espansione delle loro fazendas.

Quindi, non è possibile fare convivere i due modelli. Essi potranno convivere per molto tempo, ma dal punto di vista della proposta per la nostra società bisogna decidersi: o si sostiene l’agrobusiness o si sostiene l’agricoltura contadina, il permanere del lavoratore nel campo e la sovranità alimentare. Definirsi attraverso il modo di produzione dell’agrobusiness è accettare anche il modello economico neoliberista dominato dalle banche, dal capitale finanziario e dalle transnazionali.
Come dice il detto popolare non si può “accendere una candela per Dio e l’altra per il diavolo”



Note: traduzione di Serena Romagnoli (www.comitatomst.it)
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