12.000 persone sopra a un ricco campo da golf
Molti conoscono il movimento dei Sem Terra in Brasile, pochi invece il Movimento dos Trabalhadores Sem Teto, movimento dei lavoratori senza tetto (Mtst), nato dieci anni fa come emanazione dei Sem Terra. E ce n'era bisogno perché in Brasile, per quanto l'estensione sia immensa (28 volte l'Italia), solo il 12% circa della popolazione vive in zone rurali. La riforma agraria continua ad essere rimandata e la grandissima maggioranza vive nelle città. E che città! San Paolo, 20 milioni di abitanti, sembra non finire mai. Le visioni aeree di questa metropoli lasciano senza fiato, distese di grattacieli alternati a favelas che si ripetono dietro ogni collina, poche zone verdi accerchiate da un formicolìo costante. Nella grande San Paolo si contano 2779 favelas, alcune grandi come città: una su tutte, Heliopolis, 125mila abitanti.
ParaisopolisFavelas oramai spesso «urbanizzate» ovvero con costruzioni in muratura, con nomi curiosi come «Paraisopolis», altra immensa favela che confina con ville sontuose con alti muri di cinta, dove possono atterrare elicotteri e dalle quali capita di vedere le luci degli show che si tengono nei loro parchi nel fine settimana... Favelas dove oramai «gli affitti sono alti», favelas che spesso sono preferibili a quartieri popolari in periferie lontane due-tre ore dal centro con i mezzi pubblici.
In questo quadro che sembra senza uscita, in questa situazione che sembra paralizzare ogni sogno, dove tv e sette religiose sembrano rintronare ogni testa, un movimento come il Mtst, riesce ad organizzare un'occupazione di un terreno di più di più di cento ettari unendo inizialmente 2-300 famiglie che in una notte, arrivando con pullman e camion, piantano velocemente le loro tende con semplici pali di legno e cellophan nero, quello dei sacchi della spazzatura.
E' così che, dalla notte del 16 marzo scorso, il Mtst con una cinquantina di giovanissimi militanti e molte famiglie di senza tetto sta occupando il terreno di un ricco proprietario che ha già messo in moto tutti i suoi poteri. E se il «peso» di questo proprietario si sta rivelando maggiore del previsto, anche il numero di coloro che si stanno unendo all'occupazione sta crescendo: oramai sono più di 12.000 persone. Difficile sgomberarle.
Quando arrivo l'impressione è di arrivare al Circo Massimo: il colpo d'occhio è lo stesso della fine delle grandi manifestazioni di Roma. Ma può sembrare anche un campo profughi, una zona del Kosovo o di qualsiasi altra zona in guerra. Una guerra differente. Una vallata coperta di tende nere e baracche, un accampamento dove centinaia di uomini, ma soprattutto donne e bambini, si aggirano trasportando pali, taniche d'acqua, un piatto di riso e fagioli. C'è fermento, entusiasmo.
A San Paolo in primavera piove molto e certi giorni e certe notti devono esser state durissime. Fernando, poi Andrea, poi Silverio, mi accompagnano e raccontano; mentre camminiamo nel campo vengono più volte fermati: «Ehi, scusa, sei dell'organizzazione? Ma è vero che ci danno la casa? Ma dicono che sarà 5 metri per 15... Posso montare qui la baracca? Ma ci sarà casa per tutti? Non siamo in troppi?». «Calma, calma, ora siamo all'inizio, la lotta sarà dura, ma andiamo avanti... No, guarda che se ti hanno detto così non era qualcuno dell'organizzazione... E' importante essere tutti registrati, restare uniti, più siamo e meglio è, qui non è come fuori...».
Far legna col macheteUn brulicare di uomini e donne di tutte le età che si aggirano con lunghi machete per andare a tagliare rami e tronchi dei dintorni per avere del legno che piantano come possono in questo prato verde rubato forse a un possibile campo da golf. Gente provata dalle fatiche della vita, segnata dagli anni, dal lavoro, dalle privazioni: lo dicono la loro pelle, le mani, i denti. Ma il loro sguardo oggi è vivo, non è quello rassegnato di chi incontri in autobus e che si addormenta il più delle volte per la stanchezza.
Bambini che corrono nel campetto che è stato difeso dal Movimento, perché lì nessuno vi mettesse le tende. Una donna anziana (o così appare) che con una pietra cerca di piantare un paletto. In alto una tenda più grande, quattro metri per otto, dove si fanno brevi riunioni o dove si tengono delle semplici attività coi tantissimi bimbi, a fianco una cucina commovente, dove Maria e altre donne cucinano riso e fagioli e lavano l'insalata. I servizi igienici sono ancora pochi, devono crescere. Non c'è luce, ma per i momenti di assemblea è arrivato il sostegno del sindacato chimici con un camion e l'impianto voce - ieri c'erano duemila persone nello spiazzo.
L'accampamento ha un nome, che campeggia con una grande scritta fatta con la vernice bianca sul cellophan nero: Joao Candido, uno dei leader neri che lottarono nel 1910 contro i maltrattamenti dei marinai in Brasile. Con la vernice bianca sono numerate anche tutte le tende, divise in settori.
La polizia alterna: un giorno si era messa «di traverso» e non lasciava passare chi doveva arrivare con l'acqua; ora è più discreta, solo una macchina presidia l'ingresso dello sterrato. La corrente non c'è ancora, ma ieri sera con mezzi di fortuna c'era la proiezione di un film: «Il monello». E stasera ci sarà un'animazione coi bimbi e poi un altro film. Domani un rapper, dopodomani un sarau. Un sarau è quello che chiamano qui in Brasile un momento culturale di poesia, teatro, musica, improvvisazioni. La «Brigada de Guerrilha cultural do Mtst» mescolata alle famiglie che occupano...
E' venuto il sindaco di Itapecerica, il comune limitrofo a San Paolo, dove si trova il terreno. Cercava di mediare, sta mandando ogni giorno dell'acqua potabile con un camion davanti al quale si forma rapidamente una fila di persone grandi e piccole con contenitori di vario tipo. Poi c'è stata una marcia fino al municipio: un'ora e mezza sotto il sole per arrivare lì, ma con un buon appoggio e solidarietà della popolazione residente nei dintorni, lungo il percorso. Ogni giorno succede qualcosa, come nelle fasi nascenti di qualsiasi occupazione, un'assemblea volante, un passaggio di mucche, una televisione che arriva, un'animazione coi bimbi, un temporale.
Ma cosa significa Sem Teto: senza tetto non significa affatto «moradores da rua», persone che vivono per strada, anzi, quasi tutti un tetto ce l'hanno. Come? Un affitto che li strangola, uno sfratto o uno sgombero in arrivo, ospiti da parenti, o famiglie che si formano e non escono dalla case dei genitori.
Speculazione feroce
Il mercato immobiliare a San Paolo è feroce. La speculazione è a tutti i livelli, ma su tutti dominano grandi impresari che rilevano territori estesi come questi e avviano operazioni miliardarie. Nei primi giorni si temeva la possibilità che arrivassero uomini assoldati dal potente avvocato che in questo caso è il proprietario. Così non è stato, ma la vigilanza del movimento è discreta, continua, giorno e notte.
Le famiglie arrivano dalle zone limitrofe, ma non solo. In passato diverse occupazioni del Mtst sono finite bene: sono nate o stanno nascendo zone abitative da ex occupazioni. La prima, ricordano, fu a Campinas 10 anni fa, quando nacque questo movimento, 5000 persone, fu enorme. Da allora il Movimento che non ha finanziamenti nè appoggi di partiti, sostiene le lotte di favelas che rischiano lo sgombero, organizza famiglie per occupare terreni, accompagna le occupazioni - cosa non facile, quando poi si tratta di costruire con criteri di equità, partecipazione, dignità, condivisione. Sono processi lenti, che richiedono una formazione sul campo. Perché anche quando alla fine c'è la casa bisogna continuare le lotte: per il lavoro, per la salute, per l'educazione. Internet è una risorsa formidabile: potete seguire e appoggiare questa straordinaria lotta sul sito www.mtst.info
Torno dopo qualche settimana: la situazione è molto cambiata. Già arrivando prima del «cancello» d'ingresso ci sono baracchini di venditori. E' così in Brasile, appena si forma un assembramento di gente, qualcuno comincia a vendere di tutto: dai gelati a piatti di riso e fagioli, succhi di frutta, birre.
Lo sguardo sul campo è impressionante: le baracche si sono moltiplicate, ora si parla di almeno 12.000 persone. Ci sono anche molte automobili che vanno e vengono, più o meno scassate, un via vai enorme. Mi chiedo come faccia il movimento organizzatore a gestire questa situazione, dà l'impressione che possa scappare di mano. Riesco a parlare con Fernao, un laureato in geografia urbana, faccio un lungo giro con lui. Mi spiega: hanno formato già 40 gruppi, ognuno composto da più di 50 baracche, la registrazione procede lentamente. Ogni gruppo ha un coordinatore scelto tra le famiglie del gruppo stesso, un responsabile per le infrastrutture (stanno cercando di montare una cucina da campo in ogni gruppo, per ora sono a 15), uno per l'igiene (la spazzatura aumenta e bisogna costruire latrine con fosse scavate in terra), uno per la disciplina (riuscire a risolvere le ovvie difficoltà di nuovo vicinato)... La certezza di non essere sgomberati non c'è, ma certo il numero dà forza. Ogni giorno si susseguono riunioni piccole e grandi per creare una cultura di partecipazione e condivisione che, mi spiega, manca totalmente in Brasile, governato da sempre con paternalismo o con dittature.
Ci vorrà pazienza, ma stavolta i tempi sembrano più rapidi, i militanti del Mtst sono cresciuti in numero ed esperienza - nei primi anni l'inesperienza li aveva portati a subire molti sgomberi. Nel frattempo un altro palazzo in centro è stato occupato: 450 famiglie. Le lotte avanzano parallelamente, ma i problemi sono gli stessi: «La casa è un diritto, come si fa a vivere con due salari minimi (700 reais, 255 euro) in questa città? Le liste delle case popolari non ci hanno mai fatto arrivare da nessuna parte, questa è l'unica via che ci rimane...».
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