Latina

Uno spettro s'aggira per l'America - lo spettro del "socialismo del secolo XXI"

Per la seconda volta nella storia una proposta dichiaratamente socialista vince, anzi stravince, elezioni presidenziali in pace e democrazia. Dopo Salvador Allende nel 1970 tocca a Hugo Chávez, in condizioni politiche, economiche, culturali, storiche diverse e con una correlazione di forze molto più favorevoli. Propone al mondo, e in primo luogo alla sinistra, un problema politologico che ai più sembrava sepolto: è davvero finito il socialismo?
5 dicembre 2006
Gennaro Carotenuto

CARACAS La riconferma a furor di popolo di Hugo Chávez alla presidenza del Venezuela, è avvenuta sulla base di un programma dichiaratamente socialista. In otto anni il Venezuela bolivariano ha operato una massiccia redistribuzione che ha dimezzato la povertà estrema nel paese e la disoccupazione, utilizzando la proprietà pubblica del petrolio. Si può continuare a trattare Chávez e tutta l’America Latina in maniera denigrante e come un fenomeno folkloristico ma è oramai tempo, almeno per chi sia onesto intellettualmente, di cominciare a prendere sul serio il processo venezuelano e latinoamericano. Al fallimento fragoroso e senza ritorno del neoliberismo nei cinque continenti, l´America Latina è la prima ad offrire risposte nuove dove la solidarietà sostituisce e batte l’individalismo di matrice anglosassone.

Nelle amministrative di febbraio 1973 l’Unidad Popular di Salvador Allende raggiunse il suo massimo storico, il 46%, ben oltre il 34% con il quale era stato eletto tre anni prima. Nonostante la vulgata del caos e il vero boicottaggio di oligarchie e interessi stranieri (colpiti dalla nazionalizzazione del rame), le cose andavano sempre meglio, sempre più cileni ne erano felici e l’economia mista, ma in transizione al socialismo, stava cominciando a crescere impetuosamente. Perciò fu necessario il golpe perpetrato da Augusto Pinochet.

Oggi Hugo Chávez, che era stato eletto nel 1998 e nel 2000 con un discorso che non faceva menzione del socialismo, fa del “socialismo del XXI secolo” la base della sua proposta elettorale. I venezuelani, conquistati dai successi di questi anni, non si spaventano e lo premiano e questi passa da 3.7 del 2000 a quasi 7.5 milioni di voti, arrivando al 62% dei suffragi e con la partecipazione elettorale più alta della storia. Che piaccia o no in Europa, più di tre venezuelani su cinque oggi vogliono il socialismo di Chávez. E’ un socialismo delle opportunità e dell’integrazione, un socialismo che si presenta innanzitutto come solidale. E` un socialismo difficile da comprendere per chi è malato di ideologia, veteromarxista o neoliberale che sia. E’ il socialismo della battaglia delle idee da combattere giorno per giorno.

VOLEVANO CHE MENTISSI Le imponenti campagne di diffamazione dei media mainstream contro Hugo Chávez fotografano la preoccupazione costante che il migliore dei mondi possibile, quello neoliberale, possa davvero avere un¨alternativa bolivariana. Nessuno piú parla di inesistenti violazioni dei diritti umani o delle libertà individuali. Oggi la cosa più facile è presentare una versione grottesca della situazione venezuelana che per chi gira davvero il paese è smentita dai fatti. La Repubblica di sabato, con la consueta sciattezza con la quale copre le cose latinoamericane, si lamentava dell’interruzione nella strada che collega l’Aeroporto di Caracas ai grandi alberghi per ricchi e per inviati della grande stampa. Ovviamente, per l’articolista, quella strada interrotta era tutto quello che lo potesse interessare del Venezuela. La raccontava fingendo di ignorare che in questi anni il paese sia stato rivoluzionato anche nelle infrastrutture. La ferrovia del Valle del Tuy, per esempio, accorcia la distanza con Caracas di quella zona abitata abitata da discendenti di schiavi da 3 ore a 37 minuti, cambiando la storia di una valle.
Centinaia di grandi opere realizzate, linee della metropolitana, ferrovie, ponti sui grandi fiumi, centrali elettriche, la capillare diffusione del gas nelle case, valgono meno, per il quotidiano la Repubblica, di un cantiere che allunga il cammino verso un Hotel a cinque stelle. E’ importante soffermarsi sui media mainstream perché questi hanno capito l’importanza e la validità dell’Alternativa bolivariana e lavorano ad evitare che l’infezione si diffonda.

Per giorni la stampa mainstream ha dato spazio a sondaggi taroccati, come quello della PSB (specialista in cambi di regime dall’Ucraina alla Serbia, o di mantenimento degli stessi quando convenienti, dal Messico all’Italia di Berlusconi). L’ultimo “sondaggio” della PSB dava Rosales al 54%, 16 punti sopra la realtà. Serviva a vendere il pericolo di brogli da parte di Chávez come concreto ed imminente ma era solo una diffamazione senza fondamento alcuno. Tutti gli osservatori internazionali, dei quali chi scrive ha fatto parte, hanno accertato e testimoniano della regolarità del processo elettorale, realizzato con le macchine elettorali più avanzate al mondo per efficienza e sicurezza, come ha dovuto ammettere anche il Washington Post: quelle statunitensi si prestano a brogli, quelle venezuelane sono impeccabili.

Manuel Rosales, il candidato dell’opposizione sconfitto da Chávez, nel suo discorso della notte del 3 ha fatto publica un’affermazione politicamente gravissima ma che è stata praticamente ignorata dalla grande stampa: “qualcuno pretendeva che mentissi, ma io non mentirò al popolo venezuelano, e per questo riconosco la sconfitta”. Lo ha detto subito, appena ha iniziato a parlare, come se dovesse togliersi un peso. Dunque non erano veri i brogli, non era vero che Chávez fosse sul punto di perdere. L’unica cosa che era vera, e che la grande stampa si è ben guardata dal denunciare, è che in Venezuela era pronto un piano eversivo –sicuramente stimolato dall’esterno- per non riconoscere in ogni caso, anche in maniera totalmente artificiale, il trionfo del Movimento Bolivariano. Rosales, denunciando le pressioni dei suoi, ha scelto di essere un capo di un’opposizione civile in un paese ineccepibilmente democratico che domenica ha dato una lezione di civismo al mondo. Parlare di regime Chávez, di autoritarismo, di demagogia è falso e in mala fede come 7.5 milioni di voti hanno smentito. Il popolo bolivariano è davvero un’ “alluvione zoologica”, come la destra definiva mezzo secolo fa in maniera razzista le masse peroniste in Argentina. Sono neri, poveri, incolti, indigeni. Ma in pace e democrazia hanno scelto per la dodicesima volta Hugo Chávez, che piaccia o no, e questi sta realizzando in democrazia quello che la maggioranza dei venezuelani desidera e che –che piaccia o no all’Internazionale Socialista del golpista Carlos Andrés Pérez alle masse venezuelane non importa- ha preso il nome di “Socialismo del XXI secolo”.

Gli eversori venezuelani ed internazionali, continueranno a diffamare quel negraccio scomodo di Hugo e cercheranno di ridurre nuovamente al silenzio quelle masse volgari. Lo faranno, se necessario fisicamente, come Pinochet fece con il popolo di Allende. Quello che è sicuro è che la grande stampa continuerà a ripetere le loro diffamazioni ed a far loro da eco.

Note: http://www.gennarocarotenuto.it

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