Latina

Appropriarsi della tecnologia. Una soluzione alla mancanza di acqua:intervista ad Yaniree Álvarez

Nicaragua: la lotta per l'acqua


Il Comitato "Sì a la Vida - No a la destrucción del Medio Ambiente" della comunità indigena di Sutiaba - León sta promuovendo una lotta che non si limita alle denunce contro gli abusi dell'Ingenio San Antonio (produttore di zucchero e rhum e proprietà della Famiglia Pellas, tra le più ricche e potenti del Nicaragua) e alle azioni per impedire che continui ad inquinare e distruggere l'ambiente, ma contempla anche la necessità di trovare una soluzione alla scarsità di acqua che esiste nelle comunità della zona.
3 luglio 2006
Giorgio Trucchi (Ass. Italia-Nicaragua gtrucchi@itanica.org)


Yaniree Álvarez, assessore legale del Comitato, ha conversato con la Lista Informativa "Nicaragua y más" dell'Associazione Italia-Nicaragua per far conoscere come il Comitato "ha l'obiettivo di chiudere il cerchio, non facendo solo denunce, ma cercando anche le forme più economiche, ma molto efficaci, per migliorare la qualità della vita delle comunità povere di Sutiaba, cominciando con l'accesso all'acqua e con l'appropriazione (empoderamiento) della tecnologia, affinché la gente non continui a dipendere da fattori esterni".

Villa Jerusalén è una comunità a circa 7 chilometri dal centro di León, nel territorio di Sutiaba ed è formata da piccole case di cemento, dove vivono centinaia di persone che hanno abbandonato i loro luoghi d'origine nel 1998 a causa dell'Uragano Mitch.
La forza e la violenza devastatrice dell'uragano li aveva lasciati senza un posto dove vivere.
Alcune di queste famiglie si erano stabilite inizialmente nella zona di Sutiaba, fino al giorno in cui, come raccontano gli abitanti, l'Ingenio San Antonio li sgomberò con la forza dei suoi trattori per poter estendere la coltivazione di canna da zucchero (caña).
Altre famiglie si erano invece disperse in altri territori appartenenti ai Dipartimenti di León e Chinandega.
Quattro anni fa, alcune organizzazioni della cooperazione internazionale approvarono un progetto di abitazioni per gli sfollati dell'Uragano Mitch e questa zona si popolò e diede nuove speranze a centinaia di persone.

Per arrivare bisogna percorrere una lunga strada di terra e pietre. Il servizio di trasporto pubblico passa solo due volte al giorno e la gente non può far altro che camminare o utilizzare una bicicletta, coprendosi il viso per proteggersi dalla polvere e dalla terra che si alza durante il periodo secco dell'estate.
Risulta quasi impossibile poter immaginare di vivere in una zona così secca ed assetata senza avere un accesso regolare all'acqua e ancora di più, quando si sa che sotto questa terra arida esiste una quantità immensa di acqua.
Nella comunità esisteva un unico pozzo che riforniva tutta la popolazione e quando il sistema di estrazione smetteva di funzionare per qualche difetto meccanico, la situazione diventava drammatica.
Villa Jerusalén è oggi una delle comunità beneficiate dal progetto del Comitato "Sì alla Vita".
Esistono già 5 pozzi e la comunità è rifiorita.

Come sorge l'idea di perforare pozzi?

"Uno dei principali problemi nella comunità di Sutiaba è la scarsità di acqua e tra le principali cause vi sono la gestione errata della coltivazione di caña da parte dell'Ingenio San Antonio e lo sfruttamento delle risorse naturali, in modo particolare quello della falda acquifera.
Abbiamo denunciato questi abusi, ma non ci sono state risposte che proteggessero le comunità.
La gente non sapeva cosa fare ed abbiamo quindi iniziato a cercare soluzioni concrete ai problemi.
Abbiamo svolto una ricerca sui vari tipi di tecnologia di perforazione da utilizzare per poter estrarre l'acqua del sottosuolo, ma ci siamo accorti che in generale erano molto care e non avevamo nessuno che ci finanziasse.
Con l'appoggio di un cooperante dell'Unione Europea abbiamo scoperto la tecnologia della Escuela Móvil de Agua y Sanamiento (EMAS). Abbiamo inviato un membro della comunità affinché imparasse le basi di questa tecnologia, ma alla fine ci siamo resi conto che anche in questo caso i costi erano troppo alti.
Alla fine, grazie alla presenza di un tecnico tedesco, il signor Paul Cloesen, abbiamo scoperto un altro sistema di perforazione che è la Tecnologia Bautista.

Che cosa è successo dopo?
Abbiamo iniziato a fare delle prove nella Comunità di Nueva Vida, nella zona di Goyena Sur, unendo la tecnologia EMAS con la tecnologia Bautista. La gente non era molto convinta, perché il sistema era molto essenziale. C'erano anche persone che si sono messe a pregare affinché il sistema funzionasse.
Questa comunità, come molte altre, è molto povera ed è nata per dare una risposta agli sfollati dell'Uragano Mitch.
Di fronte alla comunità inizia la distesa delle piantagioni di canna da zucchero dell'Ingenio San Antonio e malgrado il Fondo di Investimento Sociale ed Economico (FISE) avesse costruito alcuni pozzi, la vicinanza dei pozzi dell'Ingenio ha iniziato a generare una grave scarsità di acqua.
Le pompe dell'Ingenio sono molto potenti ed estraggono quasi 4 mila litri di acqua al minuto, attingendo dal manto acquifero superficiale e creando un suo sprofondamento molto veloce che impedisce ai pozzi delle comunità, di solito fatti a mano e quindi poco profondi, di arrivare all'acqua.
Si è formato un "club" (squadra) di 10 persone ed hanno iniziato a perforare in modo volontario.
In quel momento avevamo solo gli strumenti più essenziali per la perforazione ed alcuni attrezzi per riparare i pezzi che si deterioravano durante lo scavo.
Alcuni volontari raccolsero un po' di soldi tra la gente per potere acquisire il materiale per le tubature.
Quando uscì il primo getto di acqua fu molto emozionante, perché i primi a esplodere di gioia furono i bambini, i quali non potevano credere di potersi lavare tutti i giorni, poiché erano abituati ad utilizzare l'acqua solo per bere.

Come è continuato il progetto dopo questo primo risultato?
Dall'Italia abbiamo ricevuto la visita della AUCS (Associazione di Università per lo Sviluppo) e ci hanno proposto di svolgere uno studio sulla qualità dell'acqua.
Il problema più urgente in quel momento era però l'accesso all'acqua ed abbiamo proposto una modifica al progetto, puntando sulla realizzazione di una "comunità modello" che avesse un accesso regolare all'acqua e per dimostrare anche che era possibile risolvere il problema con poco denaro e molta volontà.
Con molti sforzi siamo riusciti a creare una catena di collaborazioni, non solo per perforare, ma anche per controllare la qualità dell'acqua, i trasporti, le analisi.
Ci siamo però resi conto che non era sufficiente e che era necessario migliorare la qualità della vita.
Alla fine abbiamo messo insieme tutto quello che avevamo e siamo riusciti a perforare 27 pozzi e finire 10 "sistemi", composti da una doccia, un lavandino, una piccola cisterna per immagazzinare l'acqua ed una latrina modello, per non continuare ad inquinare con le feci il manto acquifero.
L'esperienza è stata un successo ed abbiamo installato questi "sistemi" anche in due Dispensari Sanitari ed in due scuole.
Grazie a delle persone che ci hanno prestato dei fondi abbiamo poi continuato a perforare in altre comunità. Attualmente si stanno aprendo altri 37 pozzi, per un totale di 64 pozzi in tutto il territorio di Sutiaba.
Abbiamo potuto dimostrare di aver trovato una tecnologia che si adeguasse alla nostra realtà e ai nostri bisogni.
In poco tempo i contadini si sono appropriati della tecnologia, imparando per esempio come costruire una pompa idraulica, come ripararla, come perforare, cosa fare quando si incaglia la punta che perfora, etc.

Come si sono organizzate le comunità?
Hanno continuato con il metodo di formare gruppi di 10 persone che sarebbero rientrate nel gruppo dei beneficiari del nuovo pozzo. Hanno lavorato sempre in modo volontario, dato che non esistevano fondi per pagare un salario.
Mentre un gruppo perforava, due persone del secondo gruppo partecipavano al lavoro per imparare la tecnica e per potere poi insegnare agli altri. In questo modo acquisivano il diritto ad utilizzare l'attrezzatura per la perforazione. È un metodo per imparare l'uso della tecnologia e allo stesso tempo, è servito per rafforzare l'organizzazione interna della stessa comunità, oltre che a migliorare la qualità di vita e diminuire l'incidenza di malattie.

Che cosa succede quando una pompa si rompe o ci sono problemi con l'attrezzatura per la perforazione?
Uno degli aspetti più importanti è l'appropriazione (empoderamiento) della tecnologia.
È importante perché la gente delle comunità, nonostante abbia molto spesso un livello scolastico medio basso o sia addirittura analfabeta, non ha più bisogno della presenza continua di un tecnico specializzato e non è più dipendente, ma al contrario, ha imparato facendo e si è appropriata della tecnologia e degli strumenti per poter essere autonoma.
Abbiamo iniziato guardando dei video sulle tecniche di perforazione, su come si preparava la struttura per perforare, come si riparavano gli strumenti. C'erano contadini che di sera chiedevano di guardare più volte i video per capire tutto il processo di costruzione della pompa.
Ci siamo resi conto che quando la gente ha una necessità molto urgente e forte non c'è bisogno di pregarla per fare le cose, perché l'accesso all'acqua è per loro una priorità.
Appropriandosi della tecnologia, la gente ha potuto raggiungere una certa autonomia e non dipende più da elementi esterni.
Ci sono anche persone che hanno molta inventiva e che hanno adattato la tecnologia alla realtà locale, al tipo di suolo e alla realtà della comunità.
Avremmo potuto mettere anche pompe che funzionavano a benzina o con la corrente elettrica, ma chi avrebbe pagato il diesel o il motore quando si rompe? Chi avrebbe pagato il tecnico? Chi avrebbe custodito il pozzo per evitare che si rubassero la pompa o il motore? E la cosa più logica è stata quella di far sì che ognuno rispondesse per il proprio accesso all'acqua e si è perforato un pozzo per ogni casa o insieme di case.
Alla fine abbiamo dimostrato che non c'è bisogno di milioni di dollari per risolvere il problema dell'acqua, ma di molta volontà e di una tecnologia autosostenibile, economica, di buona qualità e semplice per la gente di scarse risorse. Abbiamo ottenuto che la soluzione dei problemi si adattasse alla realtà del posto.

Che piani avete per il futuro?
Sappiamo perfettamente che dobbiamo continuare con le denunce affinché le istituzioni locali e nazionali obblighino l'Ingenio San Antonio a rimediare i danni fatti e smettere di causare enormi danni all'ecosistema e alla salute.
Parallelamente continueremo a cercare le risorse per risolvere il problema della scarsità di acqua che esiste nel territorio di Sutiaba.
Tra poco apriremo un'officina a Villa Jerusalén per la costruzione delle pompe, degli attrezzi, delle punte per scavare, in modo che la gente della zona possa venire e costruire da sé ciò che gli serve.
In questo modo non dovrà ricorrere a tecnici esterni, aumentando la propria autonomia e il grado di appropriazione della tecnologia.
Con il Ministero della Sanità (MINSA) di León abbiamo organizzato un corso di formazione su "Acqua e Igiene", spiegando cosa fossero le acque di scarico, cosa si deve fare con la spazzatura, l'uso razionale dell'acqua e l'igiene in generale.
A livello più generale abbiamo dato il nostro apporto per l'elaborazione di una Legge Generale dell'Acqua ed abbiamo organizzato un Foro sui differenti tipi di tecnologia che esistono a livello mondiale.
È importante vedere come la gente delle comunità abbia sfruttato la propria inventiva, come abbia cercato e trovato una soluzione ai problemi che si presentano e come si sia impossessata della tecnologia e del sistema.
Oramai non dipende più da nessuno.

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