Ecuador: sfida tra Correa e Noboa per Palacio de Carondelet
Alla vigilia delle elezioni presidenziali, in programma domenica 15 Ottobre, in Ecuador comincia a farsi strada l'ipotesi di una vittoria di Rafael Correa, proveniente dal Movimiento Alianza Paìs ed ex ministro dell'economia nel governo del presidente uscente Palacio per quattro mesi prima di abbandonarlo per forti divergenze. Correa ha ricevuto inoltre l'appoggio del presidente venezuelano Chavez e c'è una certa curiosità per vedere se questo sostegno "bolivariano" finirà per aiutarlo oppure per danneggiarlo. In occasione delle elezioni peruviane infatti l'appoggio di Chavez a Humala scatenò una violenta campagna di stampa che di fatto finì per premiare Garcia al ballottaggio anche grazie alla convergenza su di lui dei voti provenienti dalla destra. Sia in occasione della chiusura della campagna elettorale tenutasi a Guayaquil (la sua città natale) che nel corso di varie interviste, Correa ha ripetutamente parlato di una probabile frode elettorale ordita dalla destra contro di lui orchestrata dal Partito Social Cristiano (Psc, quello dell'ex presidente Gutierrez cacciato dalla protesta popolare nell'Aprile 2005) con la connivenza del Tribunale Supremo Elettorale che, secondo il leader di Movimiento Alianza Paìs, sarebbe alle dipendenze di Cynthia Viteri, candidata proprio del Psc alle presidenziali. Sempre Correa ha denunciato il ministro della Difesa Delgado per la sua eccessiva vicinanza al Psc, cosa peraltro comune anche ad altri appartenenti all'entourage di Palacio, il cui scopo principale è stato quello di non distaccarsi troppo dalla presidenza Gutierrez.
Per la vittoria al primo turno (l'eventuale ballottaggio si terrà il 26 Novembre) la legge prevede il raggiungimento del 40% dei voti validi e un distacco di dieci punti percentuali rispetto al secondo concorrente: Correa si dice sicuro di farcela al primo colpo, tanto da parlare apertamente nei suoi ultimi comizi di una "carovana della vittoria". La candidatura di Correa, spiegano dal Movimiento Alianza Paìs, è nata "per castigare i corrotti delle passate amministrazioni e la partitocrazia". In effetti il riferimento è alle disastrose politiche liberiste attuate da Gutierrez e alle non poche ambiguità del suo successore Palacio, favorevole al Tlc con gli Stati Uniti per adesso bloccato grazie alla mobilitazione delle organizzazioni indigene e popolari che sono riuscite a cacciare la Oxy dal paese, come ben spiegato da Maurice Lemoine nell'articolo "Le pastoie al libero scambio" pubblicato su "Le Monde Diplomatique/Il Manifesto": "pur essendo favorevole alla firma del trattato, Quito è stata punita dagli Stati Uniti per aver espulso dal paese la compagnia petrolifera americana Occidental Petroleum e averne confiscato i beni. Per ritorsione Washington hai immediatamente sospeso i negoziati del Tlc (con grande gioia dei movimenti sociali!)".
In un paese che dal 1997 ad oggi ha cacciato tre presidenti in nove anni (prima di Gutierrez lo stesso era successo nel 1997 con Bucaram e nel 2000 con Mahuad) con Palacio che ha rischiato a sua volta di essere destituito al grido di "Fuera Todos" rivolto contro quei politici di professione che con i loro maneggi hanno convinto a scendere in piazza anche quella classe media solitamente restia alle manifestazioni, Correa dovrà però fare i conti con altri due candidati a cui i sondaggi assegnano buone possibilità di vittoria. Il principale antagonista di Correa sarà Alvaro Noboa del Prian (Partido Renovador Institucional Acciòn Nacional), miliardario del commercio e vendita delle banane e uno degli uomini più ricchi del paese. Sconfitto alle presidenziali del 24 Novembre 2002 in cui si affermò Gutierrez, Noboa stavolta ci riprova con parole d'ordine che potrebbero ingannare la fascia più povera della popolazione: lotta alla povertà e trasformazione dei poveri nella classe media sono i suoi slogan preferiti. In realtà Noboa, imprenditore proprietario di 110 imprese distribuite tra Europa, Stati Uniti e Giappone, sembra poco credibile come paladino delle classi più disagiate del paese, e nella corsa alle scorse presidenziali era visto come un pericolo pubblico per la sua ferma volontà di trasformare il paese in una zona franca ultra-liberale, progetto nel quale comunque si è ben impegnato anche Gutierrez, trasformatosi in pochissimo tempo dal "Chavez andino" a presidente filostatunitense. Proprio il tradimento di Gutierrez verso gli indios, entrati nel suo governo con due ministri per poi abbandonarlo dopo pochi mesi per via della sua politica ultraliberista, ha spinto i movimenti indigeni ad appoggiare un loro candidato, Luis Macas, che si presenta con il Movimiento Patria Pachakutik.
Infine, tra i tredici candidati che si contenderanno Palacio Carondelet spicca anche il nome di Leon Roldos (sostenuto dalla Coalicion Red Democratica-Izquierda Democratica) che potrebbe a sorpresa inserirsi nella lotta tra Noboa e Correa.
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