I sopravvissuti Maya contro i 'genocidios'
Il mese scorso ha segnato il decimo anniversario della firma degli accordi di pace in Guatemala – accordi che segnarono la fine di quasi quattro decadi di violenza estrema perpetrata dallo Stato. Le cosiddette 'forze di controinsurrezione' dell'esercito, teoricamente aventi lo scopo di ripulire il paese dai guerriglieri combattenti, hanno tolto la vita a più di 200.000 persone e reso sfollati più di 1milione e mezzo di altri, la stragrande maggioranza dei quali erano indigeni Maya.
Antonio Caba, un'attivista Maya Ixil che al momento è presidente dell'Associazione per la Giustizia e la Riconciliazione (AGR), vive nelle terre alte di El Quiche – lo stato guatemalteco più colpito dalle campagne militari. Ben 344 dei 669 massacri commessi dall'esercito contro villaggi maya si sono verificati nel territorio di El Quiche; secondo le stime il 14.5% dei Maya Ixil sono stati uccisi.
Tra i sette 'genocidios' (gli uomini che progettarono e ordinarono il genocidio) che l'AGR vuole perseguire, la figura chiave è Efrain Rios Montt, un ministro evangelico salito al potere con un colpo di stato militare nel 1982 e che fu a capo di quello che divenne uno dei capitoli più violenti del genocidio. Sotto il predecessore di Rios Monttt, il similmente crudele Romeo Lucas Garcia, i contadini maschi erano forzatamente organizzati nelle cosiddette 'Pattuglie di Autodifesa Civili', per accontentare i capricci dei militari nei loro villaggi occupati.
In un clima di terrore pervasivo, le Pattuglie Civili diventarono la sola forma di organizzazione consentita dall'esercito in molte comunità – l'unica parvenza di società civile. Nel 1981, un uomo adulto ogni due in Guatemala era membro di una pattuglia. Oltre ad usare i membri delle Pattuglie civili per raccogliere informazioni all'interno dei villaggi e servirsene come scudi umani nelle missioni di caccia ai guerriglieri nelle montagne, l'esercito, tramite credibili minacce alle loro vite, obbligava gli indigeni a partecipare alle violenze.
Fino a 1982, l'esercito aveva perpetrato 130 massacri in El Quiche; le Pattuglie civili avevano preso parte a 41 di essi. In seguito, sotto Rios Montt, l'impiego di Pattuglie Civili nei massacri orchestrati dallo stato raddoppiò, fino a raggiungere il 41% dei massacri dell'esercito, mentre il numero di vittime della violenza guidata dai militari a cui le Pattuglie presero parte fu più che triplicata, arrivando al 47% degli uccisi.
Ilom, il villaggio in El Quiche ritenuto da molti Maya Ixil luogo natale della loro gente, ha la caratteristica unica di aver subito un massacro il 23 marzo 1982, il giorno esatto in cui l'esercito destituì Lucas Garcia sostituendolo con Rios Montt. Ilom è anche il paesino da lasciare senza fiato che Antonio Caba chiama 'casa'. Antonio aveva 11 anni quando i soldati, insieme a membri delle Pattuglie provenienti dalla vicina piantagione di La Perla, radunarono i residenti di Ilom nella piazza del villaagio e uccisero 96 dei suoi uomini.
Elias Lawless, di Wiretap Magazine, si è incontrato con Antonio per ascoltare il racconto della sua esperienza dopo il massacro, la partecipazione forzata alla Pattuglia Civile di Ilom e la sua rischiosa fuga. Questa è la prima di due parti dell'intervista.
Wiretap: cosa è successo a te e alla tua famiglia dopo il massacro del 1982?
Antonio Caba: Andammo a vivere nella piantagione di Santa Delfina, e li restammo circa un anno vivendo come schiavi, lavorando nei campi senza salario. L'esercito obbligava la gente di Ilom a vivere lì, sotto sorveglianza. Dopo questo ci toccò sopportare la fame fino a che non ci fu più cibo, perché ogni cosa che avevamo la bruciavano. Diedero fuoco alle nostre case, al nostro grano, ai nostri fagioli, e noi restavamo senza niente – solo con i vestiti che avevamo indosso quando siamo partiti.
E quando eravamo alla piantagione, dopo due o tre giorni, i bambini iniziarono a morire; più di 150 bambini sono morti. E' stato sotto il regime di Rios Montt che sono morte quelle centinaia di bambini – di malattia, di fame, di freddo, di paura – perché non avevano casa, vivevano sotto la pioggia. A volte moriva un bambino al giorno, o due, o tre. Ogni giorno morivano bambini... al tempo in cui vivevamo come schiavi.
WT: La tua famiglia in particolare come è stata colpita dalla violenza?
AC: Beh, la fame e le malattie hanno molto colpito la mia famiglia. Dopo tre o quattro mesi, mio nonno si ammalò e morì. L'esercito lo terrorizzava perché gli facevano continue minacce, un giorno lo spaventarono di nuovo e morì lì, nella piantagione. Ciò che ci faceva male era che non avevamo niente, e, in effetti, oggi siamo in povertà perché qui non ci sono molte risorse.
WT: Come furono formate le Pattuglie di Autodifesa Civile a Ilom, e qual è stata la tua esperienza al loro interno?
AC: Le pattuglie furono formate alla piantagione di Santa Delfina, quando Rios Montt era già presidente. Così quando il suo governo era già insediato, rpima organizzarono gli uomini e poi li minacciarono. 'Se non accetti morirai'. Ciò vuol dire che l'esercito avrebbe ucciso le persone che erano sopravvissuti, le rimanenze di quelli già massacrati.
Erano obbligati. L'esercito li teneva sotto controllo, e se arrivava l'ordine che dovevano pattugliare le monatagne, dovevano adnare. Erano minacciati, dovevano andare. E quando io avevo 14 anni, obbligarono anche me ad unirmi. Ragazzi di 14 e 15 anni erano obbligati a far parte delle Pattuglie dall'esercito.
WT: Che tipo di cose ti era richiesto di fare in quanto membro delle Pattuglie?
AC: Dovevi essere disponibile al servizio dell'esercito nelle loro postazioni collocate agli angoli del territorio della comunità. 'Ad aspettare la guerriglia' – questo ci dicevano.
C'erano postazioni di vedetta ai quattro angoli della comunità, quindi era praticamente rinchiusa. L'esercito ci obbligava a fare la guardia in quelle postazioni; dovevamo fare a rotazione con cambi a mezzanotte. Inoltre, non percepivano salario – era 'obbligo miitare'. Ci obbligavano ada andare sulle montagne e fare legna per il fuoco da portare alle basi militari. Questo mi pesava molto perché mi ammalavo qunado andavo di pattuglia nelle montagne.
Ma quelli di Ilom non si sono macchiati le mani uccidendo persone. Solo i campi di mais, sì, hanno dovuto tagliarli, perché se non li avessero tagliati sarebbero stati trattati come membri della guerriglia. Nell'epoca di Rios Montt arrivò l'ordine che tutti i campi di mais fossero tagliati. Le piante di fagioli dovevano essere tagliate, le canne da zucchero, i malanga, tutti i frutti che crescevano dovevano essere tagliati, così i guerriglieri sarebbero morti.
Il governo non dava cibo ai membri delle Pattuglie civili; solo l'esercito aveva razioni di cibo. Quindi i pattugliatori non ne avevano, ed erano obbligati a stare tra le montagne anche 15 giorni o un mese, e quando tornavano erano veramente deboli, arrivavano ammalati. Erano veramente lugubri le vite di queste persone. Io caddi seriamente malato e smisi di fare pattugliamenti, ma ero già molto provato da fame e paura. Per due anni rimasi a letto in gravi condizioni. Stavo per morire, ma grazie a dio l'ho scampata, e ora sono qui, vivo e in prima linea.
WT: In che anno hai lasciato le Pattuglie civili?
AC: 1989.
WT: Un memorandum del Dipartimento di Stato USA del 1991 dichiarava che 'quelli che si sono rifiutati di servire nelle Pattuglie civili hanno subito seri abusi, inclusa la morte'. Quando hai lasciato la tua Pattuglia avevi il permesso o hai subito conseguenze per essertene andato?
AC: Quando smisi di far parte delle Pattuglie fu per mia scelta. Venne un membro del congresso di nome Diego che era dalla parte dei poveri. Venne qui e ordinò ai militari di non obbligare le persone ad unirsi alle Pattuglie. Ma l'esercito non rispettò tali ordini. Poi arrivò [l'ufficiale autonomo dell'avvocato per] i diritti umani, rendendo pubblico il fatto che nessuno poteva essere obbligato ad entrare nelle Pattuglie. Mi diedero un piccolo libro su leggi e diritti che parlava del servizio militare e degli obblighi che comportava. Non sapevo leggere molto bene; non avevo avuto l'opportunità di andare a scuola, quindi non sapevo molto, ma capii cosa diceva il libro.
Da quel momento iniziai a partecipare al lavoro per i diritti umani. Mi prepararono, mi insegnarono, e fu lì che per la prima volta imparai. Così, la prima volta che tornai a casa, dissi: 'Non possono obbligarmi'. 'La decisione è mia e così dice la legge' dissi. Ma ci furono delle conseguenze: mi trattarono come se fossi un guerrigliero, come se facessi parte della guerriglia.
L'esercito veniva costantemente ad avvisare lagente che prmettere a uno di lasciare la Pattuglia significava che avevano prmesso alla guerriglia di infiltrarsi nella comunità. Questa era la politica che usavano. Ma non c'era guerriglia qui nel periodo in cui c'era l'esercito, e i militari se n'erano accorti. Era un pretesto, no?
WT: Come sono cambiati cultura e costumi della gente Maya di Ilom dopo il massacro?
AC: Comnciarono a cambiare quando arrivò la violenza. Nel 1978, tutti gli uomini indossavano pantaloni bianchi con le cinture tradizionali; avevano le giacche rosse che chiamiamo 'cotones'. Ma qunado cominciò la violenza, questi costumi furonoi lasciati – tutto. E c'erano cerimonie maya oltre che riti cattolici qui. Ma con l'arrivo della violenza tutto fu cambiato.
La gente dei villaggi smise di usare i propri abiti perché l'esercito disse loro che non potevano più indossare i pantaloni bianchi perché i guerriglieri potevano vederli e ucciderli. E' questa la tattica che usò l'esercito. Li spaventarono in modo che non indossassero più quell'abbigliamento tradizionale. Ci sono persone che ancora oggi indossano gli abiti tradizionali, ma sono così pochi che si possono contare. In qeul momento tutto è cambiato. Ora sono tutti evangelici. Il destino della popolazione è stato cambiato dalla violenza.
Testo originale (inglese): http://wiretapmag.org/race/42939
Tradotto da Chiara Rancati per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile per scopi non commerciali citando la fonte, l'autore e il traduttore.
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