Latina

«L'urna incinta»

Messico: l'ombra della frode su un voto incerto

Timori In una vigilia arroventata crescono le voci su possibili brogli. Che in passato hanno deciso molte elezioni
29 giugno 2006
Roberto Zanini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Spunta a pochi giorni dalle urne la parola fatale, fraude, incubo di ogni candidato che sogni di sfidare il presidente in carica. Spunta nel peggiore dei modi, ciliegina sulla torta di una campagna elettorale lunghissima, estenuante, venefica. Quella notte in cui un " blackout"rubò la vittoria al candidato della sinistra Cuauthemoc Cardenas per regalarla al corrotto Carlos Salinas è memoria comune di ogni elettore messicano sopra i 35 anni, significò 6anni in più dell'eterno partito-stato Pri al potere, 6 anni che divennero 12 fino a quando l'attuale presidente Fox, del Pan non infranse l'invincibilità degli usurati eredi di Pancho Villa. Accadde 6 anni fa, Fox vinse sul priista Labastida, la sua parola chiave era «cambio». Bene, oggi il Messico ha 3 milioni e mezzo di operai ed erano quasi 10 milioni 6 anni fa. Il 50% della popolazione è povero, il 20% poverissimo. Gli emigranti sono aumentati della metà e superano i 4 milioni. Gli schiavi dell'industria maquiladorasono raddoppiati: quasi un milione e mezzo. Niente «cambio» per il povero Messico. Ecco quindi che torna la parola fraude.
Accade che a pochi giorni dalle urne una valorosa giornalista radiofonica scopra che il registro nazionale degli elettori era permeabile agli uomini del Pan. A uno in particolare, a Diego Hildebrando Zavala Gomez del Campo, nientemeno che il cognato del candidato panista Felipe Calderon, il «cognato scomodo» accusato di vari arricchimenti a spese dello stato e di un arricchimento in particolare: proprio la sua azienda aveva vinto l'appalto da 100 milioni di pesos(circa 10 milioni di dollari) per la revisione dei registri elettorali. E la giornalista Carmen Aristegui rende pubblico che dalla rete intranet di una organizzazione di appoggio calderonista, la Red por Mexico, con il nome "hildebrando 117" e la password «captura» si entrava dritti nei preziosi dati del registro elettorale: nomi, indirizzi, preferenze elettorali e altro, dati sensibili e utilissimi per incanalare risorse senza sprecarle. Risorse pubbliche, denaro dell'assistenza che poteva andare agli amici degli amici invece che a tutti. Sono dati a cui deve avere accesso, per legge, solo lo stato. Invece erano in due, lo stato e la famiglia del candidato della destra Calderon. Il quale, già che c'era, poco tempo fa ha anche preso parte alla festa di matrimonio del direttore dell'Istituto elettorale (Ife). Così tutto resta in famiglia.
E' l'ultimo atto di una guerra sporca iniziata proprio da Felipe Calderon. Che qualche tempo fa ha aperto il fuoco dichiarando il suo sfidante «un pericolo per il Messico». L'uomo del centrosinistra, Andres Manuel Lopez Obrador, non si è fatto pregare ed è partita una controvalanga di fango. Contro il «cognato scomodo» accusato - con molta documentazione - di 100 milioni di dollari di evasione fiscale. Contro i tremendi metodi elettorali del Pan, compreso l'uso del povero Hugo Chavez negli spot - poi ritirati - che attaccavano la sinistra. Contro quella Confindustria messicana che si chiama Consejo coordinador empresarial,che sfacciatamente fa campagna per il Pan, afferma che Lopez Obrador sarebbe una disgrazia per gli affari e invita i messicani «a non cambiare modello economico», neanche Amlo fosse un rivoluzionario trinariciuto.
Qualche giorno prima, davanti a 20mila persone in una piazza nello stato di Morelos, Lopez Obrador aveva avvertito del rischio di frode. «Quelli del Pan hanno la tentazione di rubare le elezioni - ha detto- sono molto nervosi e capaci di qualunque cosa». Spiccioli di campagna arroventata o denuncia vera e propria? C'è del serio nella possibilità che il Pan abbia la tentazione di manomettere qualche numero: Calderon e Lopez Obrador sono staccati di qualche punto (da 2 a 6), ma le inchieste elettorali hanno fallito clamorosamente altre volte, la massa degli indecisi è elevata e un piccolo intervento potrebbe bastare. I trucchi sono molti. La urna embarazada, incinta, cioè già piena prima di aprire il seggio. O il raton loco, il sorcio impazzito: si chiude improvvisamente un seggio e si comunica che è stato spostato ad altro indirizzo, così più volte finchè gli elettori si stufano di girare e rinunciano a votare. E via così.
L'accordo non ufficiale tra i partiti sarebbe il seguente: se il vantaggio del vincitore è inferiore a un punto, nessuno dichiara vittoria e si sfruttano tutti e tre i giorni che la legge prevede per contare ogni singolo voto. Se è superiore a un punto e mezzo, il vincitore lo dichiara. Sarà dura .

Quasi 72 milioni di elettori
domenica vanno a votare in Messico. Per il presidente, per i 128 senatori, per i 500 deputati federali, per 9 governatori statali e un certo numero di sindaci, compreso quello della capitale, Città del Messico. E' il ricambio totale che attende il paese ogni 6 anni.

Tre i candidati alla presidenzaAndres Manuel Lopez Obrador è l'uomo della coalizione « Por el bien de todos»,cartello elettorale di centrosinistra tra il Partido del trabajo(Pt) e il nuovo partito Convergencia. Guida i sondaggi con il 34-36%. Subito dietro è il Partido de accion nacional(Pan), di destra, il cui candidato è Felipe Calderon Hinojosa, erede diretto ma non amato del presidente uscente Vicente Fox, di cui è stato ministro per l'energia. E' stimato tra il 29% e il 33%. Distante terzo è Roberto Madrazo Pintado, l'ultimo dinosaurio del Pri, l'ossimorico Partido revolucionario istitucional. Il vecchio partito-stato che per oltre 70 anni ha fatto il bello e il cattivo tempo in Messico è all'ultima prova della sua vita: se va male anche questa volta potrebbe implodere - e a dire il vero le schegge stanno già volando.

Il presidente dura 6 anniè ineleggibile, ha molti poteri ma non tutti. In parlamento, per ora il maggior numero di deputati e senatori (e anche il maggior numero di influenti governatori statali) sono del Pri, ma Pan e Prd non sono molto distanti, cosa che di fatto paralizza il parlamento e limita la possiblità del presidente di mettere in pratica la sua politica. Ne ha fatto le spese per 6 anni l'attuale presidente Fox, bloccato in molte iniziative, ne potrebbe fare le spese in un altro senso Lopez Obrador: se vincerà sarà costretto ad allearsi con i deputati priisti, moderando ancora di più un programma già abbastanza moderato per molti suoi sostenitori.

Lopez Obrador
ha sollevato speranze rilevanti nelle classi più basse della popolazione messicana, speranze che, se non esaudite, non tarderanno a presentare il conto sotto forma di conflitto sociale. Secondo le statistiche, oltre 35 milioni di elettori sono considerati poveri. Quasi 22 milioni di elettori hanno meno di 30 anni. Più della metà dell'elettorato non era ancora nato il giorno in cui l'esercito sparò e massacrò in Piazza delle Tre Culture. Insomma, sembra incredibile ma è un'elezione vera. (R. Zan.)

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