Honduras: il presidente Zelaya imbavaglia l'informazione
Violazioni e abusi contro la libertà d'espressione sembrano essere all'ordine del giorno in Honduras: questo è quanto segnalano con preoccupazione Cofadeh (Comité de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras), Alianza 72 (un coordinamento di associazioni che prende il nome dall'articolo costituzionale 72, in cui teoricamente è garantita la libertà di stampa e di espressione) e C-Libre (Comité por la Libre Expresión) a proposito della Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública recentemente approvata dal presidente hondureño Manuel Zelaya.
A finire nel mirino delle associazioni sono stati principalmente i rapporti che il presidente intrattiene con la stampa, le ripetute violazioni dei diritti dei cronisti non allineati e l'assassinio, avvenuto lo scorso dicembre, di Dionio Dìaz Garcìa, rappresentante della Asociación para una Sociedad mas Justa (Asj).
Tutto ruota intorno alla Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública, entrata parzialmente in vigore lo scorso gennaio ma di fatto stravolta nel corso del suo iter legislativo tanto da spingere giuristi, giornalisti e associazioni per i diritti umani a definirla come "una legge che viola i trattati internazionali sulla libertà di espressione". Jaime Lopez è direttore salvadoreño della rete regionale non governativa Probidad ed ha seguito da vicino l'impegno della cittadinanza hondureña per avere una legislazione all'avanguardia contro la corruzione e per la libertà e accesso all'informazione, tanto da spingersi a commentare: "è incredibile che una legge che aveva degli scopi positivi sia stata talmente snaturata fino al punto da cambiarne completamente il suo significato".
La legge ha il potere di definire ciascun documento come "riservato" nel campo della sicurezza nazionale, gli aiuti umanitari, la stabilità economica e la governabilità del paese, ma questo non è l'unico punto discutibile della Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública, bensì il cavallo di Troia da cui derivano altre norme definite da Alianza 72 e C-Libre apertamente anticostituzionali. Un esempio, spiega ancora Lopez, riguarda la decisione di fissare in dieci anni il periodo di tempo necessario affinché un documentato venga resa pubblico e la contemporanea creazione della cosiddetta "depuración de archivos", in base alla quale ogni cinque anni potranno essere distrutti, cancellati e fatti sparire una serie di atti sui quali l'opinione pubblica non potrà così mai venire a conoscenza.
Un'altra beffa alla libertà di espressione viene dalla decisione del governo hondureño di applicare la Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública soltanto a partire dalla piena vigenza della legge stessa, che si avrà non prima del 2008: "questo significa, spiega il giurista Leo Valladares, che non si potrà investigare su quanto successo non solo negli anni scorsi, ma nemmeno su quanto accaduto nel 2006". Oltre a violare la Convención Interamericana contra la Corrupción, è bene ricordare che la Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública era stata uno dei cavalli di battaglia del Presidente Zelaya durante la sua campagna elettorale dopo che il Congresso aveva bloccato un progetto di legge relativo alla libertà di espressione presentato nel 2004 da Alianza 72. Che questa legge sulla trasparenza sia una burla lo sostiene anche Ramón Romero, docente presso la Universidad Nacional Autónoma de Honduras, secondo il quale la Ley de Transparencia y Acceso a la Información Pública è stata abilmente manipolata dal Congresso dopo che lo stesso Presidente Zelaya aveva garantito l'immediata applicazione della legge definendola la migliore dell'America Latina e la prima così all'avanguardia in CentroAmerica, oltre a garantire che l'Honduras sarebbe passato alla storia come un paese trasparente.
In realtà C-Libre ha già registrato circa quaranta casi di violazione della libertà di espressione e diritto all'informazione, mentre resta ancora insoluto il caso dell'avvocato Dionio Dìaz Garcìa ucciso il 4 Dicembre 2006 quando si stava recando presso la Corte Suprema di Giustizia per istruire il processo contro le compagnie Delta Segurity Service e Setech (Seguridad Tecnica de Honduras), conosciute nel paese per gestire la sicurezza delle istituzioni più rilevanti del paese. Già in passato Garcìa aveva difeso militanti dei diritti umani, giornalisti e soprattutto guardie del corpo vittime di numerose violazioni sindacali sempre tollerate da parte dello Stato, che aveva sistematicamente ignorato le minacce contro Garcìa stesso e altri membri Asociación para una Sociedad mas Justa.
Il recente comunicato di Cofadeh, riportato qui sotto, non fa altro che sottolineare la grave situazione in cui si trova l'Honduras:
“El COFADEH condena el asesinato del abogado Díaz García y exige al gobierno adopte medidas especiales de protección a favor de todos los miembros de ASJ, en respuesta a los constantes atentados fatales, amenazas, actos de hostigamiento y estigmatización en contra de la institución y sus miembros. EL COFADEH urge al Estado de Honduras a investigar este crimen en forma exhaustiva, juzgar y sancionar a los responsables, así como adoptar las medidas necesarias para asegurar que los miembros de la ASJ reciban la debida protección a su vida e integridad personal. EL COFADEH solicita al Gobierno de la República que revoque la medida discrecional adoptada el 29 de agosto de 2006, en la que autorizó a las empresas de seguridad realizar labores de seguridad pública, delegando de esta forma la responsabilidad del Estado en personas particulares, con historial de violaciones a los derechos humanos. Los propietarios de muchas agencias de seguridad privada pertenecieron a los escuadrones de la muerte que se organizaron en los años ochenta para reprimir disidentes políticos. El modus operandi empleado en el asesinato del abogado Dionisio Díaz García, recuerda el implementado en el asesinato del defensor de derechos humanos Miguel Angel Pavón, Presidente Regional del CODEH en San Pedro Sula ocurrido el 14 de enero de 1988, ejecutado por miembros del Batallón de Inteligencia 3-16, responsables de cientos de asesinatos y desapariciones forzadas durante los años ochenta. De igual forma, Cofadeh solicita una auditoria a todas las empresas de seguridad que operan en el país a fin de que estas cumplan con las leyes y respeto a los derechos humanos y garantías constitucionales, y de comprobarse irregularidades suspender y cancelarles las licencias de operación. El Cofadeh solicita a la comunidad internacional y nacional exigir al Estado de Honduras tome las medidas necesarias para garantizar la vida e integridad de la periodista Dina Meza y su familia, la periodista Rosa Morazán, la Periodista Claudia Mendoza, y el Periodista Robert Marín, y del abogado Mauricio Aguilar, a fin de que los hechos de que han sido objetos no queden impune y se disponga de mecanismos efectivos para proteger la vida y la integridad tanto de ellos como de su familia. De igual forma, garantice la protección efectiva a todos los miembros de la organización y garantice el derecho a defender los derechos humanos universalmente reconocidos, como lo establece la Declaración Universal de los Defensores de las Naciones Unidas, aprobada en 1998 y las Resoluciones de la OEA de 1999 y 2000”.
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