Latina

La legge approvata ad ampia maggioranza dal Congresso

Guatemala: misure repressive del governo per combattere l'insicurezza sociale

Approvata la Ley de Indulto, che concede al capo di stato il potere di concedere o meno la grazia ai condannati a morte.
18 febbraio 2008
David Lifodi

Sono trascorsi quasi due mesi dall'insediamento di Alvaro Colom come presidente del Guatemala, e finora il cammino del nuovo "mandatario" è stato caratterizzato più da ombre che luci, non sempre per cause dipendenti dalla sua volontà.
La discussione politica degli ultimi giorni però è ruotata principalmente intorno alla Ley de Indulto (decreto 6-2008), che assegna al capo di stato in persona il potere di concedere o meno la grazia ai condannati a morte.
Va precisato che dal 2000 questo potere nelle mani del presidente della Repubblica era stato sospeso, addirittura ad opera dell'impresentabile capo di stato Alfonso Portillo, il quale aveva deciso di non applicare più la pena di morte ritenendo tale legge incostituzionale. E' altrettanto innegabile che da tempo Alvaro Colom ha espresso un chiaro rifiuto della pena capitale, per cui i 34 dead walking men tuttora presenti nelle carceri guatemalteche non dovrebbero rischiare la condanna a morte. Tuttavia, l'approvazione della Ley de Indulto dalla maggioranza del Congresso non può non destare preoccupazioni, visto che ben 131 deputati su 158 hanno espresso il loro si alla legge. Presentato dal Partido Patriota (di estrema destra, il cui leader è il generale Molina sconfitto da Colom alle ultime presidenziali), il progetto di legge ha rivelato l'ossessione per la sicurezza e un' inquietante volontà di pulizia sociale, che spesso trova sfogo nelle retate organizzate dalla polizia per le strade di Città del Guatemala contro i ragazzi di strada, le maras e tutti gli altri settori emarginati della società. Non è un caso che recentemente alcuni ministri dell'esecutivo Colom, tra cui Vinicio Gomez (Ministro de Gobernación) abbiano richiesto un maggiore stanziamento di fondi per combattere "l'insicurezza sociale", mentre già si parla di rafforzare la polizia, soprattutto nelle zone dove effettivamente si registrano i maggiori episodi di violenza.
Resta però il fatto che si tratta di misure preoccupanti in quanto solo ed esclusivamente repressive: ad esempio si perseguono i ragazzi delle maras, ma raramente si cerca di indagare su chi li spinge a compiere determinate attività illegali.
"Per adesso non si vedono cambiamenti significativi rispetto alla presidenza Berger", spiegano i rappresentanti del Centro de Investigaciones Económicas Nacionales (Cien), mentre i movimenti indigeni e contadini già cominciano a dare segni di insofferenza e disaccordo nei confronti dell'esecutivo. Fortemente critica verso Colom è la posizione della Conic (Coordinadora Nacional Indígena y Campesina), uno dei movimenti sociali più attivi nel paese, in particolare in relazione alla Ley de Indulto. "Il voto dei deputati al Congresso si spiega con la speranza di diminuire così la violenza in Guatemala, ma questa stessa violenza è stata seminata dallo Stato e dalle sue istituzioni fin dalla loro creazione", attacca la Conic. Inoltre, il paradosso riguarda l'ambiguo comportamento tenuto dallo stato guatemalteco, che si è ben guardato dal chiedere la condanna a morte per i responsabili del genocidio maya degli anni '80. Questo, argomenta la Conic, non per invocare la pena di morte verso i responsabili delle torture e dei massacri avvenuti durante l'operazione "terra bruciata", ma per chiedere nei loro confronti un processo giusto in cui siano condannati al carcere. Al contrario queste persone sono tutte libere e impunite, mentre affollano le carceri del paese poveri che non sono in grado di corrompere funzionari delle istituzioni in quanto non dispongono del denaro sufficiente o comunque non possono vantare conoscenza utili a farli uscire di prigione negli apparati dello stato. Gli stessi concetti sono stati espressi anche da Amnesty International (che in una lettera aperta rivolta al Presidente Colom ha chiesto di varare misure concrete contro la violazione dei diritti umani nel paese) e dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, secondo la quale la pena di morte "non è lo strumento adeguato per abbassare l'alto tasso di violenza di cui è preda il Guatemala".

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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