Frei Betto: «La legge tuteli l'amore tra le persone»
l suo libro più recente pubblicato in Brasile prende in prestito il titolo da un poema di Machado de Assis, A Mosca Azul, breve ed efficace allegoria del potere. Una testimonianza critica, quella che Frei Betto offre nei suoi saggi, ripercorrendo anche la nascita, la crescita, e qualcuno oggi dice la decadenza del Pt (Partito dei lavoratori), arenatosi tra le secche istituzionali che ne hanno logorato soprattutto il primato etico. Per il frate domenicano, che ha conosciuto il penitenziario di Carandiru durante la dittatura militare, Lula comunque ha diritto a una prova d’appello, soprattutto ora che il clima dell’America del Sud sta cambiando e il caldo “principio speranza”, mai abbandonato dai teologi della liberazione, sta gradualmente sciogliendo la glaciale “rassegnazione” al capitalismo neoliberista. Un esperimento continentale dagli esiti non scontati, reso possibile o divenuto indispensabile a causa delle mutate condizioni politiche planetarie.
Condizioni che anche la Chiesa ha contribuito a determinare e che scandiscono le diverse fasi del lungo pontificato di Wojtyla. In passato, ma crediamo valga anche per oggi, Frei Betto affermava che «finché vi saranno divisioni di classe, queste si rifletteranno anche nella Chiesa». A partire da quest’affermazione, confermando il proposito non eretico, ma bensì l’irriducibile tentativo di un ritorno al messaggio originario evangelico, vanno considerati i suoi giudizi sulla prima enciclica di Benedetto XVI.
«Gesù s’identifica con i bisognosi: affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)». Un riferimento che Benedetto XVI, quando dettava le sue Istruzioni come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, avrebbe forse evitato, perché la teologia della liberazione - che non ha mai seguito il “dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” - al centro dell’utopia che oggi potrebbe trovare il suo spazio d’inveramento in America del Sud, da sempre ha considerato come interlocutori privilegiati i poveri. Portatori di una ricchezza antropologica, per dirla con Boff, che preannunciano la necessità di una globalizzazione della solidarietà in contrapposizione a quella che Frei Betto chiama la globocolonizzazione.
Certo, l’occasione di questo colloquio prende spunto dalla recente pubblicazione di Hotel Brasil (traduzione di Adelina Aletti, Cavallo di Ferro, 2006, pp.237, euro 15.00), un romanzo poliziesco nel quale affiorano, per fare solo un esempio, un linguaggio e delle concezioni sulla sessualità ben diverse da quelle espresse dalla Curia romana, manifestazioni di un’umanità che Frei Betto incontra quotidianamente, grazie alla sua scelta di una vita fondata sulla prassi evangelica.
D’altronde, ciò che continua a distinguere le due Chiese, risiede nel tratto peculiare che caratterizza la teologia della liberazione: l’inversione del rapporto tra il teologo e la comunità. E’ la comunità che pone i problemi e non il teologo che impone il suo sapere, i suoi principi, le sue certezze.
Alla vigilia delle elezioni presidenziali in Brasile gli orientamenti della sinistra non sembrano univoci. Anche quella cattolica appare divisa: c’è chi vuole riconfermare Lula, chi vuol votare Helena Heloísa del Psol e chi potrebbe optare per il voto nullo. Qual è la sua posizione in questo dibattito?
Io sto con Lula, lo voterò. Spero che nel secondo mandato realizzi la riforma agraria, promuova una riforma tributaria a favore dei più poveri e una riforma politica che ostacoli la corruzione e crei le condizioni per una democrazia meno rappresentativa e più partecipativa. La maggioranza dei cristiani che si riconoscono nella Teologia della liberazione voterà Lula. Molti di quelli che voteranno Helena Heloísa lo faranno solo al primo turno. Ma io spero che non ci sia un secondo turno. La rielezione di Lula fa parte di questo nuovo vento democratico che soffia sull’America del Sud, con presidenti che s’identificano con i poveri e distanti dalle imposizioni degli Usa e dalle vecchie oligarchie politiche, come ho cercato di esplicitare nelle analisi che compio nel mio libro più recente, A Mosca Azul.
Cosa pensa dell’irruzione dei contadini dell’Mlst (i Sem Terra ndr) nel Congresso a Brasilia? Si tratta di un caso isolato o è un segnale di un distacco tra i movimenti e il Palácio de Planalto che si potrebbe ampliare?
Ripudio l’azione violenta dell’Mlst. Voglio ricordare che Marx condannò gli operai che distruggevano le macchine nelle fabbriche. Bisogna distruggere il sistema di sfruttamento. L’Mlst ha pregiudicato l’immagine dei senza-terra e ha dimostrato che si tratta di un movimento elitario, chiuso in concetti politici antipopolari.
Poi ci sono stati gli avvenimenti di San Paolo e la questione delle carceri. La stampa internazionale ha parlato di narcotraffico e lotta di classe. Pensando al suo romanzo pubblicato da poco in Italia, “Hotel Brasil”, sembra emergere la questione della corruzione all’interno dello Stato che corrode la speranza del sottoproletariato e dialoga con la criminalità…
Non credo che la criminalità sia il frutto della miseria. E’ frutto della cultura. Basta guardare la mafia in Italia, un paese ricco. Il paese più violento del mondo, dove c’è più criminalità, è anche il paese più ricco del mondo: gli Usa. Lì ci sono due milioni di prigionieri e vi si respira un’aria bellica, guerriera, imperialista, che induce gli adolescenti ad assassinare i compagni di scuola, dopo aver appreso il crimine virtuale attraverso i videogames. Pertanto non basta il reddito e l’educazione per porre fine alla violenza criminale. C’è bisogno di una cultura di solidarietà, meno fondata sulla competizione e sul possesso dei beni materiali.
Sempre parlando del suo romanzo, più che una metafora del Brasile sembra una riflessione su alcune sfide del Terzo millennio. I riferimenti ad antichi miti o dei-demoni (Illujanka, Horus, etc.) sembra alludere al fatto che anche nella religione è insito il rischio dell’intolleranza…
Sì, in Hotel Brasil il metalinguaggio affronta tutta questa dimensione del fondamentalismo religioso, del preconcetto sessuale, della discriminazione razziale, della contraddizione tra le classi sociali.
Un altro tema del romanzo è appunto quello della sessualità. Che pensa per esempio del riconoscimento dei diritti anche alle coppie dello stesso sesso?
Penso che è l’amore che instaura la relazione tra due persone, e la legge ha il dovere di proteggere questa relazione, comunque niente è più sacro e più umano che l’amore, come è evidente nella narrativa poliziesca di Hotel Brasil.
A un anno dall’elezione di Benedetto XVI qual è il suo giudizio. La prima enciclica - Deus Caritas Est - del Papa ha incontrato anche voci di apprezzamento in Brasile …
Benedetto XVI mi sorprende positivamente. La sua prima enciclica supera i dualismi platonici, mostra una visione positiva della sessualità e una visione sociale dell’amore. Inoltre, condanna l’aggressione degli Stati Uniti all’Iraq e difende i diritti dei poveri. Non basta per arrivare ad essere un profeta, ma non è neanche il cardinale del Santo Uffizio nel papato.
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