Messico: Per Fox ad Oaxaca non è successo niente
A Oaxaca non è successo nulla: sembra essere questo, per quanto sconcertante, il pensiero del presidente messicano Fox che, dopo l'assalto dell'esercito contro la Appo (Asamblea Popular de los pueblos de Oaxaca) e l'uccisione del reporter statunitense di Indymedia Will Bradley nello scorso fine settimana, in un discorso tenuto di fronte al presidente della Borsa messicana Guilermo Prieto ha sostenuto che "l'intervento della polizia è stato necessario per far tornare a Oaxaca la pace sociale e la tranquillità". L'unica cosa di cui Fox si è preoccupato è stata quella di tranquillizzare gli operatori economici del paese insistendo più volte sulla capacità del governo di "aver messo in pratica un dialogo democratico volto alla ricerca di un accordo con la popolazione", tutto questo nella speranza di non perdere le entrate provenienti dal turismo, e, per recuperare le perdite economiche dovute a questi ultimi mesi ha avuto il coraggio di dichiarare: "Oggi i nostri figli hanno delle buone prospettive per il futuro, il paese è in pace e sta lavorando; i minatori lavorano nelle miniere, gli operai si trovano nelle loro fabbriche, i maestri stanno svolgendo il loro dovere". Proprio i maestri invece sono stati tra i protagonisti, alcuni mesi fa, della sollevazione di Oaxaca, nata inizialmente da una semplice rivendicazione salariale da cui è nata in seguito l'Appo, una sigla che in breve tempo ha raccolto l'appoggio di circa 350 organizzazioni sociali e che è riuscita a tenere in scacco il governatore di Oaxaca Ulises Ruiz, proveniente dalla fila del "partito-dinosauro" del Pri e divenuto governatore nel 2004 al termine di una contestatissima elezione "vinta" dopo ben tre interruzioni in fase di scrutinio per via di alcuni sospetti black-out. L'assedio di Oaxaca purtroppo non è una novità: già lo scorso 14 giugno Ruiz aveva tentato di fare piazza pulita dei maestri in lotta inviando l'esercito e anche in quel caso si erano contati morti e feriti tra i manifestanti. Di fronte a tre morti accertati e numerosi feriti, i discorsi di Fox non sono proprio accettabili, ma hanno dato un'idea di quello che potrebbe essere il Messico sotto la presidenza Calderon, che si insedierà ufficialmente il 1 Dicembre nonostante il 20 Novembre Lopez Obrador sia intenzionato a proclamarsi presidente legittimo del paese appoggiato dalla Convenzione Nazionale Democratica. All'assedio di Oaxaca hanno contribuito sia il Pri di Ruiz che il Pan del presidente Fox, ma la cosa non sorprende più di tanto poiché, a partire dall'accordo per la firma del Trattato di Libero Commercio, passando per la comune attività di repressione contro i municipi autonomi zapatisti e arrivando alla posizione comune per opporsi al riconteggio totale dei voti nelle elezioni presidenziali del luglio scorso, i due partiti si sono responsabili di aver scritto le pagine più inquietanti della storia del Messico.
In queste ore è arrivata la solidarietà dell'Ezln all'Appo e a tutta la popolazione di Oaxaca, che entra a far parte di quelle che tempo fa Luis Hernandez Navarro su "La Jornada" aveva quantificato come le 200 potenziali Atenco pronte ad esplodere in Messico. Gli zapatisti, oltre ad invitare la popolazione a compiere occupazione di ambasciate, blocchi stradali, meeting, marce di protesta e mobilitazioni, hanno rivolto al governo un appello per l'immediato ritiro da Oaxaca dell'esercito, la libertà per i detenuti coinvolti negli scontri, la destituzione da governatore di Ruiz e che sia fatta piena luce sui manifestanti uccisi ("il reporter di Indymedia era uno di noi", ha dichiarato Marcos).
Di fronte alle violenze della polizia, peraltro non ancora terminate poiché Oaxaca continua ad essere sotto assedio, si è mobilitata anche l'Arcidiocesi oaxaqueña, che in una lettera al presidente Fox ha scritto: "non c'è alcuna giustificazione etica o morale, e ancor meno religiosa, di fronte all'orrore che abbiamo visto. Di fronte all'ordine umano di uccidere si pone la legge di Dio che dice di non uccidere".
E' evidente però, secondo "La Jornada", che Oaxaca è stata lasciata sola. Non c'è stata, durante i mesi di barricate organizzati dalla Appo, la mobilitazione spontanea sorta, ad esempio, per protestare contro il massacro di Acteal del 1997, se si esclude l'appoggio ricevuto dalle organizzazioni aderenti all'Altra Campagna. Inoltre, sottolinea ancora il quotidiano, lo stesso Lopez Obrador, che ha ricevuto per mesi l'appoggio del movimento di protesta anti-frode accampatosi nel centro di Città del Messico, si è limitato a sollecitare le dimissioni di Ruiz, ma non ha fatto altro per mobilitare il suo elettorato e invitarlo a diventare parte attiva nel denunciare lo stato d'assedio imposto a Oaxaca fin da giugno, e lo stesso si può dire del suo partito, il Prd: "una chiamata così, venendo da chi ha avuto 15 milioni di voti, riempirebbe lo Zocalo. Una mera denuncia tardiva e nient'altro non serve a niente".
Nonostante la scarsa disponibilità del Prd di mobilitare tutte le forze democratiche del paese a cui si era appellato solo poco tempo fa in occasione della frode elettorale, resta la fermezza della popolazione oaxaqueña: "La nostra lotta non finisce con l'intervento della polizia. Nonostante oggi occupi lo Zocalo, le strade sono nelle nostre mani e la battaglia per ottenere un governo democratico prosegue".
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