Il tesoro di Pinochet 90 quintali di lingotti
La notizia, proveniente da una banca di Hong Kong, è stata confermata dal ministro degli esteri cileno. Per l'opposizione, in grave imbarazzo, è una bufala
Se la notizia sarà confermata, per Pinochet sarà il colpo di grazia. Nove tonnellate di lingotti d'oro sarebbero stati trovati nel caveau della HSBC, la Hongkong & Shanghai Banking a nome del generale in pensione Augusto Pinochet Ugarte. Lui. Valore dichiarato intorno a 180 milioni di dollari o 150 milioni di euro.
Mica male per uno che ai bei tempi, dopo aver liquidato il presidente Salvador Allende e il governo dell'Unità popolare, di fronte alle critiche internazionali sulla strage, disse una volta: «Questo è un governo honrado». E per uno che, durante i 17 anni da presidente guadagnava ufficialmente 3 mila dollari al mese.
La notizia è piombata come un macigno sul Cile e ieri i principali giornali - dagli iper-destri El Mercurio e La Tercera al filo-socialista La Nacion - parlavano solo di questo. Secondo la ricostruzione finora disponibile, la notizia è arrivata «qualche giorno fa» al ministero degli esteri «attraverso una missione diplomatica cilena all'estero». Il ministro Alejandro Foxley l'ha passata martedì ai giudici che si occupano del «caso Riggs» - la banca americana in cui nel 2004 furono trovati i primi conti segreti del generale - e al Consejo de Defensa del Estado (CDE), che è l'organo istituzionale incaricato di difendere i diritti patrimoniali e fiscali dello Stato e lo stato di diritto in generale, precisando che non si tratta ancora di «un informazione ufficiale» ma tuttavia corredata di «fotocopie di documenti» che la rendono attendibile. Foxley ha auspicato infatti che magistratura e CDE prendano «rapidamente le misure precauzionali», ossia il congelamento immediato del tesoro per evitare che il «demente» Pinochet, con una delle sue oculate mosse finanziarie, arrivi prima.
Scontata ma imbarazzata la prima reazione dell'opposizione di destra e dell'avvocato difensore di Pinochet, Pablo Rodriguez Grez, negli anni '70 caporione del gruppo fascista-terrorista Patria y Libertad: «Fatti assolutamente falsi, non è possibile che s'infanghi una persona come si sta facendo con il generale Pinochet». Ma «se il generale Pinochet avesse anche solo un grammo doro all'estero sarei il primo a rinunciare alla sua difesa».
Va a finire che il povero vecchio, atteso il 25 novrembre dal suo novantunesimo compleanno, si ritroverà anche senza avvocati difensori.
La storia dei lingotti d'oro sembra un (felice) effetto dell'ostinazione del giudice spagnolo Baltazar Garzon, l'uomo che nell'ottobre '98 dispose per primo l'arresto dell'intoccabile Pinochet sorpreso in gita a Londra. Oltre all'arresto, Garzon ordinò anche l'embargo internazionale sui beni dell'ex-dittatore (con cui sperava di poter compensare le sue vittime che non hanno avuto quasi nulla dalla pusillanime «democrazia» cilena).
Pinochet non finì alla sbarra a Madrid per rispondere dei reati di genocidio, torture e desapareciones, ma dopo 444 giorni di dorata detenzione a Londra, fu rimandato a Santiago dal ministro degli esteri laburista Jack Straw con il pretesto di una «lieve demenza senile». Tornò in Cile, la sua salute rifiorì (non «ricordava» niente degli obbrobrii di lesa umanità commessi ai suoi ordini - la Operacion Colombo, la Carovana della morte, Villa Grimaldi, i tre comunisti sgozzati, il Plan Condor ... - però dimostrava una lucidità invidiabile nelle operazioni finanziarie). Ma non era più un intoccabile. Il primo colpo non fu per i diritti umani violati ma per i soldi rubati e scoperti nel 2004 dal senato Usa, che indagava sul denaro sporco legato al terrorismo islamico, nei conti segreti della Riggs Bank di Washington. Prima 6 milioni di dollari, poi 17, poi 26. Con ogni probabilità quelli erano solo l' argent de poche. Il tesoro era altrove. Dopo il 2004 il tenace Garzon aveva chiesto il permesso di interrogare Pinochet sui suoi movimenti finanziari (e qualche giorno fa la Corte suprema ha detto sì alla rogatoria) e informazioni sui suoi conti segreti a molte banche. Una era la HSBC di Hong Kong. Che ora ha risposto.
Ormai non passa quasi giorno che il vecchio dittatore assassino e ladrone non sia privato dell'immunità che il pavido governo democristiano-socialista al potere dal '90 gli ha garantito dopo il suo ritorno in Cile nel 2000. Ora deve rispondere di un'infinità di reati - arricchimenti illecito, evasione fiscale, malversazione di fondi pubblici, omicidio, torture, sequestri di persona - ma non ha ancora subito nessuna condanna. Salvato sempre dalla Corte suprema e soprattutto dal tacito patto politico sulla «transizione consensuale» che ha finroa impedito l'ultimo passo con il pretesto della «demenza senile». Nella speranza che finalmente si decida a morire e togliere il disturbo senza subire il marchio di una condanna penale.
Chissà se dove non sono riusciti ad arrivare i crimini contro l'umanità riescano ad arrivare i lingotti d'oro.
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