Usa, dopo il Plan Colombia è in arrivo il Plan Mexico
Dean ha costretto il presidente messicano Calderon ad anticipare la partenza da Quebec per ritornare nello Yucatan investito dalla furia dell'uragano. Ma la sostanza non cambia. L'occasione è solo rimandata.
Lunedì e ieri i tre soci del Nafta, l'Accordo di libero scambio dell'America del nord in vigore dal '94 fra Usa, Canada e Messico, si sono incontrati in un vertice a Montebello, località di villeggiatura non lontana da Ottawa, blindatissima per tenere lontane le migliaia di manifestanti che si erano dati appuntamento per protestare contro le stesse «voci» che i tre leader si proponevano di rilanciare: Nafta, globalizzazione, ambiente, immigrazione, guerre d'Iraq e d'Afghanistan.
George Bush, Felipe Calderon e il premier canadese Stehphen Harper - che per l'occasione, affinché fosse chiaro il messaggio, avevano anche invitato i rappresentanti di 30 grandi imprese, fra cui WalMart, General Electric e la fabbrica d'armi Lockheed Martin - vogliono «modernizzare» il Nafta, entrato in vigore il primo gennaio del '94 (lo stesso giorno, casualmente, in cui gli indios zapatisti dell'Ezln apparvero sulla scena politica del Chiapas e del mondo). Non è più tempo di Alca, che proprio a Quebec vide arrivare un baldanzoso Bush appena eletto per perorare la buona causa dell'Accordo di libero scambio delle Americhe «dall'Alaska alla Terra del Fuoco». E anche il Nafta, nonostante la crescita degli interscambi fra i tre partner del 10% l'anno e un volume di commercio e investimenti di 700 miliardi di dollari in 14 anni, comincia a essere messo in discussione per i suoi «effetti collaterali». Non solo dai farmers messicani che temono l'imminente liberalizzazione alle importazioni del (sovvenzionatissimo) grano made in Usa - la tortilla intanto è già aumentata del 150% -, ma anche dai candidati democratici e dai sindacati statunitensi che, chi per opportunismo pre-elettorale chi per convinzione, lamentano la perdita di un milione di posti di lavoro negli Stati uniti favorita da leggi sindacali e codici del lavoro molto flebili (o semi-schiavisti) in Messico - esempio tipico le maquiladoras. Barack Obama e perfino Hillary Clinton - il cui marito Bill da presidente ebbe un ruolo pesante nell'approvazione dell'Accordo da parte del Congresso - adesso sono «scettici» e critici.
Ma il vertice del Quebec era atteso soprattutto perché sembrava l'occasione per annunciare urbi et orbi la nascita del Plan Mexico. Ossia un Plan Colombia destinato al Messico, con tutti gli effetti (e i disastri) dell'intervento «anti-narcos» Usa nel paese del presidente Uribe moltiplicati dalla contiguità fra Messico e Usa. Dan Fisk, direttore per l'emisfero occidentale del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, e Patricia Espinoza, ministro degli esteri messicano, avevano anticipato che l'annuncio del Plan Mexico non sarebbe venuto dal vertice del Quebec. I messicani non vogliono (ancora) sentire parlare di Plan Mexico perché ricorda troppo da vicini il Plan Colombia, entrambi assicurano che esso non prevederà «una componente militare» al contrario di quello colombiano. Ma se non è zuppa è pan bagnato: si tratterà di un «pacchetto di assistenza militare e di sicurezza da 800-1000 milioni di dollari» per lottare contro il narco-traffico messicano (2000 morti nel 2006, già 1000 nei primi sei mesi del 2007) e garantire la sicurezza nei 3000 km di frontiera comune, spionaggio telefomnico, radar, aerei e addestramento militare. Ci sarà presto un'altra occasione per annunciarlo.
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