Messico alle crociate
L'alto clero messicano è ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Non è passato neanche un mese dall'entrata in vigore nella capitale della Ley de sociedades de convivencia - versione messicana dei Dico - che l'Assemblea del Distrito Federal, l'organo legislativo di Città del Messico, sta per votare una legge che depenalizza completamente l'aborto (nei primi tre mesi di gravidanza).
C'è di che stracciarsi le vesti e i paramenti per questo doppio «attacco alla famiglia». Ed è quello che effettivamente il clero di obbedienza vaticana, a partire dai vescovi, sta facendo. Il cardinale Norberto Rivera, primate della chiesa messicana - ex papabile battuto da Ratzinger - minaccia che «ci sarà violenza», se si approva la nuova legislazione sull'aborto. Rincara la dose il laico Jorge Serrano Limón, presidente di Pro Vida, che afferma che «scorrerà il sangue», quando entrerà in vigore la legge.
La titanica crociata, però, ha poche probabilità di successo. E poco aiuta l'appoggio del governo federale, in mano alla destra cattolica del Pan, o le dichiarazioni del presidente Felipe Calderón, che si è schierato «in difesa della vita». I numeri parlano chiaro: dei 66 deputati locali, 43 (34 del Prd, 4 del Pri e 5 di partiti minori) hanno votato nel novembre scorso a favore della Ley de convivencia e sarà difficile, a parte qualche defezione, che non ripetano l'impresa.
La prossimità di una seconda sconfitta - la votazione sull'aborto è in calendario per il 24 aprile - rende ancora più furiosa la destra clericale, che dopo aver usurpato la presidenza nelle elezioni del luglio scorso si credeva ormai onnipotente, ma deve invece fare i conti con una capitale governata dal Prd e chiaramente progressista.
Inutile spiegare all'autodenominato «partito della vita» che la nuova Ley de convivencia non legalizza solo le unioni omosessuali ma qualunque tipo di unione ed è quindi un civilissimo antidoto «all'indifferenza sociale verso la vecchiaia, la solitudine e l'abbandono», come l'ha definita Emilio Alvarez Icaza, il presidente della Commissione per i diritti umani della capitale. Inutile spiegare che la depenalizzazione dell'aborto - e il suo affidamento al sistema sanitario pubblico - salverà la vita di migliaia di donne, restituendo loro sovranità sul proprio corpo. I vescovi stanno già minacciando di scomunica «le donne che commetteranno questo orrendo crimine e i medici che le assisteranno».
Nella foga della nuova crociata, sferrata dal Vaticano sulle due sponde dell'Atlantico, i prelati messicani hanno addirittura denunciato il Prd di «volersi vendicare del presunto appoggio che la chiesa cattolica avrebbe dato alla vittoria del presidente Calderón» e si sono dimenticati che l'iniziativa di legge sull'aborto è stata presentata all'Assemblea di Città del Messico, alla fine dell'anno scorso, dal Pri e dal partito Alternativa Socialdemócrata y Campesina.
Ironicamente, un'altra debolezza del fronte clericale è proprio il pulpito da cui viene la predica. Jorge Serrano Limón, il presidente di Pro Vida, è stato al centro di uno scandalo nell'ultimo periodo della presidenza Fox per aver ricevuto indebitamente dal governo una sovvenzione di quasi tre milioni di dollari destinati alla lotta all'Aids, spesi invece in regali lussuosissimi ai suoi impiegati: la cosa che più fece scalpore furono i tanga nei pacchi-dono delle segretarie. Serrano Limón fu condannato a rimborsare una parte della somma all'erario ma il suo prestigio come «difensore della vita» era ormai irrimediabilmente sgonfiato.
Quanto al cardinale Norberto Rivera - ribattezzato da Julio Hernandez del quotidiano La Jornada "Noaborto Rivera" - è stato denunciato negli Stati uniti per la protezione accordata a un prete pederasta attualmente latitante, Nicolás Aguilar, accusato di aver violentato 86 bambini fra Messico e Stati uniti. Fra le denunce presentate contro il cardinale da un giovane messicano, tredicenne all'epoca dei fatti, e da una associazione di vittime di abusi sessuali (Snap, nella sigla inglese) spiccano le accuse di «occultamento di prove, favoreggiamento, ostruzione alla giustizia e cospirazione internazionale».
La storia degli «atti impuri» di padre Aguilar è cominciata nel 1987 quando, dopo le prime denunce, fu mandato a Los Angeles dall'allora vescovo Rivera che lo raccomandó al cardinale Roger Mahony. In nove mesi in California, padre Aguilar accumulò ben 26 denunce di bambini che lo accusavano di violenze o abusi sessuali. Fuggì allora in Messico - con la protezione del cardinal Rivera, secondo i querelanti - dove ha continuato la sua attività pedofila. Nel prossimo luglio la corte suprema di California dovrà decidere se il cardinale abbia effettivamente protetto il sacerdote. Così, quando nell'omelia del giovedì santo Norberto Rivera Carrera ha chiesto con veemenza «tolleranza zero per aborto e omosessualità» - come non ricordare il profetico slogan del movimento del '77, «basta, basta, col clero pederasta»? - la frase è suonata come corda in casa dell'impiccato. E i fulmini contro l'aborto, in una metropoli in cui ogni anno quasi 30mila donne sono costrette a ricorrervi, hanno fatto poche scintille.
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