Latina

Occupata e poi ripresa la più grande miniera di stagno del paese, in una lotta mortale tra poveri e più poveri

Minatori e dinamite, la Bolivia esplode

A colpi di candelotto Lo stagno va alle stelle, i minatori delle cooperative libere vanno all'assalto dei ricchi giacimenti pubblici, i minatori statali reagiscono: 13 morti, il paese precipita e Morales manda l'esercito
7 ottobre 2006
Pablo Stefanoni
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

I tradizionali scontri tra i lavoratori delle miniere statali e quelli delle cooperative libere sono culminati questa volta in un'esplosione di violenza che ha già ucciso 11 operai e ha provocato almeno cinquanta feriti.
I fatti peggiori sono accaduti nella località di Huanuni, nella provincia di Oruro, 270 chilometri a sudest di La Paz. Il conflitto tra minatori si è trasformato in un'autentica battaglia campale - con lancio di cartucce di dinamite e salve di arma da fuoco - quando i minatori delle cooperative hanno cercato di assaltare zone della miniera «Cerro Posokoni», il giacimento di stagno più ricco del paese, che appartiene all'impresa statale Corporacion minera de Bolivia (Comibol). I lavoratori della Comibol hanno resistito all'attacco.
Attualmente il giacimento è condiviso da entrambi i settori della manodopera mineraria boliviana: Comibol controlla la parte più ricca della miniera (i livelli a meno 120, meno 160 e meno 200 sottoterra), mentre le cooperative sfruttano la parte più vicina alla superficie (da -80 al cielo aperto), queste ultime senza aver realizzato alcun investimento. Lo stato ha recuperato il pieno controllo del Cerro Posokoni solo nel giugno di quest'anno, dopo un'intervento giudiziario che ha fatto seguito a una discussa gestione privata.
Le immagini mostrate dalle catene televisive sono state dantesche. Decine di uomini feriti dalle esplosioni della dinamite, cadaveri lungo i fianchi delle montagne, donne che frugavano la morgue cercando i corpi dei mariti. L'opedale locale è stato devastato, le antenne della Radio Nacional Huanuni - in mano ai minatori sindacalizzati - sono state fatte saltare in aria con lanci di candelotti, la violenza ha provocato un esteso black-out elettrico nell'intera zona.
Ieri sono continuati gli scontri, con altri due morti, e il governo - che ha reagito tardivamente - ha inviato circa 700 fra poliziotti e militari nella regione, mentre organismi per la difesa dei diritti umani hanno tentato di pacificare le due bande in conflitto.
I sindacati dei minatori sono stati uno dei principali attori della politica boliviana negli ultimi cinquant'anni. I mineros hanno avuto un ruolo centrale nella rivoluzione del 1952 e nel sostenere lo «Stato nazionalista rivoluzionario» che le successe. Le loro lotte con casco e dinamite formano parte integrante della mistica del movimento popolare boliviano. Ma nel 1985, nel pieno della crisi internazionale provocata dalla caduta del prezzo dello stagno, il governo neoliberale del presidente Victor Paz Estenssoro ridusse quasi alla chiusura il Comibol, cosa che comportò il licenziamento di più di ventimila minatori. E con loro si estinse il «marxismo minerario», nato nelle spelonche trivellate insieme ai miti e alle superstizioni ancor oggi adottate per proteggere le vite degli operai dalle forze oscure che si scatenano nelle profondità della terra.
Dopo la crisi molti minatori migrarono nelle città e si trasformarono in minatori in proprio, altri divennero coltivatori di coca nell'area tropicale di Cochabamba, una parte di loro formò cooperative per impossessarsi di giacimenti che vennero sfruttati a cottimo, come microimpresari.
E sono questi cooperativistas che oggi reclamano qualche pezzo delle miniere statali, in un contesto di riattivazione dell'industria mineraria dovuto all'aumento del prezzo internazionale dei minerali, aumento sospinto dall'incremento della domanda in Cina. Secondo un rapporto pubblicato dal quotidiano La Razon, la popolazione di Huanuni è passata da ottomila a trentamila abitanti negli ultimi cinque anni e le cooperative minerarie di questa regione sono passate da duecento soci nel 1995 ai quattromila di oggi. Il prezzo dello stagno è aumentato da 2,80 dollari la libbra a 3,95 negli ultimi anni, cosa che ha riattivato la lotta per accaparrarsi le ricchezze del sottosuolo.
Per gli operai statali il governo si muove con parzialità a favore degli avversari, dal momento che il ministro alle miniere Walter Villarroel è un dirigente delle cooperative minerarie. Villarroel è arrivato al suo dicastero come prodotto di un accordo tra la Federazione nazionale delle cooperative minerarie (Fencomin) e il partito di governo Movimiento al socialismo (Mas), in appoggio alla candidatura presidenziale di Evo Morales. Inoltre, i minatori di Comibol accusano le cooperative di sfruttare i giacimenti con una logica predatoria, senza preoccuparsi nemmeno per la propria vita. Di fronte a questo, la federazione sindacale dei lavoratori minerari di Bolivia (Fstmb) reclama la rifondazione dell'attività mineraria statale e «un piano nazionale minerario-metallurgico con una visione strategica». Significa includere le attività minerarie nella politica di nazionalizzazioni già applicata agli idrocarburi.
Le dichiarazioni del ministro Villarroel hanno aggiunto altra legna al fuoco. Il ministro ha difeso il «suo» settore di provenienza e ha accusato delle violenze i sindacati statali. Dall'altra parte, i morti hanno trasformato questo conflitto sindacale in un problema politico per il governo di Evo Morales, che ha reagito troppo tardi per fermare le violenze e ha messo in evidenza la mancanza di decisione nel presentare un piano di sviluppo minerario che permetta al paese di approfittare del rialzo dei prezzi.
Ieri le due parti hanno firmato un atto di non aggressione, ma la tensione rimane altissima. E la Bolivia assomiglia un'altra volta alla vecchia «Bolivia minera», ma oggi per i violenti scontri tra gli operai dei cunicoli. Minatori contro minatori, in lotta per la sopravvivenza.

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