Bolivia: quale sarà il futuro del servizio idrico nel paese?
Tra le aspettative delle organizzazioni sociali della città di El Alto, la gestione del servizio idrico passata alla Semapa a Cochabamba e il futuro della Aguas de Illimani (la cui proprietaria è la multinazionale Suez), cacciata dopo il suo tentativo di insediamento a partire dal 2003 fino a inizio 2005, in Bolivia il dibattito sull'acqua è tuttora aperto.
In particolare si discute sul comportamento che devono tenere la Sisab (Superintendencia de Agua y Saneamiento Basico) e il Ministero dell'Acqua.
Riflettendo sui danni ambientali causati dalla Aguas de Illimani soprattutto nella zona circostante al lago Titicaca, gli alteños chiedono a Sisab e Ministero dell'Acqua di imporre alla multinazionale il pagamento dei costi ambientali (che si prevede incideranno a lungo sul paese) in modo tale che non sia la popolazione a farne le spese. "Il problema di fondo", ha spiegato la Coordenadora del Agua (che già dalla prima guerra dell'acqua contro Aguas del Tunari nel 2000 insiste su questo punto) "riguarda chi decide sul presente, sul destino della popolazione, sulle risorse naturali, sul lavoro e sulle condizioni di vita e in merito all’acqua vogliamo essere noi stessi a decidere", cogliendo l'occasione di ricordare che la richiesta delle giunte vicinali di El Alto si riferisce ad un modello di impresa chiamata "pubblico sociale" in cui le caratteristiche principali sono la partecipazione cittadina, dei meccanismi di controllo sociale, l'applicazione di criteri trasparenti nella gestione economica e altri aspetti che ne rendano l'amministrazione principalmente comunitaria.
Di fronte alla posizione degli alteños la Sisab ha proseguito nella sua difesa da oltranza della multinazionale, come se la progressiva uscita di Aguas de Illimani fosse una concessione propria dello Stato (di cui la Sisab è un organismo) e non una decisione della popolazione, che si attende ben altre proposte e contenuti in merito alla gestione pubblica dell'acqua. Il contrasto tra Sisab e movimenti sulle modalità d'uscita dal paese di Aguas de Illimani, le cui richieste economiche metterebbero in grande difficoltà lo stato boliviano, ha avuto perlomeno il merito di risvegliare il dibattito sulla gestione del servizio idrico nel paese andino.
La stessa Semapa, che pure annovera nel suo consiglio di amministrazione alcuni dei protagonisti delle due guerre dell'acqua che tra il 2000 e il 2005 hanno infiammato la Bolivia, non aveva soddisfatto un granchè le aspettative della cittadinanza. L'ingegnere idrico Gonzalo Maldonado, tra i fondatori della Coordinadora del Agua, in un'intervista rilasciata al quotidiano "Il manifesto" spiega: "il 50% dell'acqua si perde a causa di falle e non mancano furti e privilegi a vantaggio di chi è appoggiato politicamente". E' proprio in questo contesto che la stessa Coordinadora si è risvegliata sostenendo che oggi si tratta di andare oltre al dibattito tra pubblico e privato e pensare all'organizzazione di strutture istituzionali basate sulle capacità di autogoverno e autogestione da parte della cittadinanza: per questo motivo, nonostante alcune fonti dichiarino (ancora a "il manifesto") che la qualità dell'acqua per certi aspetti è migliorata e le tariffe siano aumentate solo di poco, secondo www.bolpress.com è quantomeno curioso che da un lato la Sisab cerchi di frenare la richiesta di pagamento dei danni ambientali richiesta dai movimenti e dall'altro non intenda causare alcun danno proprio allo stesso stato boliviano per anni in balìa delle multinazionali del settore acqua: "la legittimità per costituire una nuova azienda nel settore idrico", concludono i movimenti, si definirà e funzionerà solo quando i veri protagonisti dell'uscita di Aguas de Illimani dal paese (cioè giunte vicinali di El Alto e i movimenti) ne decideranno il futuro".
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