Un vecchio demente lucido come l'oro
Una cosa sono i conti segreti, pieni di dollari ma impalpabili (se non per lui), un'altra i lingotti d'oro scintillanti nel caveau di una banca lontana e discreta.
Mille lingotti d'oro massiccio. La materialità vistosa della ricchezza.
Più che una tegola della stanza del tesoro, sulla testa del vecchio killer cileno sembra sia caduto il soffitto. Che potrebbe, finalmente, seppellirlo. O in una tomba, come in tanti sperano (ma non le sue vittime), o sotto una condanna penale (e poco importa che non finisca in carcere per ragioni di età).
Questo però sarebbe uno scandalo. Per la «democrazia» cilena tanto lodata e invidiata, e per la coscienza dell'umanità, se esiste qualcosa del genere. Uno scandalo che la prima condanna penale di uno dei simboli del male del '900 arrivi non per le atrocità commesse contro le persone ma per le ruberie ai danni dell'erario pubblico.
Così va il mondo. Sarebbe già tanto se anche solo per avidità e latrocinio un tribunale cileno alla fine riuscisse a dettare una sentenza di condanna. Senza più la via di fuga della «lieve demenza senile sub-corticale» cui finora si è aggrappato l'uomo che, ritornato in Cile da Londra grazie alla «demenza», disse: «Meglio un processo che fare la figura del demente».
Il fellone lo disse solo perché sapeva o sperava di essere ancora e sempre intoccabile. Immune e impune. Forte della sua immagine di «duro ma puro». Della protezione dell'esercito che all'atto del suo pensionamento lo designò «padre benemerito della Patria». Del tacito accordo destra-(centro)sinistra che aveva retto la transizione dopo il '90 e che aveva portato all'assurdo di un ministro della difesa della Concertacion ad appendergli al collo una medaglia per ringraziarlo della sua azione in favore della democrazia.
Un accordo che in forme meno vistose regge ancora. Il Cile è il paese-stella dell'America latina. Il suo governo social-democristiano e liberista è additato ad esempio di una sinistra moderata e moderna. In Cile l'eredità tossica di Pinochet non è stata rinnegata. La sua legge di (auto)amnistia del '78 è ancora vigente, nonostante gli impegni della Concertacion, fin dall'89. Fino alle elezioni del dicembre scorso la scusa (penosa) era che democristiani e socialisti non avevano i numeri in senato per battere il muro della destra e non valeva la pena un gesto di pura «testimonianza». Ma ora ce li hanno, i numeri, però c'è voluta una sentenza della Corte inter-americana dei diritti umani per «obbligare» il democratico Cile a cancellare, al più presto, quell'obbrobrio. Quasi 30 anni dopo.
E allora va anche bene che il vecchio avido e demente si affoghi nel suo oro.
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