La morte non assolve
Ancora una volta abbiamo dovuto attendere che la morte arrivasse prima della giustizia. È morto ieri il Generale Germán Chupina Barahona. Ex comandante della Polizia Nazionale responsabile del Genocidio in Guatemala.
È morto comodamente nella sua casa in una zona residenziale per ricchi della Capitale. Su di lui pesava un ordine di cattura internazionale per genocidio, tortura, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
È il secondo morto degli otto imputati per cui la Corte spagnola chiede l’estradizione ormai da nove anni. Il primo fu Romeo Lucas García, l’anno scorso. Ricordo come se fosse ora il mio amico Filo stappare la sua birra alla salute di un mondo più pulito il giorno che il genocida morì. E me lo vedo ora lì a stapparsene un’altra alla “salute” del Generale Chupina. Filo conosce bene, in prima persona, i delitti commessi da questi mostri. E la sua birra non glie la toglie nessuno. Anzi. Non ce la toglie nessuno, perché ormai questa abitudine l’ho presa anche io. Lo devo a lui e ai 300.000 morti dimenticati del Guatemala, i 110.000 de El Salvador, i 100.000 del Nicaragua e quelli dell’Argentina e di tutto quel continente meraviglioso che troppo spesso dimentichiamo.
Perché dimenticarsi del delitto di Cogne è grave. Dimenticarsi dei desaparecidos è normale…
Ma c’è chi non dimentica e non perdona. Perché si può perdonare chi commette un omicidio o un furto in un attimo di debolezza ma non si può perdonare chi per anni semina sistematicamente il terrore e si macchia le mani di migliaia di morti innocenti.
Ma il Generale Chupina non era da solo. Era in nutrita compagnia. La Spagna ha chiesto l’estradizione per otto imputati. Tra questi il Generale José Efraín Ríos Montt responsabile di oltre 50.000 morti in un solo anno di governo e che ora è presidente del Congresso del Guatemala.
Ma la Corte di Costituzionalità del Guatemala ha dichiarato che la Spagna non ha il potere di giudicare dei cittadini guatemaltechi, dimenticando che una risoluzione dell’ONU sancisce l’universalità dei delitti contro l’umanità e dimenticando che tra i reati commessi dagli otto c’è anche quello di aver dato fuoco all’Ambasciata spagnola che era stata occupata da dei contadini Quik’che.
Ma poi in fondo la Corte di Costituzionalità guatemalteca è la stessa che da anni legittima il “genocidio chimico” delle miniere e che due giorni fa ha ripristinato la pena di morte in barba alla moratoria sancita dall’ONU.
Ma oggi forse è meglio stapparci una birra e brindare a un mondo più pulito.
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