Se il terrorista è protetto da Bush
Il 5 settembre scorso la Casa Bianca ha reso pubblico un documento intitolato «Strategia nazionale di lotta contro il terrorismo», nel quale si afferma: «Tutti gli Stati che accolgono, danno rifugio o protezione a un terrorista, sono tanto colpevoli quanto il terrorista stesso e per questo devono renderne conto».
Si tratta, in realtà, di una curiosa confessione: Bush infatti accoglie, dà rifugio e protezione non a uno, ma a molti terroristi. Non è stato necessario aspettare molto tempo per provarlo. Solamente una settimana.
Poi l'11 settembre 2006 è stato pienamente dimostrato, ancora una volta.
Lascio al lettore immaginare perché Washington ha scelto proprio questo giorno, proprio quando molti nordamericani ricordavano con tristezza e dolore l'atroce attentato del quale erano stati vittime cinque anni prima, per far sapere che, proprio adesso, il governo nordamericano difende e appoggia nel suo stesso territorio, alcuni fra i più feroci terroristi, i crimini dei quali sono stati abbondantemente accertati, e perfino confessati pubblicamente dagli stessi autori.
L'11 settembre 2006 il magistrato Norbert J. Garney, della Corte del Distretto occidentale del Texas, ha sollecitato la liberazione di Luis Posada Carriles che lì è detenuto per essere entrato in quello stato senza aver ottemperato alle necessarie procedure migratorie.
Ma chi è Posada Carriles?
Garney lo spiega nel suo documento di 23 pagine. Descrive la sua lunga carriera di terrorista iniziata più di quarant'anni fa, che include, tra i molti delitti, anche l'abbattimento in volo di un aereo civile, il 6 ottobre 1976, che causò 73 vittime, e l'esplosione di alcune bombe all'Avana nel 1997, una delle quali cagionò la morte di un giovane italiano, Fabio Di Celmo. Il Magistrato ricorda che proprio Posada, in diverse interviste giornalistiche, ha riconosciuto la sua diretta responsabilità in molti di questi delitti.
Come intendere, allora, il fatto che questo giudice abbia sollecitato la libertà di un simile personaggio?
Garney lo spiega in modo molto preciso. La legge nordamericana proibisce la reclusione indefinita di un immigrante illegale, salvo che il Governo chiarisca che si tratti di qualcuno vincolato al terrorismo, che sia una minaccia per la società o che, per «circostanze speciali», debba continuare a restare in galera. Il governo degli Stati Uniti non lo ha fatto, come risulta anche nel testo reso pubblico l'11 settembre scorso.
Non ha presentato prove, né testimoni (pagg. 16 e 18). Non ha mai segnalato che Posada avesse avuto legami terroristici, né che fosse un pericolo o che ci fossero circostanze speciali relazionate al suo caso (pagg. 20, 21 e 22). Si è limitato a descriverlo solo ed esclusivamente come un semplice immigrato senza documenti. Il Governo di Washington, in altre parole, si è comportato in maniera tale da spingere il giudice a fare quello che ha fatto.
Ma c'è di peggio. Bush è andato molto oltre: ha trattato con altri governi perché accettassero di dare rifugio e protezione a Posada Carriles (pagg. 15 e 16). L'ha chiesto sia per iscritto, sia con contatti privati a «numerosi paesi», inclusi Canada, Honduras, Costarica, Panama, El Salvador, Messico e Guatemala.
Tale padre tale figlio
Bush jr. sta portando avanti ora la stessa politica che suo padre adottò quindici anni fa, quando liberò Orlando Bosch, socio di Posada nelle stesse azioni terroristiche.
Da quando Posada Carriles è detenuto negli Stati Uniti - un anno e mezzo fa - il Venezuela ha sollecitato la sua estradizione per continuare il processo a suo carico interrotto dopo la sua fuga dal carcere vent'anni fa per riprendere il suo lavoro con la Cia (Garney segnala anche questo particolare a pag. 4 della sua notifica).
Il Governo di Washington non ha mai risposto al Venezuela.
Invece di prendere in considerazione la richiesta di estradizione, si è impegnato a spedire Posada in paesi che, lungi dal giudicarlo, fossero disposti a proteggerlo.
Con la sua condotta, Bush sta facendo strame dei principali strumenti giuridici internazionali per la lotta al terrorismo. L'accordo per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza dell'Aviazione civile, firmato a Montreal nel 1971, segnala con estrema chiarezza nell'art. 7: «In casi come quelli di Posada Carriles, se l'accusato non viene estradato, il Governo del paese dove si trova è obbligato senza eccezione alcuna a processarlo, nei propri Tribunali, per il medesimo crimine». La Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici commessi con bombe, sottoscritto nel 1997, sancisce esattamente lo stesso obbligo.
Ebbene, l'esplosione dell'aereo cubano fu messa in atto con due ordigni esplosivi. Ci sono due trattati internazionali che obbligano Bush a estradare Posada o, se non lo farà, a farlo giudicare negli Stati Uniti, come se questo crimine fosse stato commesso in quel paese. E, se rifiuterà di adottare sia l'una che l'altra opzione, Bush, secondo la sua stessa dottrina, è colpevole tanto quanto lo stesso Posada Carriles.
Fabio Di Celmo è stato assassinato con una bomba all'Avana, episodio criminoso per il quale Posada ha riconosciuto la sua responsabilità in una intervista pubblicata in prima pagina dal New York Times (il 12 luglio 1998) nella quale affermava che il giovane italiano si trovava «al posto sbagliato nel momento sbagliato» e che la sua morte, come tante altre, non gli impediva di «dormire come un bambino».
Se protegge l'assassino di Fabio, George W. Bush è colpevole anche della sua morte. In questo modo cinico e rivelatore, a Washington hanno commemorato il quinto anniversario dell'atroce e imperdonabile attacco terroristico al popolo nordamericano dell'11 settembre 2001. Bush jr, comportandosi così, insulta la memoria di questo tragico evento e di tutte le vittime del terrorismo. I grandi mezzi di informazione, ovviamente, hanno taciuto.
Quando Bush sarà chiamato a renderne conto?
Il diplomatico che presiede il parlamento
Settant'anni, nato all'Avana, una laurea in filosofia e un passato di diplomatico (12 anni a New York), Ricardo Alarcon De Quesada è presidente dell'Assemblea nazionale di Cuba dal 1993.
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