Nicaragua: vittoria dei lavoratori della Parmalat
La mattina del 7 marzo la situazione sembrava molto critica. L'impresa non voleva dialogare con il sindacato e i lavoratori erano appena stati sfollati dalle forze di Polizia.
- Che cosa ha fatto cambiare la situazione? >/b>
- La situazione era difficile. Eravamo molto nervosi e infastiditi con l'impresa e con il suo Direttore Generale, il dottor Vincenzo Borgogna, perché non volevano negoziare e continuavano a screditare il sindacato aziendale. Hanno cercato di far uscire i camion per far apparire che le attività stavano continuando normalmente, ma tutti sapevano che era solo una strategia e che tutte le aree erano paralizzate. Ha anche cercato di promuovere una manovra disperata chiamando al telefono alcuni ex lavoratori per riattivare la distribuzione.
La mattina del secondo giorno di sciopero, Managua si è svegliata con la mancanza di latte in tutta la città e questo ha messo ancora più sotto pressione la dirigenza della Parmalat.
Siamo rimasti uniti e decisi, disposti ad arrivare fino alla fine. Sapevamo perfettamente che l'impresa non poteva permettersi il lusso di perdere tutta la produzione ed avevamo contatti con l'interno dell'impresa che ci permettevano di sapere cosa stesse succedendo.
Abbiamo anche saputo che il gruppo finanziario Lafise (proprietario del 49 per cento delle azioni di Parmalat Centroamérica), stava spingendo per risolvere il problema e che aveva imposto un ultimatum a Borgogna.
-Cosa è successo dopo?
-L'unità e la decisione che abbiamo dimostrato nella protesta ha preso di sorpresa l'impresa. Non se l'aspettavano, pensavano che le minacce di licenziamenti a tappeto avrebbero fatto desistere i lavoratori e sospendere lo sciopero.
Noi stavamo semplicemente reclamando il rispetto dei lavoratori e dei loro diritti.
Sapevamo anche che la nostra azione si stava ripercuotendo su tutta la popolazione e che il nostro lavoro ha anche una funzione sociale, dato che il latte e i suoi derivati sono beni essenziali per la gente.
Alla fine, il Ministero del Lavoro (MITRAB) ha convocato le parti e noi abbiamo accettato immediatamente, perché il nostro obiettivo era quello di obbligare l'impresa alla negoziazione. Parmalat ha dovuto accettare perché non aveva un'altra via d'uscita e stava ricevendo molte pressioni.
-Come si è sviluppata la negoziazione?
-Sono stati momenti molto difficili che hanno evidenziato chiaramente la poca volontà dell'impresa di cercare una soluzione
La Responsabile del Personale, Lic. Norma Medina e il Delegato speciale in Temi Lavorativi Dr. Donald Alemán Mena, sono state le persone che hanno maggiormente ostacolato le negoziazioni. Non volevano negoziare e si dimostravano chiusi alle nostre richieste.
Alla fine lo stesso Vincenzo Borgogna non ha più potuto replicare alle nostre accuse di violazione ai diritti lavorativi e sindacali nell'impresa.
Con l'aiuto del Ministro del Lavoro, Dr. Virgilio Gurdián, siamo riusciti ad avvicinare le posizioni e firmare un accordo che è un successo per i lavoratori. Per questo bisogna riconoscere il lavoro di mediazione del MITRAB, perché ha salvato la negoziazione di fronte all'intransigenza dell'impresa.
-Quali sono i punti più significativi dell'accordo?
-Si è ottenuto il reintegro dei quattro lavoratori licenziati e la sospensione del licenziamento di altri due. Inoltre si è stabilito che nei prossimi giorni si verificheranno le trenta richieste di licenziamento presentate dall'impresa nei mesi scorsi .
Un altro punto molto importante è che nella Commissione Bipartita si verificherà il processo che ci porterà alla firma del Contratto Collettivo e la situazione degli aumenti del 16,33 per cento per il personale dell'impresa, che erano già stati decisi, ma mai applicati.
Sul Contratto Collettivo dobbiamo denunciare che la Direttrice de Negociación Colectiva y de Conciliación del MITRAB aveva accordato con l'impresa un cosa totalmente illegale.
Il sindacato aziendale aveva già presentato la sua Piattaforma Rivendicativa e si era lavorato con l'impresa per definire tutte le clausole che formeranno il Libro del Contratto Collettivo. Queste clausole sono già state firmate dall'impresa, ma noi non ci siamo ancora presentati al Ministero del Lavoro per firmare e legalizzare il Contratto, in quanto l'articolo 376 del Codice del Lavoro stabilisce che tutti i firmatari della Piattaforma Rivendicativa sono protetti fino alla firma del Contratto Collettivo e che non possono essere licenziati in base all'articolo 45 (licenziamenti senza giusta causa).
Il nostro timore era che, una volta firmato il Contratto, sarebbe iniziata una persecuzione nei confronti degli affiliati al sindacato, con relativi licenziamenti.
Apparentemente, l'impresa e il MITRAB si sono accordati per certificare le varie clausole già accordate con noi, come se si fosse già firmato il Contratto Collettivo, lasciando così i lavoratori senza protezione. Stavano convertendo il Contratto Collettivo in uno strumento per sterminare il sindacato. Nelle negoziazioni abbiamo messo sul tavolo tutti questi fatti ed ora discuteremo di questo proprio grazie all'accordo raggiunto.
-Che ambiente avete trovato ritornando al lavoro?
-Un ambiente molto ostile. I supervisori e i Responsabili delle Vendite e Produzione hanno continuato a minacciare i lavoratori. Dicevano loro che gli avrebbero applicato varie norme interne, che lo sciopero non era servito a niente e che si trovavano in una situazione rischiosa. Sono stati giorni di minacce psicologiche. E' chiaro che l'impresa è molto arrabbiata per quanto è successo e per la dimostrazione di forza ed unità dei lavoratori.
A me hanno cambiato il turno e il percorso senza rispettare i procedimenti stabiliti e si respira un'aria che annuncia nuovi licenziamenti. I lavoratori mi hanno avvisato di quello che stava succedendo ed ho parlato ai supervisori, avvisandoli che se avessero continuato con queste pressioni, il sindacato avrebbe avvisato le autorità firmatarie dell'accordo.
Speriamo che l'impresa rifletta su quanto è successo e che non provi un'altra manovra sporca, perché i lavoratori sono più uniti che mai.
-Che insegnamenti lascia questa protesta?
-L'impresa si è resa conto che a trattarci come schiavi ha ricevuto una risposta decisa e senza tentennamenti. Che uniti possiamo piegarli e creargli seri problemi. Con Parmalat abbiamo sempre avuto problemi, ma con l'arrivo del Dr. Borgogna la repressione è aumentata.
Questa gente non capisce che siamo lavoratori e meritiamo rispetto. Abbiamo dimostrato che sappiamo lavorare, che siamo buoni lavoratori, che abbiamo interesse a che l'impresa continui a lavorare, progredisca, ma sembra che non lo capiscano e continuano a trattarci come schiavi. Non siamo stupidi e conosciamo i nostri diritti.
Per i lavoratori, questa lotta lascia come insegnamento che l'unità dei lavoratori è necessaria e imprescindibile, che siamo capaci di resistere e sappiamo piegare il datore di lavoro. L'abbiamo dimostrato durante lo sciopero e continueremo a dimostrarlo. La forza dei lavoratori è indiscutibile e vogliamo che si rispetti la nostra dignità.
-Che importanza ha avuto l'appoggio internazionale e la copertura giornalistica?
-E' stato importantissimo. Vari mezzi di comunicazione hanno manipolato l'informazione dicendo che la nostra protesta era relazionata con gli interessi di un partito e si sono schierati con il datore di lavoro.
Altri mezzi di comunicazione hanno saputo analizzare i fatti ed hanno pubblicato articoli o servizi che hanno fatto conoscere le nostre ragioni.
A livello internazionale voglio ringraziare i compagni che sono venuti qui durante lo sciopero. In modo speciale la UITA, per il suo appoggio e per aver fatto circolare l'informazione a livello mondiale. Ha fatto conoscere le nostre richieste e tutto ciò che stava accadendo, dicendo la verità sulla protesta e permettendoci di comunicare con tutto il mondo. Per questo ringraziamo tutte queste persone e speriamo di averle ancora vicino nel futuro.
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