Messico: L'Europa protesta per i fatti di Atenco e Oaxaca
Non si conoscerà prima del prossimo 6 settembre l'esito del riconteggio voto per voto, come aveva chiesto Lopez Obrador, che stabilirà il vincitore definitivo delle elezioni presidenziali messicane 2006, passate alla storia del paese come quelle più fraudolente in una situazione non troppo differente da quella che vide trionfare nel 1988 Salinas De Gortari del Pri, scippando la vittoria al candidato perredista Cuahutemoc Cardenas.
Iniziative politiche contro il cosiddetto "el fraude" sono all'ordine del giorno, milioni di persone hanno affollato lo Zocalo di Città del Messico per protestare contro la decisione temporanea del Tribunale Federale Elettorale (tra l'altro controllato da uomini vicini al Pan) di assegnare la vittoria a Felipe Calderon, in una situazione che con il passare del tempo diventa sempre più esplosiva.
Sulla presidenza Fox, responsabile dei fatti di Oaxaca e San Salvador Atenco proprio negli ultimi scampoli del mandato, sono piovute proteste in cui un ruolo importante è stato giocato dall'Europa.
In una lettera rivolta al Parlamento Europeo, l'Iniziativa di Copenaghen per l'America Centrale osserva il paradosso del primo consiglio dei diritti umani dell'Onu presieduto proprio dal Messico, il cui governo si è macchiato non solo di violazioni gravissime dei diritti umani perpetrate ai danni dei propri cittadini (lo sgombero violento dei "floristas" di Texcoco e la repressione poliziesca contro gli insegnanti di Oaxaca), ma ha violato anche i più elementari diritti di cittadini europei che stavano solidarizzando ad Atenco con l'Altra Campagna e con il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra. Di fronte ad alcune ambasciate messicane in Europa si è unita la protesta contro la truffa elettorale a quella per la violazione dei diritti umani: l'Iniziativa per l'America Centrale "osserva con preoccupazione questi fatti, poiché costituiscono una chiara violazione da parte delle autorità messicane dei diritti fondamentali, come il diritto alla vita, all'integrità fisica, alla libertà, al giusto processo ed alle garanzie individuali di libertà di mobilitazione e libertà di espressione".
Oltre alla repressione violenta contro qualsiasi manifestazione di dissenso (che richiama ai metodi del vecchio Pri, il "partito-dinosauro" per 70 anni al potere in Messico), il Pan ha esercitato anche la censura preventiva nei confronti della stazione radio 620, dove, all'interno del programma "Politica di Strada", era previsto un intervento del Subcomandante Marcos.
Per quanto L'Altra Campagna abbia polemizzato duramente con Lopez Obrador (attirandosi per questo le dure critiche anche di alcuni prestigiosi intellettuali come lo scrittore Carlos Monsivais), Marcos fin dal 3 luglio, il giorno successivo alle elezioni, aveva denunciato che era stata commessa una frode di Stato, e per questo la Presidenza della Repubblica ha deciso di censurare il suo intervento in radio. "Il governo ha fatto tutto il possibile perché Marcos non fosse qui" hanno spiegato i conduttori del programma radiofonico, sottolineando inoltre le "forti pressioni" ricevute nei giorni scorsi affinché non potesse intervenire per rispondere alle chiamate dei radioascoltatori.
Nonostante si sia trattato di un evidente caso di violazione della libertà di espressione, un gruppo di persone ha manifestato contro la decisione del governo, mentre i redattori hanno più volte ripetuto che la "proibizione non è potuta arrivare in un meno più inopportuno, quando c'è un problema di legittimità delle istituzioni dello Stato".
Di crisi irreversibile dello Stato ha scritto anche Luis Hernandez Navarro, una delle firme storiche de "La Jornada": "Man mano che il tempo passa, la versione che si sia commessa un'enorme frode viene documentata, si dilata, acquisisce consistenza. Tutti i giorni si presentano all'opinione pubblica altre testimonianze della truffa elettorale. La credibilità dell'Istituto Federale Elettorale è rasoterra. Tra i molti altri illeciti commessi, ha ordinato, per far quadrare le cifre, l'apertura del 40% dei pacchi elettorali , senza che ciò fosse a conoscenza dei partiti politici e senza l'autorizzazione del tribunale elettorale”.
E mentre Calderon rifiuta il riconteggio dei voti e Obrador ha richiesto una verifica non solo in relazione ai 50 mila seggi sotto accusa, ma di tutti i 130 mila allestiti nel paese, si fa largo anche la possibilità, non del tutto remota, di nominare un presidente ad interim che organizzi nuove elezioni entro 18 mesi.
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