Nicaragua - Dopo gli abusi sessuali del Padre Dessi parlano i giovani di Chinandega
Mai più silenzio!
Le reazioni violente della società chinandegana contro i ragazzi
Le reazioni violente della società chinandegana contro i ragazzi
5 giugno 2007
Giorgio Trucchi
Il 23 maggio scorso, il sacerdote Marco Dessi, da più di trent'anni promotore di progetti umanitari nella città di Chinandega nell'occidente del Nicaragua, è stato condannato dal tribunale di Parma a 12 anni di carcere per abusi sessuali sui bambini che facevano parte della comunità di Betania e per detenzione di materiale pedopornografico (più di 1.400 le foto ritrovate nel suo computer).
La richiesta formulata dall'accusa di 16 anni è stata ridotta a 12, tenendo conto dello sconto di pena previsto dal rito abbreviato.
Dessi è anche stato condannato a pagare 100 mila euro di danni a tre dei sei ragazzi che si sono costituiti parte civile, mentre per gli altri tre, il Pm Lucia Russo aveva chiesto l'archiviazione in quanto i reati risalivano agli inizi degli anni 90 ed erano caduti in prescrizione.
Il ritorno in Nicaragua per Oscar Santos e Luis López non è stato facile. Quando in dicembre è esplosa la notizia dell'arresto di Dessi, molte delle persone legate al progetto di Betania ed al Coro Getsemani sono insorte in difesa del sacerdote, arrivando anche a minacciare i sei ragazzi che, dopo tante violenze, avevano trovato il coraggio di denunciare ciò che avevano subito. Attualmente, gli altri ragazzi continuano a permanere in Italia.
Vilipesi e additati da parte della popolazione, minimizzati i reati commessi da Dessi da parte di alcuni sacerdorti della diocesi di cui il sacerdote italiano faceva parte, un gruppo di ragazzi che fanno parte del "Gruppo di Giovani vittime degli abusi sessuali del Padre Marco Dessi" e del "Gruppo di giovani che credono in altri giovani", hanno deciso di far sentire la propria voce ed hanno indetto una conferenza stampa, per ribadire l'importanza di non rimanere in silenzio e per invitare gli altri ragazzi vittime degli abusi a trovare il coraggio di denunciare ciò che hanno subito.
Nel comunicato diffuso durante l'iniziativa e letto da uno delle vittime del padre Dessi, Salomón López, si ricorda come "non importa se sono sei, dodici o ventiquattro gli anni di carcere inflitti. Se sono cinquanta, cento o duecentomila gli euro che dovrà pagare ai giovani abusati, perché il danno fisico, emozionale e psicologico durerà per tutta la vita e non ha prezzo. Per questo motivo, il gruppo dei giovani sopravvissuti agli abusi sessuali del Padre Marco Dessi si dichiara soddisfatto del risultato ottenuto nel processo, in quanto crea un precedente nella nostra società, che è quello di non essere rimasti in silenzio davanti agli abusi sessuali e di aver permesso che prevalesse l'impunità.
Sappiamo -continua il comunicato- che questo è solo l'inizio della nostra battaglia per recuperare la nostra stabilità spirituale e psicologica, ma abbiamo iniziato nel modo giusto, decidendo di parlare e di non continuare ad essere vittime, per evitare che altri bambini, bambine, adolescenti e giovani vengano colpiti dall'abuso sessuale".
Salomón López ha anche ricordato come, oltre alle difficoltà vissute durante il processo, si aggiunge ora "una realtà ancora più violenta dell'abuso sessuale e cioè la reazione della nostra società, la quale ci ha convertiti nei carnefici del Padre Dessi, afferrandosi alla sua innocenza per vincoli religiosi o favori ricevuti nel passato.
Stiamo soffrendo un nuovo abuso -ha denunciato con veemenza López-, il rifiuto, la condanna sociale e viviamo una nuova condizione di vittime, in cui ci viene negato il diritto alla libertà di espressione. Amici, vicini, compagni di lavoro, religiosi, il nostro governo e i mezzi di comunicazione locali, organizzazioni che lavorano sul tema dell'infanzia e in alcuni casi, anche le nostre famiglie, ci hanno voltato le spalle e ci hanno accusati di essere dei vandali, opportunisti, bugiardi ed ingrati. Ci hanno mostrato il loro odio per aver difeso una causa giusta ed a favore di tutta la società. Vogliamo che sappiate che non abbiamo creato un problema, ma abbiamo contribuito alla sua soluzione. Un problema che si nasconde dietro le apparenze, le credenze, la doppia morale ed il potere".
I giovani hanno poi espresso il loro rifiuto nei confronti del comportamento della gente e di alcuni mezzi di comunicazione, ricordando anche come alcuni sacerdoti di Chinandega abbiano cercato di minimizzare i danni che hanno subito, mettendoli in confronto con le grandi opere realizzate dal Padre Dessi a Chinandega.
"In pratica la chiesa sta dicendo che il volersi togliere la vita per il fatto di sentirsi come spazzatura, usati, dominati, non è nulla in confronto alle opere materiali. Per la chiesa, la nostra società ed i mezzi di comunicazione locali sembra che la nostra vita non valga nulla", ha concluso Salomón López.
Ancora più duro ed emotivo l'intervento di Oscar Santos, uno dei ragazzi che ha denunciato Dessi in Italia.
"Quello che abbiamo dovuto vivere è stato duro, molto duro e non è facile parlarne. Inviatiamo tutti ad avere rispetto, che include la comprensione e la tolleranza. Noi, giovani sopravvissuti all'abuso sessuale, abbiamo il diritto di poter vivere tranquillamente. Alla chiesa cattolica -ha continuato Santos- voglio ricordare che nei mesi scorsi sono state fatte celebrazioni religiose per pregare a favore di Marco Dessi, ma nessuno ha pensato di fare altrettanto per noi.
Una volta una signora mi si è avvicinata e mi ha detto: "Poveretto il Padre Dessi" e io cosa sono? Non è forse stato tremendo subire gli abusi di questa persona? Non è forse stato orribile dover andare in Italia e raccontare tutti i particolari a un giudice o doversi rendere conto che ci stavano minacciando di morte dal Nicaragua?
Non c'è stata nemmeno una preghiera da parte della chiesa per noi! Non siamo né eroi, né martiri e nemmeno vittime, non più e possiamo camminare con la fronte in alto ed invito la società alla tolleranza e alla comprensione, perché la sofferenza che proviamo la può capire solo chi ha subito un abuso", ha concluso il giovane nicaraguense.
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