La resistenza civile per la giustizia elettorale
Questa mattina Città del Messico si è svegliata bloccata. Gli attivisti della Coalizione per il Bene di Tutti "Prima i Poveri", capeggiata da Andrés Manuel López Obrador, sono scesi in strada e hanno deciso di bloccare le strade per far sentire la loro voce. La loro operazione di “resistenza civile” è stata intrapresa per contestare contro il risultato delle elezioni del passato 2 luglio quando la Coalizione per il Bene di Tutti "Primo i Poveri" perdette le elezioni per solo 0,58% a discapito del conservatore Partito di Azione Nazionale di Felipe Calderón. I seguaci di López Obrador non ci stanno e richiedono il riconteggio dei voti. Questa notte il candidato presidenziale ha dormito in una tenda in Plaza del Zócalo mentre i suoi seguaci hanno installato almeno altri 46 accampamenti per tutto il centro di Città del Messico.
La maggior parte delle persone in piazza sono indigeni. Ovvero quella parte di popolazione che da anni è dimenticata, sfruttata, oscurata. Ma questa volta gli indigeni ci credono; e vedono in López Obrador la speranza di un cambio, un cambio che gli dia più diritti e più luce. Per questo stamattina in piazza c’erano tutti. C’erano mazahuas, ñañhús, zapotecos, p'urhpechas, nahuas di Hidalgo e San Luis Potosí, Veracruz, Guerriero, Abita, mixtecos, maya, tepehuanos di Durango, Raramuris tarahumaras di Chihuahua, Huicholes-Wirarika di Jalisco, Chontales di Tabasco, Choles, Tzeltales, tzotziles, tojolabales del Chiapas, popolocas di Puebla, organizzazioni come Tosepan, Fronte Indigeno e Contadino, Consiglio di Paesi Nahuas, Nazione P'urhépecha, l'Assemblea Nazionale Indigena per l'Autonomia (ANIPA), la commissione promotrice del futuro Parlamento Indigeno del Messico e altre.
Ricardo Ruiz, segretario del governo municipale, ha assicurato che non verranno sfrattati i manifestanti perché fanno parte di un conflitto politico a livello nazionale, e che esiste un piano con i manifestanti per liberare alcune zone e evitare la congestione totale del traffico non certo fluido della capitale messicana.
Le tende in piazza rendono inevitabile pensare a Kiev e alla protesta del 2004. Quella volta i manifestanti sfidarono la neve e il freddo per più di un mese per sostenere il loro leader Yushenko e alla fine ottennero giustizia. Però quella volta le prove dei brogli erano schiaccianti. Tutti ricordiamo le immagini dei votanti spostati da un seggio a l’altro a votare Yanukovich. Questa volta i brogli non sono provati. López Obrador ha presentato un video che dimostrava i presunti brogli però questo non è stato accettato dall’Istituto Elettorale del Messico.
Quindi, per ora, nessuno ha le immagini né prove concrete ma la storia recente del Messico ci riporta al 1988 quando la presidenza fu letteralmente “scippata” al candidato Prd Cuahutemoc Cárdenas. Ma, come dichiara Carlos Montemayor (scrittore, saggista e poeta messicano), -questa volta la cosa è ben diversa. Cuahutemoc Cárdenas si lasciò sopraffare quasi passivamente dai poteri forti mentre López Obrador non vuole mollare la lotta.-
Il tribunale elettorale ha tempo fino al 31 d’agosto per decidere qualcosa sull’esito delle elezioni. E fino a quel giorno sarà difficile che le strade si svuotino.
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