Latina

Cochabamba esplode. I movimenti spingono il governo frena

Il «cabildo popolare» depone il governatore Reyes Villa e nomina un «governo rivoluzionario». Il vice di Evo: «Non lo riconosceremo»
18 gennaio 2007
Francesca Caprini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)


L'11 gennaio a Cochabamba un esercito irregolare di giovani appartenenti al movimento di destra Joventud democratica che sostiene il governatore del dipartimento, Manfred Reyes Villa, ha attaccato con brutale violenza, spalleggiato da gruppi paramilitari provenienti da fuori, i cocaleros che da giorni chiedevano le sue dimissioni. In 3 mila, armati di bastoni, mazze da baseball, catene e pistole, hanno affrontato i campesinos nella centrale plaza de Las Banderas. Due i morti, 240 i feriti, di cui 204 campesinos, donne e bambini inclusi.
Reyes Villa è un uomo politico dal passato pesante: ex-capitano formato militarmente alla Escuela de Las Americas, è stato a fianco alle figure più nefaste della recente storia boliviana: dal dittatore Hugo Banzer a Gonzalo Sanchez de Lozada. Come sindaco di Cochabamba, nel 2000, Reyes Villa indebitò la cittadinanza - che sta ancora pagando - per oltre 40 milioni di dollari e fu protagonista della svendita dell'acqua pubblica all'impresa privata Aguas del Tunari che portò alla sollevazione popolare - la «guerra dell'acqua» - dell'aprile di quell'anno (vittoriosa ma pagata a caro prezzo). Tre anni dopo era accanto Sanchez de Lozada quando ordinava di sparare sulla folla di El Alto che rifiutava la svendita del gas alle transnazionali: decine di morti.
Questo il background del personaggio che spiega il ripudio della popolazione, insorta contro di lui quando, il 14 dicembre scorso, aveva annunciato di voler indire un nuovo referendum autonomico per Cochabamba. Unendosi così ai dipartimenti boliviani in cui la destra è al potere - la Media Luna orientale: Beni, Pando e, soprattutto, Santa Cruz e Tarija che producono più del 50% del pil nazionale - che alla fine dell'anno passato avevano proclamato «autogoverni per l'autonomia» (e anche, nei settori più estremi, per l'indipendenza), nonostante il referendum nazionale del 2006 avesse respinto con il 54% l'autonomia regionale.
Nelle elezioni generali del 18 dicembre 2005 in 4 dipartimenti su 9 vinsero i partiti di destra prima al governo - Podemos, Unidad Nacional, Movimiento Nacionalista Revolucionario. La Bolivia si ritrovò spaccata in due.
L'11 gennaio 2007 è una data che la Bolivia non dimenticherà. Dopo gli anni della dittatura militare di Banzer e del governo oligarchico del neo-liberista Sanchez de Lozada, il paese andino stava gustando il sapore della democrazia e del «cambio» con il governo del Mas - il Movimiento Al Socialismo - e l'ex sindacalista Evo Morales alla presidenza.
Poco più di anno dopo la Bolivia è scossa da una crisi profonda. Il giovedì nero di Cochabamba ne è stata la tragica dimostrazione. Un accenno di guerra civile. Di classe e di razza - bande di giovani della borghesia blanqueada di Cochabamba contro i contadini di pelle scura del Chapare. E ciò che è accaduto a Cochabamba potrebbe riproporsi altrove. Ieri violenti scontri sono scoppiati a Santa Cruz della Sierra. E a La Paz i movimenti sociali hanno dato 24 ore - che scadono oggi - al governarore, José Luis Paredes.
I movimenti sociali che sono la base naturale del governo Morales stanno mandando segnali discordanti. A Cochabamba dal 4 gennaio le sigle dei cocaleros - i coltivatori di coca - e dei regantes - coloro che storicamente gestiscono l'acqua potabile nelle zone rurali -, i comitati dell'acqua, operai, minatori e contadini, stavano portando avanti una massiccia protesta contro la spinta separatista delle oligarchie del paese. In 100.000 erano scesi nella plaza 14 de Septiembre, iniziando una veglia permanente davanti alla sede del governatore. L'8 gennaio la polizia aveva duramente represso la protesta, gassificando i manifestanti che avevano reagito dando fuoco alla sede. Tre giorni dopo, la guerra. Il vice-presidente Garcia Linera aveva allora tentato di incanalare i movimenti verso la via della legalità, riconoscendo la legittimità democratica del governatore e sostenendo che l'unica via era quella del referendum revocatorio. Il senatore del Mas Omar Fernandez, portavoce storico dei regantes, dichiarava però che la lotta dei movimenti sarebbe andata avanti.
Ieri pomeriggio, di nuovo le forze sociali e sindacali cochabambine si sono date appuntamento nella plaza 14 de Septiembre e hanno di nuovo revocato il mandato di Reyes Villa (già riparato a Santa Cruz insieme al governatore di La Paz) esigendo un'inchiesta sui fatti dell'11 gennaio. I leader sindacali più vicini al Mas hanno cercato di contenere la situazione. Ma il «cabildo popolare» della piazza, passato nelle mani dei settori più radicali del movimento, ha eletto un «governo rivoluzionario del dipartimento». Che però il governo di Evo ha già detto che non riconoscerà. La situazione qui a Cochabamba resta tesissima e rischia di uscire di controllo.

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