Paraguay: Monsignor Fernando Lugo candidato alle presidenziali del 2008
Dopo ben 35 anni di dittatura (dal 1954 al 1989) in cui il generale Alfredo Stroessner collaborò attivamente con gli altri regimi sudamericani che avevano promosso e sostenuto il Piano Condor per eliminare una qualsiasi forma di opposizione sociale, la presenza ancora oggi nel governo di Nicanor Duarte di personalità legate allo stronismo e addirittura la candidatura alle prossime presidenziali del nipote del dittatore, anche i movimenti sociali paraguayani hanno cominciato ad organizzarsi. La maggiore novità, salvo colpi di scena o divieti provenienti dall'alto, riguarda la candidatura di Monsignor Fernando Lugo, vescovo, alla Presidenza della Repubblica come espressione dei movimenti degli indigeni e dei contadini senza terra.
Appoggiato da un'ampia coalizione unitasi sotto il nome di Tekojoja (che in lingua guaranì significa "unità"), Lugo si è da sempre schierato dalla parte degli oppressi lavorando per lungo tempo nella diocesi di San Pedro (una tra le più povere del paese) e guadagnandosi immediatamente gli attacchi del Partido Colorado e delle alte gerarchie ecclesiastiche. A questo proposito sembra fin troppo chiara la volontà della Chiesa ufficiale di screditarlo e metterlo in difficoltà, altrimenti non si spiegherebbe in altro modo la nascita del partito cattolico Cara Patria, sovvenzionato da un imprenditore e vicino alla gerarchia conservatrice. Inoltre, il suo ingresso in politica (su invito dei movimenti sociali) gli è valso una sospensione a divinis con questa motivazione: "L'eventuale accettazione dell'invito che le è stato rivolto è chiaramente in contrasto con la realtà di un vescovo della Chiesa cattolica, chiamato a difendere e promuovere l'unità della Chiesa".
Fortunatamente nella Chiesa paraguayana non è presente soltanto la corrente reazionaria vicina al Partido Colorado (il ruolo dei sacerdoti nell'opposizione alla dittatura è stato significativo), ma questa alleanza in chiave anti-Lugo potrebbe creare diversi problemi al vescovo. Gli ultimi sondaggi, secondo i quali Lugo avrebbe il 4% in più delle preferenze del candidato sfidante (il presidente in carica Nicanor Duarte), 25% contro 21%, hanno avuto l'effetto di smuovere contemporaneamente la destra al governo e le gerarchie vaticane, che appena hanno appreso la notizia hanno subito provveduto a far recare al vescovo un'ammonizione in cui si minaccia la scomunica se continuerà il suo impegno a fianco dei contadini senza terra e la diffusione dei principi della Teologia della Liberazione. La posizione intransigente assunta dalle alte gerarchie vaticane nei confronti di Lugo (che un anno fa aveva partecipato ad una manifestazione di protesta contro il presidente Duarte, oltre a provenire da una famiglia costretta all’esilio durante la dittatura di Stroessner) è comunque contraddittoria: si condanna il vescovo per il suo impegno sociale e la sua candidatura, ma si ignora o si finge di non ricordare o non essersi accorti, della compiacenza con cui la Chiesa di Roma guardava alle dittature del Cono Sur e alle forze reazionarie del Centro-America: da un lato si condannava Ernesto Cardenal e si abbandonava al suo destino Monsignor Romero, dall'altro non si muoveva un dito per denunciare lo stretto legame tra l’ammiraglio argentino Eduardo Massera e il nunzio apostolico Pio Laghi.
Non passa giorno senza che la parte conservatrice della Chiesa paraguayana e il Partido Colorado non cerchino, a turno, di screditarlo. Latifondisti e industriali lo temono per il suo appoggio ai contadini durante le occupazioni delle terre e lo definiscono come il "Chavez paraguayano", mentre autorevoli esponenti del Partido Colorado lo accusano di "populismo e ipocrisia", appellandosi inoltre all'articolo 235 della Costituzione, secondo il quale "sono inidonei ad essere candidati alla Presidenza della Repubblica o alla vicepresidenza i ministri di qualsiasi religione o culto".
Costretto a chiedere alle istituzioni ecclesiastiche di passare allo stato laicale per potersi candidare alle elezioni, adesso Lugo potrà condurre le sue battaglie politiche a fianco di indigeni e campesinos nella speranza che le elezioni presidenziali del 2008 in Paraguay rappresentino una prosecuzione di quella tendenza innovatrice che, pur con le dovute differenze e con risultati non sempre esaltanti, ha portato al governo Tabarè Vasquez, Kirchner, Morales, Correa e ha riconfermato Lula e Chavez.
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