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Ha lasciato la tonaca per la presidenza e vola nei sondaggi Parla Fernando Lugo, per i nemici «il Chavez del Paraguay»

Parla Fernando Lugo, per i nemici «il Chavez del Paraguay» Io, un vescovo rosso nel paese dei dittatori

Questo posto è un paradiso per cinquecento famiglie circondate da milioni di miserabili. Io voglio cambiare tutto questo, ma potrebbero uccidermi
3 aprile 2007
Dario Pignotti
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

I fantasmi della dittatura volano ancora sul Paraguay 18 anni dopo la caduta di Alfredo Stroessner. Come in Cile con i nostalgici di Pinochet, in questo paese conficcato nel cuore del Sudamerica continuano a vivere i figli dello stroessnerismo (1954-1989), il regime che accolse i gerarchi nazisti in fuga negli anni Cinquanta e che poi si sottomise a Washington per gestire, insieme alle altre dittature regionali, la desaparicion di migliaia di dissidenti politici. Si chiamava Operazione Condor.
Erede della teologia della liberazione, il vescovo Lugo ha scosso la scena politica locale un anno fa guidando una grande manifestazione contro il governo del Partido Colorado, ha scomodato la stampa che ha preso ad attaccarlo come «il Chavez paraguayano» e il natale scorso ha sfidato il Vaticano abbandonando la vita religiosa per poter competere alle presidenziali. Tutti i sondaggi lo danno favorito per le elezioni del prossimo anno. Giovedì scorso, altra manifestazione: almeno ventimila persone in piazza, con Lugo e contro il governo.
Il vescovo ha lasciato l'abito, ma non le abitudini. «Si è vescovi per sempre», dice quest'uomo di gesti religiosi, che in quasi due ore di intervista non abbandona la parsimonia, nemmeno quando gli si chiede sui rischi che correrebbe la sua vita. «C'è chi vuole far sparire non solo la mia figura ma la speranza del popolo, la ricerca di giustizia, di equità. Questa gente cerca di fare in modo che gli esclusi perdano anche la speranza di poter avere un posto nella società. Credo che il potere stia lavorando contro di me su quattro scenari possibili, che sono l'impugnazione della mia candidatura, lasciarmi competere e ricorrere alla frode elettorale, attivare un clima di mancanza di sicurezza e di violenza per non consegnarmi il potere e, quarto, l'eliminazione fisica».

- Lei parla di ucciderla.
- Sì

- Chi vi avrebbe interesse?
- Chi sta nel potere, chi non vuole abbandonare la gestione dei propri privilegi, la mafia legata al potere di turno. Dietro c'è il narcotraffico, il traffico di armi, che hanno una forza economica molto significativa e sono molto legati a un partito politico.
E' ovvio che il vescovo del dipartimento di San Pedro Ycumandiyù, anche se non lo nomina, allude al Partido Colorado, al potere da sessant'anni, nei quali sono compresi i 35 anni della dittatura di Alfredo Stroessner, abbattuta nel 1989 da un generale, Andres Rodriguez, che oltre ad essere suo consuocero apparteneva anche lui al Partido Colorado.
Per Lugo l'attuale presidente Nicanor Duarte Frutos, molto legato ai potenti coloni tedeschi mennoniti, sotto accusa per le arbitrarietà commesse ai danni dei campesinos, «gestisce molto bene la sua agenda mediatica. E' un giornalista, pronuncia discorsi che interessano all'estero, però noi che viviamo in Paraguay sappiamo che la sua teoria e la sua pratica vanno per linee separate. E' il personaggio politico che ha il più alto tasso di rifiuto. In alcuni aspetti come la corruzione, la mancanza di indipendenza della giustizia e il clientelismo, segue lo stesso schema dello stroessnerismo».

- I militari continuano a comandare, in Paraguay?
- Le forze armate non sono quelle dei decenni della dittatura, sono totalmente disarmate e disorganizzate. Oggi ci sono militari che si dedicano agli affari, altri alla politica e questo ha bisogno di essere depurato. La realtà è che oggi come oggi esistono istituzionalisti che vogliono ripulire le caserme. E credo che sia il momento di dare il via a un processo di depurazione.
Lambarè è un bucolico sobborgo che ha conosciuto la fama nel 1992 quando vi vennero scoperti gli archivi del terrore, quattro tonnellate di documenti sull'Operazione Condor, con cui le dittature coordinavano la repressione a livello continentale. In questo stesso paese, a circa dieci chilometri dalla capitale Asuncion, tra strade di pietra e terra battuta risiede Fernando Lugo. Era sconosciuto al grande pubblico fino a un anno fa, quando guidò una mobilitazione contro gli abusi di potere del governo. Lugo vive in una casa semplice con un ampio patio in cui si distingue un mango frondoso, sotto il quale l'impietoso calore tropicale diventa più sopportabile.

- Si dice che questa casa sia visitata in permanenza da leader di tutte le estrazioni politiche e militari.
- Siamo disposti a dialogare, ed è vero che molti militari istituzionalisti sono stati messi ingiustamente in pensione e avanzano rivendicazioni. C'è gente onesta che sa come le forze armate siano state manipolate da interessi diversi.

- Come si aprirà la strada in un ambiente politico così viziato?
- Con l'appoggio del popolo. Mi appoggiano vari movimenti, come Tekojojà (uguaglianza, in guaranì), le cinque centrali sindacali, il partito rivoluzionario febrerista, un settore del partito liberale, le basi del Partido Colorado, Paraguay posible, la Democrazia cristiana, due coordinazioni indigene, i movimenti contadini, le basi della Unace del generale Lino Oviedo.

- E' possibile competere per la presidenza senza un partito?
- Credo di sì.

- Non le sembra messianico scommettere solo sulla popolarità?
- Mi considero una persona riflessiva e le convinzioni che hanno orientato la mia decisione continuano ad essere salde. Non voglio essere messianico ma credo che il Paraguay abbia bisogno di una pratica politica differente su una serie di fattori come la crisi dei partiti e la crisi di leadership. Forse è questo a contribuire a farmi crescere nei sondaggi.

- Ha fiducia nella politica?
- Credo che la politica sia uno strumento della santità e una forma di carità, credo che ci sia bisogno di metterci mistica, contare su forza militante per realizzare il bene comune per le grandi maggioranze. Ma dobbiamo avere una proposta realizzabile, senza utopie molto lontane. Per me la politica non è niente di strano, ho avuto tre fratelli esiliati nel periodo di Stroessner, uno di loro è morto in Svezia l'anno scorso, e mio padre è stato arrestato venti volte. Anch'io sono stato arrestato. Oggi un mio fratello continua ad essere in esilio in Francia e l'altro, Pompeyo, sta lavorando con me. Vengo da una famiglia di colorados dissidenti, mia madre e i miei fratelli sono iscritti. E sono il nipote di don Epifanio Mendez Fleitas, un grande leader colorado, poeta e musicista, che morì in esilio in Argentina nel 1986. Sono nato nella culla di Epifanio, nella casa di mia nonna Catalina Fleitas, la matrona della famiglia.

- Torniamo ad oggi: accetterebbe l'appoggio del generale Oviedo (in carcere per golpismo)?
- Fernando Lugo ha l'appoggio delle basi povere dei partiti tradizionali e dell'oviedismo, e non perché lo dicano i loro leader.

- Significa che accetterebbe?
- Nel nuovo Paraguay che bisogna costruire tutti hanno qualcosa da portare, compresi gli oviedisti e persino gli stroessneristi.

- Potrebbe sintetizzare la sua proposta socio-politica?- Il Paraguay è l'isola dell'abbondanza per circa 500 famiglie circondate da un mare di miserabili, per questo parlo di crescita con equità, non parlo di socialismo egalitario. Dopo aver percorso tutto il paese, le dico che la mancanza di stato si vede, e manca anche una presenza forte degli investimenti privati. Non credo nello statalismo e nemmeno nel capitale a caccia di deregulation totale.

- La disturba essere comparato a Hugo Chavez e Evo Morales?
- C'è chi cerca di squalificare la mia figura associandola a quella di Chavez, ma credo che siamo differenti a partire dalle radici. Lui è un militare, io provengo da una formazione sociale ed ecclesiastica. Su Evo dico che può essere ottimo per la Bolivia ma lì c'è una percentuale di indigeni molto alta, non come in Paraguay. Credo che Evo rompa con il paradigma politico tradizionale ed è importante fare una lettura corretta delle implicazioni. Nello stesso tempo, non si può essere presidente soltanto degli indigeni in un paese pluriculturale e plurietnico. In ogni modo mi pare importante l'ingrediente etnico, così a lungo dimenticato. Siamo nel secolo delle grandi maggioranze dimenticate da regimi oligarchici in tutti i nostri paesi e credo che la politica sia un processo, non credo nelle stupidaggini irrazionali. Credo che la flessibilità non sia un segno di debolezza ma una ricerca della verità.

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